Economia - 21 novembre 2024, 15:00

Funivie, non solo vagonetti ma una potenziale area retroportuale da 12 ettari

Un "viaggio" nella stazione di Bragno che non è per niente ferma; qui i dipendenti si occupano delle operazioni di stoccaggio del carbone e della manutenzione dei vagonetti

"Io sono la terza generazione in Funivie. Ci lavorava mio nonno, poi mio zio". Il senso di appartenenza a quella che è stata una delle realtà industriali più importanti della Val Bormida, e che è in attesa di rilancio, si percepisce nelle parole del dipendente che accoglie la cronista per un "viaggio" all'impianto di Funivie a Cairo, dalla sede di via Stalingrado.

La partita delle Funivie non riguarda solo la ricostruzione del sistema di trasporto via fune, interrotto dopo l'alluvione del 2019, ma anche la gestione della manutenzione dell’impianto dei vagonetti, fermo da cinque anni, e di tutto il contesto, compresa un'area di 12 ettari in parte occupata dallo stoccaggio del carbone.

Ed è proprio su quell'area, e non solo sul recupero del trasporto su fune, che il subcommissario Paolo Ripamonti, da poco nominato assessore regionale, sta puntando.

Dalla "terrazza" della stazione di Bragno, dove ha sede Funivie, si coglie bene la portata di quello spazio: un’area molto estesa che potrebbe essere sfruttata come parco industriale, dopo una riqualificazione, per attirare nuove imprese.

Si accede alla terrazza attraverso una serie di scale, passando per la stazione dove è "parcheggiata" parte dei 1.100 vagonetti dell'impianto. Ognuno ha un numero identificativo e può trasportare 1.100 chili di carbone.

Alla stazione di Bragno arrivavano i vagonetti colmi di carbone scaricato dalle navi al porto di Savona. Ora sono fermi, tutti in fila, ordinati come soldatini, ognuno con il suo numero.

Nella stazione c'è un'area adibita ad officina, dove il lavoro non si è mai fermato. Due dipendenti, un tempo parte di una squadra di almeno una decina di persone, si occupano della manutenzione dei vagonetti, mantenendo efficiente il sistema di funi e carrucole su cui dovrebbero viaggiare.

Visitare quegli spazi è un po’ un viaggio nel tempo. Vengono in mente le testimonianze di due ex dipendenti, Giovanni Ferrando e Valerio Ulivi, che hanno partecipato a un recente incontro su Funivie presso la Sms di Lavagnola: le sottostazioni, i sistemi per comunicare tra una sottostazione e l’altra, l’organizzazione del lavoro, il carbon coke che veniva dato a ogni famiglia per scaldarsi.

Con l'ultima rampa di scale si arriva alla terrazza. Da una parte si vede Cokitalia, dall’altra la stazione di San Giuseppe e i binari che arrivano al parco di Funivie, mentre verso il Piemonte si intravede Cairo.

Ma subito sotto c'è quell’area che potrebbe contribuire al rilancio: un ampio terreno dedicato allo stoccaggio del carbone che arriva con i camion dal porto di Savona, già reso più redditizio grazie alla revisione delle tariffe effettuata dal subcommissario Ripamonti. Con l'abbattimento dell’impianto a carbone di Tirreno Power, la quantità di carbone stoccata si è ridotta, liberando un ampio spazio.

Uno spazio che attende di essere sfruttato e che potrebbe ospitare altre rinfuse. Con la riforma del Piano Operatore Portuale e l’arrivo delle rinfuse a Savona, Cairo potrebbe diventare un’area retroportuale. Invece di lasciare al vicino Piemonte questa parte di logistica – relativa allo stoccaggio e alla lavorazione delle merci – sarebbe possibile sviluppare una funzione economicamente vantaggiosa per la Val Bormida.

"Abbiamo 12 ettari di spazio – spiega Ripamonti – perché le Funivie non sono solo fune. Ci siamo confrontati con il mondo industriale per capire quali fossero le esigenze. In quest’area si potrebbero creare capannoni modulari per le rinfuse, trasformandola nell’area retroportuale del porto di Savona. Nel frattempo lavoriamo all’infrastruttura".

Con Buzzi, società cementifera, è già stato siglato un accordo per lo stoccaggio di 60.000 tonnellate annue di cemento, un primo passo verso la diversificazione delle merci e il futuro di Bragno.

Elena Romanato

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