Un Occhio sul Mondo - 28 dicembre 2024, 09:00

Per la Cina Temistocle aveva ragione

Il punto di vista di Marcello Bellacicco

Per la Cina Temistocle aveva ragione

Nel 483 a.C. Temistocle, famoso politico ateniese, impose alla sua città la costruzione di 100 navi triremi, che resero Atene la più forte potenza navale di tutta l'Antica Grecia. Questa flotta si rivelò poi determinante nella guerra contro la Persia, che i Greci vinsero definitivamente con la battaglia navale di Salamina.

Temistocle, che guidava la forza navale panellenica, divenne così il più famoso politico del tempo ma, soprattutto, poté dimostrare che la sua teoria della fondamentale importanza del dominio sul mare era giusta.

Una teoria che, per quanto espressa con i logogrammi della scrittura cinese, è stata ripresa poco più di due anni fa, durante una spettacolare cerimonia per il varo della terza portaerei della flotta di Pechino.

Il 17 aprile 2022, sulle fiancate della Fujian, la più grande unità navale mai costruita in Cina (100.000 t. a pieno carico), che guarda caso porta il nome della provincia che é proprio di fronte a Taiwan, erano attaccati degli striscioni che, a caratteri cubitali e rossi, riportavano questa significativa frase “Proiettare la potenza di combattimento. Battersi per costruire una flotta con capacità globali”. Concetti chiari e forti, che non lasciano dubbi su quali siano gli intendimenti cinesi, che si deducono dalle parole chiave “proiettare”, “combattimento”, “flotta” e “capacità globali”. Quindi Pechino non si nasconde di certo e afferma la sua volontà di considerare il mondo ed i suoi oceani come il suo palcoscenico d'azione, ritiene di doversi dotare di capacità globali e non esclude l'eventualità di ingaggiarsi in combattimento.

Un segnale inequivocabile per tutti, ma soprattutto per gli Stati Uniti, che lo hanno recepito in pieno, arrivando a considerare l'Indo-Pacifico come centro di gravità dei loro interessi strategici e la Cina come loro principale antagonista.

Probabilmente, l'appellativo di antagonista non rientra completamente nelle corde del Pentagono e della valutazione che sta facendo della situazione cinese e della sua possibile evoluzione nel breve/medio termine. C'é la consapevolezza che la road map militare di Pechino prevede, come obiettivo a medio termine, di disporre di almeno 6 portaerei operative entro il 2035, in modo da potersi contrapporre efficacemente agli USA nell'Indo-Pacifico.

E infatti la Cina ha già avviato la costruzione della quarta portaerei, che sarà ancora più grande della Fujian (110.000 t.) e, soprattutto, avendo la propulsione nucleare, sarà allo stesso livello di quelle americane di ultima generazione, che equiparerà anche per quanto riguarda i sistemi di lancio degli aerei (catapulte elettromagnetiche) e per i velivoli che imbarcherà, che saranno caccia di 5^ generazione (paritetici agli F 35 USA), aerei di comando e controllo e droni d'attacco Stealth.

E a proposito di droni, é ormai notizia risaputa l'esistenza di una nuova unità cinese che costituisce una prima mondiale. Infatti, occultata nei cantieri navali di Jiangsu Dayang Marine sul fiume Yangtze, è ormeggiata una nuovissima “portadroni”, una sorta di portaerei di dimensioni più contenute, destinata ai velivoli senza pilota (UAV-Unmanned Aerial Vehicle). Si tratta di una nave che non ha simili in alcuna altra marina militare mondiale e che costituisce una inedita e notevole potenzialità, visto che i droni stanno rivoluzionando la condotta delle operazioni militari. Lo spettro di impiego di questa unità navale é molto ampio, dalle funzioni di attacco a quelle ricognitive, ma si può pensare, senza grandi possibilità di errore, che il suo più probabile futuro potrebbe essere destinato ad operazioni anfibie contro Taiwan. In poche parole, essa é un'ulteriore minaccia per l'isola rivendicata da Pechino.

Una concreta ipotesi che trova conforto nel fatto che, proprio in questi giorni, é stata varata anche la Sichuan, una nave da assalto anfibio da 40.000 t., dotata di tecnologie avanzate, compresa una catapulta magnetica per il decollo anche di aerei da combattimento, pesantemente armati.

E' quindi evidente che Temistocle apprezzerebbe moltissimo gli sforzi che Pechino sta profondendo per potenziare le sue forze navali che, peraltro, già ora dispongono del maggior numero di navi da guerra al mondo.

