Al Direttore - 18 ottobre 2023, 12:48

Pronto soccorso e attese infinite, una lettrice: "Quasi 5 ore in ortopedia, 3 minuti di visita e un referto che non arriva"

La riflessione della signora Francesca, recatasi al San Paolo col figlio di 9 anni con una caviglia dolorante: "Non vorrei capisse che si può anche stare male senza essere assistiti prontamente e a dovere"

Pronto soccorso e attese infinite, una lettrice: "Quasi 5 ore in ortopedia, 3 minuti di visita e un referto che non arriva"

Riceviamo e pubblichiamo questa lettera da una nostra lettrice che racconta un episodio avvenuto al pronto soccorso savonese del San Paolo.

"Ieri pomeriggio (16 ottobre per chi legge, ndr) alle 17 arrivo, dalla Valbormida, al pronto soccorso di Savona dell'ospedale San Paolo, perché mio figlio di 9 anni il giorno prima si è fatto male a un piede giocando a calcio. Poiché ha dolore e non si regge sul piede, ci viene consigliata una lastra per escludere eventuali fratture.

Alle 17 il triage ci accoglie e rilascia il numero progressivo 621, dicendo di accomodarci nella sala di attesa di ortopedia lì accanto. La porta dell'ambulatorio ortopedico è chiusa. Silenzio di tomba. Persone in attesa nella sala. 

Dopo mezz'ora di assoluto silenzio capisco che la maggior parte delle persone ha già effettuato i raggi (alcuni già al mattino) ma che non vengono chiamati perché a causa di un guasto nel sistema informatico il dottore non riesce a vedere i referti. Silenzio di tomba.

Nel frattempo scopro che, come noi, altri in attesa non sono neanche ancora stati visitati per capire se e quale altra indagine diagnostica si renda necessaria. Silenzio di tomba ora interrotto da una infermiera che esce dall'ambulatorio per confermare il guasto e suggerisce 'a chi vuole' di andare via e tornare il giorno dopo. Diverse persone sofferenti e doloranti evidentemente non possono andarsene.

Dopo circa mezz'ora, alle 18.00 riprendono le visite. Prima dei pazienti già visitati e sottoposti a RX al mattino per chiudere le cartelle, gli altri doloranti e non ancora visitati possono aspettare ancora un po'. 

Tra tutti un uomo anziano, 82 anni, con una frattura, è dalle 11 del mattino fuori dalla porta su un lettino di emergenza in attesa (non si sa per quanto ancora) che gli venga assegnato un letto in reparto. L'uomo è digiuno dal mattino; si sente accaldato e chiede che gli venga misurata la febbre: 38,5. E nel frattempo sono le 19.30.

A quell'ora e dopo due ore e mezza di attesa l'infermiera esce dall'ambulatorio viene verso di me e mi fa le stesse domande che mi hanno posto al triage, Credo sia uno scherzo, rispondo. L'infermiera rientra nell'ambulatorio, nuovamente silenzio di tomba.

Nel frattempo arrivano altre persone evidentemente sofferenti che vengono 'parcheggiate' chi su barella chi su sedia a rotelle fuori dalla porta dell'ambulatorio, dalla quale nel frattempo non è più entrato e uscito nessuno. Allora, abbastanza innervosita, mi alzo e busso alla porta per chiedere se nel frattempo si fosse verificato qualche altro guasto. Una persona, infermiera o dottoressa esce frettolosamente ridacchiando e se ne va, mentre la solita infermiera, peraltro molto gentile, mi risponde:  'No, no, ora vi chiamiamo'. 

Intanto sono quasi le 20. Il signore anziano sempre sulla barella fuori dalla porta in attesa di un letto in reparto, 3 persone con i raggi fatti al mattino in attesa di referto, due donne doloranti in attesa (dalle 15) della prima visita  e noi. Pochi minuti prima delle venti veniamo chiamati e mandati a fare i raggi; il tutto accade in 3 minuti dopo 3 ore di attesa.

Effettuati i raggi torniamo in sala d'attesa ortopedica; finalmente il signore anziano viene spostato in reparto; ha atteso soltanto 9 ore! I pazienti con raggi effettuati vengono refertati e dimessi, rimaniamo solo io e mio figlio in sala d'attesa.

