Coldiretti Liguria punta il dito sul gap normativo in Ue riguardante l’etichettatura dei prodotti alimentari e l’assenza di trasparenza sulle origini dei prodotti. “Molti prodotti importati, sugli scaffali dei negozi sono spacciati per italiani, ma non lo sono. Questo non è corretto né nei confronti del consumatore, né delle imprese del nostro Paese”. Il cosiddetto "Fake in Italy". Ai microfoni di Savonanews, Antonio Ciotta, direttore di Coldiretti Savona, spiega la presenza al Brennero come Coldiretti Liguria, nei due giorni di lunedì 8 e martedì 9 aprile: “Cerchiamo di tenere alta l’attenzione sul tema della mancata trasparenza sull’evidenza dell’origine del prodotto. Non siamo contrari alle importazioni, ci mancherebbe, ma puntiamo alla trasparenza, all’indicazione veritiera dell’origine in etichetta”.
Così, ad esempio, cosce di maiale, patate, asparagi, fiori e molti altri prodotti in arrivo dall’estero, sono passati sotto l’occhio attento di una delegazione che si è fatta portavoce della battaglia. “Fa un po’ male vedere questo, perché anche noi siamo produttori, ma siamo in un libero mercato e questo è lecito. Non è lecito però che in etichetta si indichi che il prodotto è italiano – sottolinea Ciotta -, quando invece non lo è. Spacciare alcune referenze per made in Italy, quando non lo sono, non è corretto nei confronti del cittadino consumatore”.
“L’attività portata avanti da Coldiretti – spiega Ciotta - ha l’obiettivo di ridare enfasi e fiato, sia nei confronti dell’opinione pubblica, ma soprattutto da parte delle istituzioni, di quel ‘pezzo’ di normativa che manca sia a livello nazionale, ma soprattutto a livello comunitario sull’obbligatorietà in etichetta dell’origine dei prodotti”.
Insomma, lo scopo non è sconfiggere le importazioni. “Noi esportiamo e importiamo – continua Ciotta -. Noi vogliamo, per dare leva di competitività e onestà e trasparenza al lavoro delle nostre imprese che l’utente finale possa scegliere con consapevolezza cosa acquistare e consumare. Inoltre, puntiamo anche alla reciprocità. Se in Italia sono costretto a rispettare tutta una serie di normative e misure per la sicurezza alimentare, la rigidità sui beni che importiamo deve essere speculare – sottolinea -. Diversamente, si crea una sleale concorrenza nei confronti delle imprese agricole italiane soggette a misure restrittive. Questo è sleale anche nei confronti del consumatore”.
Ma la battaglia di Coldiretti va oltre e butta l’occhio anche su altre riflessioni. “Nei giorni scorsi abbiamo fermato un camion che portava uva dall’India. Quanto incide il costo del trasporto sull’uva che arriva dall’India? Quando incide il costo del trasporto sui prodotti da forno che dalla Germania erano diretti in provincia di Catania? Quanto possono essere concorrenziali dal punto di vista del prezzo per giustificare un costo così alto sul trasporto? – si chiede Ciotta -. Abbiamo tanti prodotti italiani che non costano di più rispetto ai prodotti di importazione, che hanno costi di trasporto assolutamente non trascurabili. Ma quando deve costare una brioche o una pizzetta prodotta in Germania a 3000 km da Catania? E se è ancora competitiva quando arriva in Sicilia, quanto l’hai pagata all’origine? E cos’è, per avere questi prezzi così concorrenziali?”, conclude il direttore di Coldiretti Savona.
Intanto, l’attività non si fermerà. Coldiretti continuerà a portare avanti questa battaglia che darà vita a una petizione a livello europeo affinché si possa arrivare a una legge comunitaria che imponga in tutta la Ue l’origine del prodotto in etichetta.