Politica - 22 maggio 2024, 15:13

Inchiesta corruzione: dalla revoca dei domiciliari all’ipotesi dimissioni, il futuro dell’amministrazione dipende dall’interrogatorio di Toti?

Davanti ai pm il governatore darà la propria versione dei fatti per poi chiedere la revoca degli arresti domiciliari per incontrare la maggioranza. È il primo passo verso le elezioni anticipate?

Inchiesta corruzione: dalla revoca dei domiciliari all’ipotesi dimissioni, il futuro dell’amministrazione dipende dall’interrogatorio di Toti?

Non c’è cosa peggiore del totismo senza Toti”. Escludendo l’aggettivo “peggiore” che lasciamo al mondo delle valutazioni politiche, la frase pronunciata da Luca Garibaldi (PD - Articolo Uno) durante l’ultima seduta del consiglio regionale porta a una riflessione, legittima e scevra da qualsiasi tipo di giudizio: Il totismo può andare avanti senza Toti?. Perché non è un segreto che l’impronta del presidente sia stata a dir poco determinante negli ultimi nove anni di amministrazione regionale, così come non è un segreto che gli ultimi 15 giorni siano stati particolarmente complessi per la macchina amministrativa senza la guida del timoniere scelto dagli elettori e ora agli arresti domiciliari con l’accusa di corruzione e falso.

Un primo punto di svolta sta per arrivare nelle prossime ore, con diversi giorni di anticipo rispetto a quanto trapelato in precedenza. Domani (giovedì 23) il presidente Giovanni Toti sarà ascoltato dai pm Luca Monteverde e Federico Manotti, così come richiesto dal governatore e dai suoi legali dopo il silenzio all’interrogatorio di garanzia. Nei giorni trascorsi nella sua casa di Ameglia, Toti ha letto e riletto le carte preparando la propria versione dei fatti in merito ai reati che gli vengono contestati dalla Procura: corruzione e falso.

Un altro punto di svolta è atteso, però, al termine dell’interrogatorio. Non è un segreto che Toti, tramite il suo legale Stefano Savi, farà richiesta di revoca dei domiciliari anche per consentirgli di avere un confronto dal vivo con la propria maggioranza in modo da discutere il nodo delle dimissioni e del futuro dell’amministrazione, terzo punto di svolta nell’articolata vicenda che ha portato la Liguria all’attenzione delle cronache nazionali.

Se da un lato non fanno più notizia le continue richieste di un passo indietro arrivate dai banchi dell’opposizione durante i due consigli regionali andati in scena in assenza del presidente, dall’altro hanno un peso diverso gli atteggiamenti di alcuni leader di partito come il segretario regionale di FdI Matteo Rosso che non ha escluso l’ipotesi di elezioni anticipate e, soprattutto, la scelta attendista della premier Giorgia Meloni che non ha difeso a spada tratta il governatore rinviando al post-interrogatorio ogni possibile giudizio in merito alle sorti del governo regionale ligure: “Aspettiamo”. E non è un segreto che Lega e FdI stiano accarezzando l’idea di poter mettere i loro uomini alla guida della Regione dopo anni di monocolore arancione con i partiti a fare da alleati.

Se Toti decidesse di rimanere in sella (ipotesi poco probabile, ma da non escludere) si troverebbe di fronte a uno scenario scomodo con un’opposizione costantemente sulle barricate, pratiche da portare avanti all’ombra dell’inchiesta e qualche spina nel fianco anche in casa, nella coalizione di centrodestra che lo ha sì sostenuto all’insegna del garantismo ma che, fuori dalla Liguria, non si è certo strappato le vesti per erigere barricate attorno a lui.

In caso di dimissioni, invece, la Regione si preparerebbe a una corsa elettorale anticipata di un anno rispetto alla sua naturale scadenza. E qui le cose si complicano. Occorre innanzitutto trovare una data e pare che l’ipotesi più probabile sia quella di andare al voto in autunno con conseguente campagna elettorale sprint in piena estate. Allungare i tempi porterebbe a un avvicinamento alla prevista data di fine mandato, oltre a ingessare l’amministrazione e l’intera Regione per troppo tempo. 
Il centrosinistra sta già radunando le truppe portando in dote il nome di Andrea Orlando come ipotetico candidato presidente, ma c’è da trovare prima un accordo con il MoVimento 5 Stelle in ottica campo largo (tra i pentastellati era spuntata l’ipotesi Tiziana Beghin), sulla scia del successo in Sardegna. C’è all’orizzonte un lavoro di squadra, come ha detto il segretario regionale del Pd, Davide Natale, ai nostri microfoni.
Comprensibilmente più complesso è lo scenario nel mondo del centrodestra con il candidato presidente che, a seconda della piega che prenderà l’inchiesta, rischierebbe di essere vittima sacrificale in uno scontro che lo vedrebbe in partenza come nettamente sfavorito. Anche se, va detto, per il momento nel mondo dell’amministrazione regionale vince la strategia della continuità e non si tiene in considerazione l’ipotesi delle dimissioni di Toti. Lo ha detto il presidente ad interim Alessandro Piana a margine dell’ultimo consiglio regionale: “Le dimissioni? Toti rimarrà sulle sue posizioni”.
Resta solo da capire se l’interrogatorio farà cambiare idea a qualcuno.

Pietro Zampedroni

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