In un panorama di estrema ed accesa propaganda politica e mediatica, risulta difficile delineare con esattezza e correttezza lo sviluppo degli eventi, perchè gli organi preposti ad informare i comuni mortali prospettano i fatti in maniera distorta e, talvolta, artefatta.
Non fa eccezione a questo teorema, che ha caratterizzato tutto il conflitto russo-ucraino, anche l'ennesima controffensiva che Kiev, da un paio di giorni, sta conducendo ancora nella Regione russa di Kursk.
Infatti, l'unica cosa certa è che, dopo mesi di operazioni difensive per la reazione di Mosca all'attacco del proprio territorio, che ha portato alla riconquista di più di metà delle aree occupate da Kiev, gli Ucraini hanno organizzato un'azione offensiva contro le posizioni russe. Su questa certezza si è avviata la rumba della propaganda.
Da una parte quella ucraina che, ad esempio, è arrivata ad annunciare l'impiego in questa azione di ben sei Brigate. Se si considera che una Brigata conta da 3 a 5 mila uomini, questa controffensiva avrebbe impegnato da 18 a 30 mila soldati (giusto per capire, l'Esercito italiano ne ha 90.000). C'è da chiedersi da dove arrivino queste unità, visto l'andamento decisamente deficitario delle operazioni difensive dei Comandi di Zelensky in Dombass. Inoltre, anche per ammissione russa, sembra che questa controffensiva abbia colto di sorpresa l'avversario, il quale non si sarebbe accorto dell'ammassamento di una tale entità di truppe in prossimità delle proprie linee.
Molto probabilmente, non le hanno viste perché non c'erano, perlomeno con quei numeri, anche perchè Kiev è alle prese con un ulteriore problema non da nulla, costituito dalle crescenti diserzioni.
E' notizia di queste ultime settimane, confermata anche da parte francese, di un fattaccio riguardante la 155^ Brigata meccanizzata ucraina “Anna di Kiev”, composta da circa 4,500 uomini, che dopo un periodo di addestramento e di equipaggiamento in Francia, era stata destinata alla difesa della città fortezza di Pokrovsk, nella provincia di Donetsk, da tempo sotto attacco da parte dei Russi. Nonostante fosse dotata dei migliori armamenti occidentali, compresi una trentina di carri armati tedeschi Leopard 2 e una ventina di obici francesi Caesar (nel 2023 erano stati definiti come le armi della riscossa), la Brigata che porta il nome di una Principessa ucraina, divenuta regina di Francia nel 1051 quale sposa di Re Enrico I, si è letteralmente disgregata nel mese di dicembre, sotto la pressione dei primi combattimenti contro le truppe di Mosca.
Infatti, circa 1700 soldati hanno abbandonato l'unità prima ancora di raggiungere Pokrosk, seguendo, pur se tardivamente, l'esempio di 50 commilitoni che erano scappati già durante l'addestramento in Francia. Se il primo allontanamento può essere considerato fisiologico (accade spesso quando soldati si preparano alla guerra in uno Stato straniero), quello avvenuto in Ucraina costituisce una vero e proprio disastro per le aspettative sia di Macron che di Zelensky, che avevano celebrato la costituzione della Brigata durante la commemorazione dello sbarco in Normandia, nel giugno scorso. Tanta retorica e tanta simbologia, aspetti così cari e cavalcati dall'attuale dirigenza politica europea, fatte miseramente a pezzi da una delle più naturali ed ovvie espressioni dell'indole umana: la paura di morire. Ma questo non è stato sufficiente a far riflettere i due Leader i quali, imperturbabili nelle loro convinzioni, poco prima di Natale, hanno annunciato la costituzione di una seconda Brigata che si preparerà nuovamente in Francia.
C'é da scommettere che il problema delle diserzioni sicuramente si ripresenterà e probabilmente in forma peggiore, anche perché non riguarda solo i soldati che respirano l'aria francese, visto che, secondo i dati resi noti dal Procuratore Generale ucraino, dall'inizio delle ostilità nel 2022, sono stati incriminati più di 100.000 militari per il reato di diserzione ed altre decine di migliaia sono in fase di istruttoria. E la falla sembra destinata ad allargarsi, andando a costituire un problema veramente grave, che rischia di far vacillare qualsiasi pianificazione operativa di Kiev, nonostante venga ipotizzata, anche su pressione americana (ancora sotto egida Biden), l'estensione della coscrizione obbligatoria anche ai ventenni se non addirittura i diciottenni. E questa ennesima pazzia rende umano persino Trump, che ha affermato la necessità di “fermare la follia”, citando i circa 400.000 soldati persi dall'Ucraina. Un dato certo, tenuto conto della subitanea precisazione di Kiev di aver subito 43.000 morti e 370.000 feriti. Un'ammissione che, tuttavia, rende purtroppo lecito presupporre che possano essere di più.
