Contro il pregiudizio, lo stigma sociale, la discriminazione nei confronti delle persone con problemi psichiatrici: l’esposizione fotografica “Stanze”, in mostra ad Albenga, a Palazzo Oddo, fino al 19 giugno, è la conclusione di un percorso di arteterapia condotto dall’ingauna Carla Paura con i pazienti di una struttura riabilitativa di Vado Ligure.
“L’obiettivo primario dell’attività era, nel caso specifico, quello di introdurre l’utilizzo di smartphone e tablet per un uso terapeutico, creativo e costruttivo – racconta l’arteterapeuta Paura -. Ho chiesto ai pazienti della struttura di scattare delle fotografie per ritrarre qualcosa di caro per ognuno di loro all’interno della struttura, visto che praticamente quella è la loro casa. Pur vivendo tutti nello stesso posto, sono riusciti a realizzare foto completamente diverse”.
Ognuno di loro, scattando le foto, ha raccontato all’arteterapeuta cosa voleva rappresentare in quelle ‘stanze’, ovvero pezzettini della loro vita. “Qualcuno ha voluto ricordare com’era la vita fuori dalla struttura, altri si sono concentrati sull’esperienza attuale, cosa fa, cosa pensa”.
Un’esperienza intensa che Carla Paura ha voluto imprimere su carta per non dimenticare le emozioni vissute: la raccolta di fotografie è prima diventata un catalogo, da cui è poi scaturita la mostra a Palazzo Oddo. Ogni foto offre al visitatore un “ritratto” della persona riconoscibile anche solo attraverso quell’immagine scattata. “Le foto sono anonime, ma chi conosce quelle persone è stato in grado di individuare l’autore guardando gli scatti – spiega Paura -. Le foto sono corredate di una frase che rappresenta il significato che ognuno di loro ha voluto dare al proprio scatto. Volutamente le didascalie sono stampate in un carattere più piccolo rispetto al normale, per fare in modo che lo spettatore faccia un passo avanti”. Un passo avanti per leggere l’etichetta, ma anche un passo avanti metaforico verso la persona che si è aperta e che ti ha raccontato qualcosa di sé. “Ho cercato di creare dei punti di incontro, visto che i pazienti della struttura non possono uscire e non possono vedere nessuno del mondo esterno, se non i parenti”.
Un’esposizione fotografica che colpisce, emoziona, un viaggio nelle sensibilità sconosciute di queste persone a cui pochi si avvicinano. “Io vivo tutti i giorni queste esperienze e con questa mostra ho voluto avvicinare mondi che sembrano distanti. Le persone con problemi psichiatrici sono come le altre, hanno pensieri e il forte bisogno di essere ascoltate, come tutti – spiega -. Quando gli autori sono venuti a visitare la mostra, non riuscivano a credere che qualcuno potesse essere interessato a ciò che avevano realizzato. Un’emozione forte e positiva che li ha fatti sentire bene. Erano anche molto curiosi di sapere cosa pensano i visitatori, quindi, ho poi deciso di mettere a disposizione dei post-it dove ognuno può lasciare le proprie impressioni”.
Come sono le impressioni del pubblico? “Positive, molte persone si commuovono, ringraziamo per essersi aperti e per aver aperto in loro qualcosa, quindi un vero scambio”. Una forte “picconata” che arriva dall’arte come terapia e come “arma” per abbattere uno dei tanti muri di pregiudizi.