“Oggi è un buon giorno per un’etichettatura più trasparente”, ha commentato soddisfatto il relatore Alexander Bernhuber, centrando perfettamente l’argomento. Sì, perché quando si parla di iniziare la giornata con il piede giusto, di buon giorno si tratta.
Certo, il via libera del Parlamento Europeo riunito in plenaria all’obbligo di indicare la provenienza della frutta utilizzata in succhi e marmellate, confetture e mieli, non si limita a un piacere destinato alla colazione. L’estensione della soddisfazione permette di tirare un sospiro di sollievo, merito della chiusura dell’iter legislativo che approva ufficialmente le proposte di modifica alle norme di messa in commercio per determinati prodotti alimentari. Lo rende noto con soddisfazione il presidente della Coldiretti Ettore Prandini in riferimento al voto del Parlamento Europeo sula cosiddetta Direttiva “Breakfast”.
“Questo è quello che accade quando gli italiani uniscono le proprie voci – commentano Gianluca Boeri e Bruno Rivarossa, Presidente di Coldiretti Liguria e Delegato Confederale - Le battaglie che chiedono trasparenze sono sempre le più difficili, ma che soddisfazione riuscire finalmente a vederci chiaro”.
L’appoggio è stato enorme, con una risposta dell’86% degli italiani che si sono espressi a favore della necessità di conoscere la provenienza dei prodotti alimentari, seppur al costo di pagare qualcosina in più. Questo il risultato dell’indagine Coldiretti/Censis. Si tratta infatti di un obiettivo importante, soprattutto per l’Italia, il secondo produttore europeo di frutta che negli ultimi anni ha tuttavia dovuto assistere a un mercato delle importazioni pari a oltre 100 milioni di piante di frutta fresca negli ultimi quindici anni. Ciò ha implicato la scomparsa di molte delle principali produzioni di frutta: dalle mele alle pere, dalle pesche alle albicocche, dall’uva da tavola alle ciliegie, dalle arance fino alle clementine.
“Molto più di un mero trend - sottolineano Boeri e Rivarossa - Si tratta di un’importazione massiva di prodotti low cost a base di frutta che distrugge le produzioni regionali e non assicura la sicurezza alimentare, dato che all’estero non sempre vengono rispettati gli stessi criteri in termini di rispetto dell’ambiente, del lavoro e della sicurezza alimentare, secondo il principio di reciprocità”.
La svolta in atto sulla frutta e sul miele completa un percorso iniziato nel 2000 con l’obbligo di indicare la provenienza della carne bovina consumata che si è esteso grazie alla battaglia della Coldiretti in Europa e in Italia. Battaglia che nel corso del tempo ha toccato con successo dal latte alla passata di pomodoro, dai formaggi ai salumi, dal riso e pasta fino a decorrere dal 1 gennaio 2025 alla frutta e verdura in busta, noci, mandorle, nocciole ed altri frutti sgusciati, agrumi secchi, fichi secchi e uva secca, funghi non coltivati e zafferano. “Ma non è ancora finita,” concludono Boeri e Rivarossa.
“Restano ancora anonima la provenienza del grano impiegato nel pane, nella farina, nei dolci e biscotti e degli ingredienti utilizzati nei gelati. Lavoreremo sempre e incessantemente affinché sia sempre e soltanto la libertà di scelta a condizionare la spesa dei consumatori italiani”.