Tutto questo sembra però non scalfire le proterve certezze della leadership ucraina che, ovviamente, ha esaltato i risultati che avrebbe conseguito nelle prime ore della nuova controffensiva, con lo stesso Zelensky che ha affermato “il nemico ha perso un battaglione di paracadutisti e un battaglione di fanteria nordcoreano”. Anche in questo caso, ragionando con gli organici dei reparti alla mano, i Russi avrebbero quindi perso più di mille uomini in neanche due giorni di combattimento. Sarebbe una debacle incredibile, soprattutto considerando che, normalmente, le truppe aviotrasportate sono soldati di prima scelta per preparazione, equipaggiamento e motivazione.
D'altra parte, sempre lo stesso Presidente ucraino ha affermato che, dall'inizio (giugno) della sua offensiva nella Regione di Kursk, i Russi avrebbero perso 38.000 combattenti. Pertanto, una media di circa 7.600 al mese, 1.900 alla settimana e 270 al giorno, solo in una piccola parte del Teatro operativo. Al buon senso il giudizio sulla credibilità di questi dati.
Per la parte russa va evidenziata la sostanziale ritrosia a fornire informazioni sulle perdite, sia quelle ucraine e tanto meno quelle proprie le quali, pur se non sono ai livelli indicati dalla propaganda di Kiev, sono comunque sicuramente ingenti, viste le procedure operative sinora adottate, la resistenza incontrata e le battute di richiamo di nuove riserve a cui è stata costretta Mosca.
Per quanto riguarda la controffensiva ucraina, la parte russa si è affrettata a dichiarare che l'azione sarebbe stata fermata con bombardamenti aerei e di artiglieria, senza ammettere alcuna neutralizzazione di propri reparti. Tutto normale e scontato e quanto accadrà nei prossimi giorni, confermerà se anche vero.
Volendo ora azzardare una prima valutazione su quanto sta accadendo, ci si può affidare solo a criteri di carattere tecnico, facendo perno sulle pochissime certezze disponibili.
Sicuramente gli Ucraini hanno condotto un azione offensiva che, tuttavia, potrebbe non avere le dimensioni da loro propagandate, ma essere limitata ad un contrattacco a livello locale. Questo tipo di azione, che può anche essere finalizzata a ricercare un guadagno di tempo, viene normalmente effettuata quando si vuole alleggerire la pressione offensiva dell'avversario, attaccandolo sul fianco, cogliendolo di sorpresa e cercando di infliggergli quante più perdite possibili. Questa ipotesi sembrerebbe attagliarsi all'attuale situazione ucraina.
Infatti, per Kiev è di vitale importanza mantenere, anche per pochi km quadrati, l'occupazione di territorio russo, in vista dei prossimi probabilissimi incontri per individuare i primi spiragli di trattativa, per un percorso di pace.
Purtroppo però per Kiev, le operazioni nella Regione di Kursk non stanno andando bene, perchè è costretta ormai da tempo sulla difensiva ed ha già perso gran parte dei territori che aveva occupato nelle prime settimane del suo attacco. Pertanto, risulta indispensabile guadagnare tempo e rallentare il più possibile la riconquista russa delle proprie aree, ancora sotto il controllo ucraino. Per fare questo, un'azione di contrattacco costituisce la soluzione operativa ideale, se non l'unica da adottare, a qualsiasi costo.
Questo è il ragionamento che ha probabilmente fatto Zelensky, anche considerando che quel “qualsiasi costo” significa facilitare a Putin la conquista di tutto il Dombass e forse non solo. E questo sta già avvenendo visto che, negli ultimi 3 mesi, i territori conquistati dalle truppe russe sono 5 volte superiori a quelli dell'intero 2023.
Ma Mosca non si accontenterà di questo e, con buona probabilità, cercherà di cacciare oltre confine gli occupanti ucraini, sia per le future esigenze negoziali sia per quell'irrinunciabile prestigio che, agli occhi del proprio popolo e a quelli del mondo, la leadership russa deve preservare.
Quindi altri soldati, altri combattimenti e altri morti. E quei soldati non sono di certo i figli di chi, in un modo o nell'altro, continua a gettare benzina sul fuoco.
Questa, al momento, è l'unica tragica certezza.