Sarà scioperò generale il prossimo venerdì 29 novembre. Otto ore di stop, per l’intera giornata, con manifestazioni territoriali contro le politiche economiche del Governo, con la richiesta di cambiare la manovra di bilancio, considerata “del tutto inadeguata a risolvere i problemi del Paese”, e per “rivendicare l’aumento del potere d’acquisto di salari e pensioni e il finanziamento di sanità, istruzione, servizi pubblici e politiche industriali”.
Lo spiega Andrea Pasa, segretario savonese di Cgil, una delle due sigle (insieme a Uil) che hanno lanciato l'iniziativa: “Chiediamo cambiamenti profondi e radicali per questa manovra e non semplici emendamenti - afferma - È necessario un cambiamento di indirizzo sostanziale, a partire da una vera riforma fiscale, che attualmente il governo non sta realizzando; anzi, sta facendo esattamente il contrario attraverso condoni e agevolazioni elettorali. Stiamo parlando di misure che mettono a rischio il futuro del nostro Paese, a cominciare dal suo settore industriale e manifatturiero”.
“Il Governo ha presentato all'Europa un piano strutturale di bilancio che vincola il Paese a sette anni di tagli alla spesa pubblica - aggiunge il numero uno del sindacato savonese - Noi sindacati abbiamo manifestato a Bruxelles e scritto al Parlamento europeo affinché si ponga fine all’austerità e si apra una nuova fase di politica economica e sociale, basata sugli investimenti e non sui tagli alla spesa sociale”.
L’obiezione di fondo è che “per ridurre il debito, si può intervenire anche sulle entrate, non solo tagliando la spesa. Agire sulle entrate significa, prima di tutto, fare una riforma fiscale opposta a quella che sta portando avanti l'attuale governo, che non ha discusso né con il Parlamento né con le forze sindacali. Noi rivendichiamo il diritto di partecipare a questa discussione, perché quando il 90% delle entrate Irpef proviene dai lavoratori dipendenti e dai pensionati, la riforma fiscale deve essere discussa con chi effettivamente paga le tasse”, continua Pasa.
Intervenire sulle entrate ritenuto essenziale “per fare scelte di politica economica e sociale necessarie, poiché le risorse per aumentare i salari e la spesa pubblica sono lì, così come quelle per investire nella sanità pubblica, nell’istruzione, nelle scuole e negli asili. Ci sono le risorse per le politiche di investimento industriale di cui il Paese ha bisogno”.
“Le entrate fiscali del 2023 generale sono in aumento, e, se guardiamo i numeri, quasi metà di queste entrate provengono dall'Irpef. Ciò significa che i lavoratori dipendenti e i pensionati pagheranno quest'anno 15 miliardi di euro in più, oltre ai 6-7 miliardi in più derivanti dall'Iva - prosegue il sindacalista savonese -. Queste entrate aggiuntive provengono dalle tasche dei lavoratori e dei pensionati. Abbiamo chiesto espressamente che i 15 miliardi in più siano restituiti a loro e vengano destinati anche ad aumentare la spesa per la sanità, per finanziare la legge sulla non autosufficienza, per investire nella scuola pubblica, negli asili e nei servizi fondamentali”.
Per tornare al manifatturiero e all’industria, “dentro la finanziaria, il taglio di 4,6 miliardi di euro al fondo automotive è inaccettabile, è un colpo a tutto il settore automotive e della componentistica”.
“Come sindacati non possiamo dire che le cose vanno bene quando i salari non aumentano - aggiunge quindi - Un sindacato deve rivendicare aumenti salariali e una redistribuzione equa della ricchezza prodotta dal lavoro. Per questo motivo, continuiamo a sostenere la necessità di recuperare il potere d’acquisto perso a causa dell’inflazione degli ultimi anni”. Il taglio del cuneo fiscale, reso strutturale dal Governo, “non comporta alcun aumento di stipendio a gennaio 2025, neanche di un euro. Quindi, non possiamo essere soddisfatti semplicemente perché non ci sono stati peggioramenti. Al contrario, noi vogliamo che i salari aumentino, e questo significa, per noi, rinnovare i contratti”.
Un altro tema cruciale è quello della sicurezza sul lavoro per Pasa. “Nonostante le celebrazioni ufficiali alla Camera e al Senato dedicate alla sicurezza, la situazione non cambia: i morti sul lavoro continuano ad aumentare. In questa manovra, non è previsto neanche un euro di investimento per migliorare la sicurezza sui luoghi di lavoro”.
Sulla sanità, ciò che conta è “il rapporto tra quanto viene investito e il Pil. In Italia, rispetto alla spesa sanitaria, questo valore si aggira intorno al 2%, e i dati parlano chiaro: gli investimenti nella sanità pubblica sono in diminuzione”. “Per chi avesse ancora dubbi, sfido i nostri politici a fare esperienza diretta: quando necessitano di una visita o di un medico, anziché rivolgersi a conoscenti o a primari, provino a prenotare tramite Cup o a recarsi in un pronto soccorso. Questa esperienza basterebbe per capire le difficoltà in cui versa la sanità pubblica”. La verità, insomma, è secondo Pasa che “in Italia, la sanità pubblica sta venendo progressivamente definanziata a vantaggio di quella privata, un dato di fatto che non può essere ignorato”.