Attualità - 26 gennaio 2024, 10:48

Albenga, inaugurata a Leca la piazzetta intitolata a E. Ansaldi ed E. Dolla

I due uomini furono tradotti nei campi di sterminio e mai tornati a casa

Fotoservizio di Silvio Fasano

Fotoservizio di Silvio Fasano

Questa mattina alle 9.30, è stata inaugurata la nuova piazzetta a Leca d’Albenga intitolata a Eugenio Ansaldi ed Ezio Dolla, terminata recentemente in via Partigiani, angolo piazza don Bertora.

Eugenio Ansaldi ed Ezio Dolla di Leca furono tradotti nei campi di sterminio e mai tornati a casa.

La cerimonia, avvenuta alla presenza del sindaco Riccardo Tomatis con le autorità cittadine, ha visto interventi da parte del primo cittadino stesso, del dirigente scolastico Luca Mazzara, del presidente Aned di Savona Simone Falco, della presidente Anpi Leca d’Albenga Ester Bozzano del professor Mario Moscardini e degli alunni delle classi terze della scuola secondaria Artemisia Gentileschi di Leca d’Albenga.

Grazie a tutte le associazioni che sono il vero motore di questa iniziativa – ha affermato il sindaco Tomatis nel suo discorso -. Quella di oggi è una giornata importante. Anticipiamo la Giornata della Memoria, che è domani 27 gennaio, occasione in cui vengono commemorate le vittime, non solo della Shoah, ma anche di tutte le leggi raziali decise dal regime fascista e di tutti i cittadini italiani, ebrei ma non solo, che sono stati uccisi, o deportati e imprigionati. Soprattutto coloro che non si sono voluti piegare e hanno fatto opposizione a ciò che il regime definiva ‘la soluzione finale’”.

Dolla e Ansaldi sono due di quellie persone che hanno avuto il coraggio di puntare lo sguardo da un’altra parte – prosegue il sindaco -. Il fatto che oggi siano qui su questa targa è importante, perché ogni volta che passeremo da questa via ed entreremo in questa piazza, ci ricorderemo di loro. Perché più ci allontaneremo da quei drammatici giorni, il capitolo più vergognoso della storia dell’umanità, e più la memoria si affievolirà. Più ci allontaneremo da quel periodo, più dovremo cercare di rivivere quel dolore, perché è vivo”, conclude Tomatis.

Redazione

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