Alle 20.30 l'ortopedico smonta di turno.  Allora gli chiedo la cortesia di segnalare a qualcuno che noi siamo sempre in attesa del referto dei raggi; così chiama un collaboratore e ci fa riaccompagnare in attesa triage. Sono le 21 e torniamo al 'via' come nel gioco dell'oca. Sono passate 4 ore.

Anche gli operatori del triage sono, nel frattempo, al cambio del turno e mentre si passano le consegne delle persone in attesa vedo che parlano di tutti ma non di noi. Allora, mi avvicino allo sportello e chiedo se a loro risulti che noi siamo sempre in attesa del referto rx. L'operatrice che stava smontando dal servizio (ma ancora seduta al computer) con aria seccata mi chiede  'cognome?', io rispondo e la stessa guardandomi mi dice 'nessuna frattura'. Al che ringrazio e chiedo se riescano anche a scrivermelo su un pezzo di carta. A quel punto, l'altro operatore triage che ha appena preso servizio, capisce la situazione e che dalle 17 qualcosa evidentemente è andato storto; va negli ambulatori del pronto soccorso e ci fa chiamare per la chiusura 'manuale' della cartella e relativa dimissione. La dottoressa che procede alla chiusura della cartella alle 21,20 ci chiede 'come mai siete venuti in pronto soccorso? Cos'ha il bambino?'. Dopo quasi 5 ore.

La morale di questo racconto qual è? Francamente non lo so, per fortuna noi eravamo lì solo per un piede dolorante ma molte persone erano molto più sofferenti di noi ed erano abbandonate in un corridoio. Perciò la morale chiedo di trovarla e spiegarmela a chi di competenza. 

Volutamente uso la parola 'competenza' e non 'dovere' perché ieri pomeriggio, in quei corridoi, di senso del dovere ne ho visto davvero poco. Ho visto operatori passeggiare lentamente per i corridoi sciabattando in mezzo a barelle con persone sofferenti. Ho visto personale sanitario rassegnato a una situazione apparentemente immutabile che ripete come un disco rotto 'avete ragione, non sappiamo cosa dirvi'. Mio figlio ed io abbiamo atteso 5 ore e soprattutto per mio figlio è stata un' esperienza nuova capire che purtroppo si può anche stare male senza essere assistiti prontamente e a dovere.

Mio figlio ha scoperto che a 82 anni è anche possibile essere dimenticati su una barella per 9 ore con la febbre a 39. Ma a quello stesso mio figlio io non ho nessuna intenzione di far passare il messaggio 'eh ma intanto è così, e non c'è niente da fare'. Per questo, chiedo a chi di competenza di verificare punto per punto la mia descrizione dei fatti e da subito chiedo la cortesia di non nascondersi dietro al guasto informatico perché alcune persone potevano essere assistite subito anche senza l'ausilio di un qualsiasi pc o sistema gestionale. E a queste stesse persone di 'competenza', così come ai loro diretti superiori, voglio dire di prestare molta attenzione; la metto in termini che sicuramente attireranno di più l'attenzione: poiché anche la sanità ormai è soltanto un'azienda che deve fare utili, allora vi dico che state sostenendo dei costi a vuoto che non corrispondono a nessun servizio fornito; state pagando moltissimi dipendenti che sciabattano per i corridoi e fanno a gara a chi va più piano per tirare la fine del turno.

Sono consapevole che non sia corretto fare di ogni erba un fascio perché, sicuramente, c'è anche chi si fa un mazzo così per sopperire a chi invece passeggia ma io ieri ho visto proprio quello. Perciò amministratori attenti ai vostri costi!

E' molto triste parlare di soldi in un ambito in cui la cura, la dedizione l'assistenza la professionalità ed il rispetto per la sofferenza dovrebbero essere i valori principali. La sofferenza non deve essere data per scontata perché tanto il sistema non funziona e non si può fare di più.

E ad ogni operatore sanitario in forza a quell'ospedale dico che anche se non è colpa vostra, voi che siete dentro a quel sistema dovete fare di tutto per correggere quello che non va, ne avete il dovere; e sicuramente sapete muovervi in maniera più diretta e mirata che non un paziente, come sono io, che in questo caso, che può solo scegliere di denunciare fatti anziché tacere.

Spero che chi di competenza faccia subito il necessario per verificare e correggere le procedure che oggi evidentemente non funzionano.

Francesca M."

Lettera firmata

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