Cronaca - 06 dicembre 2024, 14:39

La città senza un carcere da anni: la voce delle famiglie dei detenuti savonesi dimenticate dalle istituzioni

Da quando il Sant’Agostino è stato chiuso, i parenti dei detenuti devono sostenere trasferte verso altri carceri liguri, e spesso fuori regione, per visitare i propri cari

La città senza un carcere da anni: la voce delle famiglie dei detenuti savonesi dimenticate dalle istituzioni

Lo stigma della detenzione non influisce solamente sulla vita del condannato, ma si estende anche ai familiari. La problematica dell’allontanamento dal proprio nucleo familiare non riguarda soltanto i detenuti; colpisce anche i numerosi figli e partner di chi è privato della libertà.

Questi ultimi, oltre a soffrire la lontananza, devono affrontare difficoltà economiche e logistiche, mentre il detenuto, una volta scontata la pena, ha diritto al reinserimento nella società. Savona non ha più un carcere dal dicembre 2015,  quando il Sant'Agostino è stato chiuso e i detenuti sono stati trasferiti in altre case circondariali, sia liguri che di altre regioni.

Da allora, le promesse per la costruzione di un nuovo carcere sono rimaste solo parole. Maria (nome di fantasia per questioni di privacy) ha vissuto in prima persona cosa significa avere un familiare detenuto in un carcere lontano, con una sofferenza che si aggiunge al peso emotivo della situazione.

Oggi è la portavoce delle famiglie savonesi con parenti detenuti e si batte affinché la costruzione di un nuovo carcere a Savona non rimanga un progetto irrealizzato. "Ho vissuto parallelamente al carcere per 31 anni della mia vita – spiega Maria –. Il mio compagno è stato detenuto e in carcere è morto tre anni fa. Ho vissuto appieno questa realtà, iniziando a girare tutte le carceri del Nord Italia per andarlo a trovare. Negli anni Novanta, infatti, i detenuti venivano allontanati dal carcere della loro città già durante il primo periodo di detenzione. Facevo chilometri e chilometri per i colloqui, spesso in carceri fuori regione".

Oggi Maria si dedica a sostenere altre famiglie nella stessa situazione e ricorda quando il Sant’Agostino, che in origine era nato come convento ed era di dimensioni molto ridotte, era attivo.

"Le persone arrestate venivano inizialmente portate lì, per poi essere trasferite in altre carceri, come La Spezia, Sanremo, Chiavari, Marassi o Pontedecimo. Da quando il Sant'Agostino è stato chiuso, la situazione è peggiorata. Savona non ha più il suo carcere, e questo non è giusto: è una città dove c’è tutto, ma purtroppo mancano strutture adeguate per i detenuti. Le famiglie, infatti, sono costrette a viaggiare fuori città per visitare i loro cari". "Mogli, mariti, padri, figli... è un costo enorme – continua Maria – perché le carceri sono lontane. A questo si aggiunge la sofferenza della separazione. Le spese per i viaggi non sono facilmente sostenibili e si sommano a quelle necessarie per portare qualcosa al proprio caro, anche se non tutto è consentito". E poi c'è anche la carenza delle carceri femminili e dei bambini che crescono con le loro madri in detenzione.

Elena Romanato

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