Economia - 09 agosto 2024, 07:00

Mariujana legale e illegale a confronto: le conseguenze normative e sociali

La marijuana legale e quella illegale differiscono principalmente nella composizione chimica dei loro principi attivi.

Mariujana legale e illegale a confronto: le conseguenze normative e sociali

Ci sono tematiche che, inevitabilmente, scatenano preoccupazione, divisione e confusione. Tra queste c’è la legalizzazione dell’erba. Il dibattito che ha permesso di arrivare ad una legge chiara in Italia relativa all’utilizzo di prodotti a base di cannabis legale o canapa sativa tipo L. contenenti una percentuale di THC controllata così da evitare lo sballo, è al centro dell’attenzione soprattutto con il Governo Meloni che – dopo aver consultato un documento del Ministero della Salute del 2020 che la inserisce tra le sostanze stupefacenti – ha tutte le intenzioni di prendere provvedimenti in merito.

Ma quali sono le differenze tra marijuana legale e illegale? E i limiti imposti dalle regolamentazioni? E le caratteristiche evidenziate dai singoli prodotti? Proviamo ad analizzare in modo dettagliato la tematica con l’aiuto di statistiche e ricerche ufficiali.

Differenze tra marijuana legale e illegale

La marijuana legale e quella illegale differiscono principalmente nella composizione chimica dei loro principi attivi. La prima, spesso utilizzata per scopi medicinali o benessere in alcuni Paesi tra cui l’Italia, è caratterizzata da un contenuto di tetraidrocannabinolo inferiore allo 0,5%, il principio psicoattivo responsabile degli effetti psicotici tipicamente associati alla cannabis. La seconda, invece, contiene livelli di THC molto più elevati, che possono variare notevolmente in base alla varietà e alle modalità di coltivazione e quindi non ne è consentita né la vendita né il consumo.

I due tipi di prodotti possono produrre risultati molto diversi sul corpo e sulla mente degli utenti: la marijuana legale, con il suo basso contenuto di THC, tende ad avere effetti più miti e non psicoattivi rispetto alla sua controparte illegale.

Può dare sensazioni di rilassamento, ridurre lo stress e sollievo dal dolore senza gli effetti psicotropi intensi associati a quella vietata dalla legge.

Legalizzazione del CBD: gli impatti sociali

Una ricerca importantissima condivisa dalla National Academies of Sciences degli USA ha evidenziato come la cannabis e i suoi derivati siano al centro dell’attenzione soprattutto dei più giovani tanto da essere inserita in cima alle sostanze d’abuso più utilizzate nell’Occidente.

Ad oggi però, gli effetti non sono ancora del tutto chiari e vengono studiati in modo dettagliato da alcuni esperti che hanno puntato l’attenzione sul fenomeno. Una statistica ha mostrato come circa 22,2 milioni di americani sopra i 12 anni abbia utilizzato la cannabis illegale almeno una volta e che il 90% degli adulti ne racconta l’uso per scopi puramente ricreativi, limitandone l’uso curativo al solo 10%.

Proprio questi dati, piuttosto preoccupanti, hanno permesso di arrivare alla legalizzazione del CBD mettendo dei paletti: in questo modo si potrà tenere sotto controllo l’utilizzo, permettendo l’acquisto legale a maggiori di 18 anni mettendo a disposizione prodotti con una percentuale di THC controllata.

La situazione in Italia è piuttosto importante e al centro dell’attenzione, l’attuale Governo Meloni vorrebbe rivoluzionare la legge e ci ha già provato con un provvedimento poi bocciato dal Tar del Lazio. Il partito Fratelli d’Italia capitanato da Giorgia, si è fatto forte di un documento (non totalmente corretto) messo a disposizione dal Ministero della Salute in cui il CBD veniva paragonato a qualsiasi altra tipologia di sostanza stupefacente e per questo motivo ne desideravano vietare la vendita a tutte le persone non munite di una ricetta medica. Nonostante il blocco da parte del tribunale però, lo Stato ha intenzione di realizzare un nuovo decreto per poter tutelare i consumatori e non spingerli al consumo.

Richy Garino

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