Non solo prodotti del territorio, ma anche attività tipiche rientrano nelle De.Co. di Albenga. Tra queste la Pesca al “Ressaggiu”. La ricchezza del territorio di Albenga, infatti, è legata anche al mare.
All’inizio del Novecento i prodotti ittici provenivano dalle altre città vicine ed erano per lo più destinati alle classi agiate. Dopo la fine della Prima Guerra Mondiale, con la ripresa delle attività economiche, alcuni pescatori genovesi, motivati dalla concorrenza, si spinsero con le loro barche sino al mare antistante Albenga ed effettuarono pesche miracolose; evidentemente la scarsa presenza di pescatori locali aveva permesso alla fauna ittica di prosperare in misura notevole tanto che negli anni Venti si trasferirono definitivamente dando vita ad una forma di pesca e vendita completa.
Una parte del pescato di qualità più elevata era destinata ai ristoranti e alberghi cittadini, un’altra parte era consegnata alle donne che al mattino partivano con i carretti e percorrevano le vie della città invitando all’acquisto che ora aveva raggiunto quotazioni più popolari. Un’altra forma di vendita, sempre esercitata dalla componente femminile, era poi costituita dalle postazioni fissi nella piazza delle Erbe del centro storico di Albenga, mentre il pesce in esubero veniva spedito per ferrovia a Genova per il mercato della città.
Subito dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, molti albenganesi si dedicarono come singoli pescatori a questa attività che resterà ancora fruttuosa per tutti gli anni Cinquanta; gli anni Sessanta infatti segnarono un blocco nell’attività della pesca familiare che entra in crisi per svariati motivi.
Intanto l’emulazione dava vita ad un ulteriore fenomeno: il dilentantissimo. Numerosi cittadini scelsero la pesca come attività sportiva e si fornirono di gozzi e attrezzature adeguate tanto da trasformarsi in una vera e propria concorrenza incidendo pesantemente sull’economia dei pescatori.
Una delle tecniche più diffuse tra gli appassionati e che entrò a far parte della tradizione della città di Albenga era la pesca alla “ressaggiu” o alla “rissola”, un affascinante spettacolo che richiamava tanti ammiratori sui marciapiedi del lungomare dove le stessi reti venivano poi messe ad asciugare dopo essere state utilizzate e che trovava alla foce del fiume Centa il luogo ideale per la sua pratica; il tipo di fondale ideale è infatti quello dotato di un fondo sabbioso e con piccole pietre , ostacoli e scogli può infatti far impigliare la rete.
Si pescavano soprattutto branzini che, per la loro natura, spesso si trasferivano dalle acque salate del mare a quelle salmastre della foce.
La pesca con il rezzaglio è una tecnica molto antica; si può pescare sia in mare che in acque interne ed è molto faticosa e per questo motivo non utilizzata per fini commerciali. Ad oggi nella nostra città sono rimasti più pochi appassionati a praticare questo tipo di tecnica, a causa anche della mancata continuità delle nuove generazioni , ma ancora oggi in alcuni momenti dell’anno si possono ammirare diversi pescatori , in particolare provenienti dall’Albania, che si recano alla foce cimentandosi in questa e vera propria arte che richiede disciplina e armonia nei movimenti. In particolare oggi questa tecnica viene utilizzata per procurarsi i pesci vivi da innescare in quanto i pesci non vengono feriti nel momento della cattura.
Questo tipo di pesca è documentato da un dipinto nella Camera del Cervo, nel Palazzo dei Papi di Avignone da Matte Giovannetti in un affresco risalente al 1343.
Il rezzaglio viene anche chiamato giacco (giacchio) o sparviero o campana, a seconda delle località dove si usa ed è una rete di forma circolare con una corda legata al centro, lungo la circonferenza sono presenti dei piombi che favoriscono la rapida caduta verso il fondo e le dimensioni delle maglie si restringono allontanandosi dal centro. La rete viene raccolta accuratamente dal pescatore, viene poi lanciata in acqua con una torsione del busto.
A differenza di altre reti da pesca, infatti, non deve essere calato in acqua, ma lanciato. Un lancio effettuato correttamente fa aprire la rete coprendo la massima superficie e i piombi presenti lungo la circonferenza la fanno affondare fino a toccare il fondo intrappolando i pesci che sono al di sotto. Si utilizza poi la corda legata al centro che forma un sacco attraverso il quale il pesce viene recuperato. La difficoltà di questo tipo di pesca sta proprio nel lancio. Il rezzaglio è di poco ingombro e, per trasportarlo, è sufficiente un secchio di plastica o un sacchetto della spesa. La misura della rete e delle maglie è variabile, a seconda delle località e del tipo di pesce che si vuole catturare. Anche il peso dei piombi varia in base al fondale.