Infatti, secondo l'ultimo rapporto “China Military Power” del Pentagono, pubblicato nel 2023, la Marina Militare cinese disponeva di 370 unità, che dovrebbero aumentare sino a 395 entro il 2025 e a 435 entro il 2030. Gli USA dispongono ora di 280 navi che però, secondo il Comando americano, sono di maggiore tonnellaggio e di tecnologia più avanzata, che dovrebbero ancora garantire un vantaggio per Washington.

Ma le preoccupazioni americane nei confronti della Cina, non si limitano solo al mare, ma si rivolgono anche verso il settore dell'armamento nucleare, in cui Pechino è in netto ritardo, nei confronti sia degli Stati Uniti che della Russia. Un gap che i Cinesi ritengono inaccettabile, ai fini degli equilibri mondiali che rientrano nella loro visione, che però stanno cercando di colmare a tappe forzate.

La Cina fece esplodere il suo primo ordigno nucleare nel 1964, divenendo in tal modo la quinta Nazione al mondo con capacità nucleare, ma ha vissuto un lungo periodo quarantennale in cui proseguì con una produzione blanda, probabilmente a causa di una sua carenza tecnologica, La situazione ora é drasticamente cambiata e la valutazione del Pentagono è allarmata per la crescita rapida, in termini numerici e qualitativi, dell'arsenale nucleare cinese. Nel 2022 é stato previsto che la Cina potrebbe raggiungere entro il 2035 il risultato di 1500 ordigni nucleari operativi e disponibili (cioé armamenti immediatamente utilizzabili e non accantonati), equiparando l'attuale capacità americana che ne conta 1550, in allineamento con il limite previsto dai trattati START (Strategic Arms Reduction Treaty) sottoscritti con la Russia la quale, nel 2023, ne ha dichiarato la sospensione ma non l'annullamento.

Questi però sono accordi bilaterali che non contemplano la Cina che, pertanto, non è formalmente tenuta a rispettare. E questo è il primo perno delle preoccupazioni americane, che prendono in seria considerazione l'ipotesi che Pechino non si fermi alle 1500 testate, conseguendo in tal modo la superiorità strategica nucleare. Il secondo perno è l'incredibile accelerazione che i Cinesi hanno impresso alla loro produzione. Nel 2020, lo stesso Pentagono aveva previsto che Pechino avrebbe impiegato circa un decennio per raddoppiare la propria disponibilità che, allora, ammontava a 200 ordigni. Invece, nell'arco di soli 4 anni, ha conseguito l'attuale capacità che conta 550 testate. Un risultato che potrebbe stravolgere anche la previsione relativa al 2035.

E questo pensiero atterrisce Washington, perché la Cina non è l'Iran, il cui programma nucleare può essere colpito con qualche bombardamento, in maniera diretta o tramite il proprio alleato israeliano. Oppure l'Iraq, il cui presunto arsenale chimico/batteriologico può essere distrutto (se trovato) con un attacco e un'invasione. A meno che non si voglia agire sul piano della follia.

La Cina è su tutt'altro piano, perché sta ormai assurgendo al ruolo di Superpotenza e per essere certi che si allinei su più miti consigli, l'unica via percorribile in termini di rischi è quella diplomatica, in modo da conseguire degli accordi simili agli START fatti con la Russia.

Ma per fare questo, in analogia al passato, il tavolo di trattativa deve avere una visione complessiva della convivenza tra Superpotenze, che non si limiti al solo settore dell'armamento nucleare. Infatti, quando USA e URSS (poi divenuta Russia) si accordarono, gli aspetti che influenzarono la reciproca buona volontà, furono anche quelli economici, finanziari e commerciali, in cui Washington dominava, soprattutto per gli esiti della Guerra Fredda.

Anche sotto questa visione, la Cina non è paragonabile al “caso Russia” perché, pur tra alti e bassi, ha una forza economico-finanziaria paritetica, se non superiore agli USA, per cui non può essere messa all'angolo e costretta ad accordarsi.

Come già detto altre volte, si sta aprendo una pagina nuova della storia dell'Umanità, perché quasi tutto sembra imporre la definizione di nuovi equilibri che, molto probabilmente, potranno essere delineati solo attraverso un nuovo approccio, soprattutto da parte di chi ritiene, parzialmente a ragione (per ora), di detenere l'egemonia sul mondo.

Tornando precipuamente al problema nucleare, gioca un ruolo importante il fattore tempo, che sembra non poter impensierire la Cina, sia per i ritmi produttivi che, più o meno, è in grado di mantenere sia perché in mano ha un jolly che si chiama Russia, la cui alleanza le garantisce un ombrello, in attesa di avere il proprio.

E se la Russia è tra le braccia cinesi, probabilmente, gran parte delle responsabilità sono dell'Occidente, visto che, solo dodici anni fa, era ancora Partner strategico della NATO. E questa considerazione dovrebbe avere la forza di farci riflettere.

Marcello Bellacicco

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