Insultato, minacciato, criticato. Ma Matteo Bassetti, il direttore della Clinica di malattie infettive dell'ospedale San Martino di Genova e uno degli infettivologi più famosi in Italia, non si scompone. E se proprio pochi giorni fa è stato pubblicato un fotomontaggio che lo ritrae in cima a un palazzo in procinto di cadere con frasi che inneggiano al lasciarlo precipitare nel vuoto, sembra non voler cedere il passo ai suoi detrattori.
‘Pinocchi in camice. Sulla salute non si scherza’ (edizioni Piemme) è il suo ultimo libro, che è stato immediatamente proiettato in cima alle classifiche di vendita nella sua categoria, ha subìto pesanti critiche e recensioni negative, per poi tornare tra i dieci più venduti.
Come se lo spiega?
“Paradossalmente gli attacchi che il libro sta subendo stanno facendo il suo gioco. Il mondo anti-scienza e novax che si è visto raccontato nel libro ha fatto in modo di provare a fermarlo facendo delle recensioni negative, soprattutto su Amazon, dicendo cose terrificanti sull’autore, ma invece sta ottenendo l’effetto contrario. Sta funzionando soprattutto il passaparola: vuol dire che chi lo legge, lo apprezza e lo consiglia ad altri, e credo che questa sia la miglior pubblicità. Trattando un argomento così delicato come quello della salute della gente, e cercando di mettere in evidenza i ‘pallisti’ della medicina, i pinocchi, c’è qualcuno che è arrabbiato. Ci vuole coraggio per farlo, ma chiaramente quando trovi il tuo nome e cognome su un libro non fa piacere: era esattamente il mio obiettivo”.
Visto che abbiamo parlato di ‘pallisti’, secondo lei esiste una cura per tutte le ‘palle’ che sono state raccontate in questi anni o è troppo tardi?
“Secondo me è troppo tardi. Oggi ho provato a creare un decalogo per riuscire a difendersi da queste persone, e spero che lo facciano anche altri colleghi in futuro. Dietro ai pinocchi ci sono sempre il gatto e la volpe, quelli che agiscono per profitto: è evidente che la gente prende per i fondelli il prossimo per guadagnarci. Quando una ragazza di Chiavari (Roberta Repetto) finisce su un tavolo da cucina per farsi togliere una lesione alla pelle che poi si rivela essere un melanoma, e viene curata con tisane e con lampade di sale, mi pare evidente che dietro ci sia una truffa, qualcosa per far dei soldi. O ancora, quando Davide Vannoni propagandava il metodo Stamina, e ogni somministrazione costava duemila euro, o il cosiddetto metodo Di Bella che costava fior di soldi per acquistare le medicine. O l’omeopatia: paghi cinquanta euro per prodotti che costeranno 30 centesimi e non servono assolutamente a nulla. Ma si può applicare a tante altre cose. Durante la pandemia vendevano la ricetta per curarti il Covid a casa a 300 euro, ma con 7 o 8 euro di Ibuprofene ci si curava allo stesso modo”.
Che cosa c’è dietro secondo lei?
“Credo che dietro ci sia sempre la voglia di fare profitto, e credo che sia tardi perché ormai tanta gente si è convinta che il mondo della medicina sia un mondo da cui star lontani, perché qualcuno glielo ha fatto credere. La stessa Big Pharma che fa i vaccini è la stessa che fa le pastiglie per la pressione, per il diabete, per le infezioni, che ci cura il cancro. Le aziende sono le stesse, non possiamo una volta dire che ci piacciono quando ci danno i farmaci per i tumori per curare i nostri cari e poi quando producono i vaccini non vanno bene. O vanno bene sempre o non vanno bene mai”.
Secondo lei quanta responsabilità hanno i media in questa diffusione di ‘fake news’?
“La colpa è tutta dei media. Due dei casi di cui parlo nel libro, Stamina e il plasma iperimmune di De Donno, li hanno creati Le Iene. La trasmissione ha dedicato tantissime puntate a questi due casi, e accusavano me e Burioni di essere dei ladri perché non usavamo il plasma in pandemia. Però poi si è rivelato che questo non serviva a nulla. All’interno dei media metto anche Google e la rete in genere: oggi grazie a internet sono diventati tutti dottori. La gente cerca i sintomi online e stabilisce che malattia ha e con cosa curarsi”.
È scattato il richiamo vaccinale. Come vede questa nuova campagna e chi è bene che prenoti una nuova dose?
“Bisogna puntare sulle persone a cui il virus ancora oggi potrebbe far male: quindi tutti gli over 70, e tutte le persone che hanno meno di 70 anni ma fragili: trapiantati, dializzati, immunodepressi gravi, pazienti tumorali in trattamento attivo. Queste persone farebbero bene a continuare a fare il richiamo vaccinale, non solo quest’anno ma anche in futuro. Gli altri, avendo fatto o il vaccino o la malattia, credo che possano non effettuare una nuova dose. Se devo fare una previsione, credo che questa campagna vaccinale non andrà benissimo: l’ho vista partire in tutta Italia molto lentamente. La gente secondo me è un po’ stanca, forse questo aver chiamato le dosi con i numeri non è stato il massimo. Prima, seconda, terza, quarta dose… ‘Devo fare anche la sesta?’ Si sente dire. È un richiamo, chiamiamolo come si deve chiamare. Un richiamo annuale, per il Covid come per l’influenza”.