“Se l’ape scomparisse dalla faccia della terra, all’uomo non resterebbero che quattro anni di vita”. A dirlo, in tempi “non sospetti”, fu nientemeno che Albert Einstein, il più importante fisico del XX secolo e padre della celeberrima Teoria della relatività. E, come possiamo immaginare, già a metà Novecento il genio tedesco non era andato tanto lontano dalla verità.
La situazione delle api rappresenta un indicatore dello stato di salute dell’ambiente, oltre che un campanello d’allarme delle eventuali criticità e difficoltà vissute dalla natura intorno a noi. Anche per questo, l’azione degli apicultori è fondamentale, oggi più che mai.
Il 20 maggio di ogni anno ricorre la Giornata delle api, istituita nel 2017 dalle Nazioni Unite per sensibilizzare l'opinione pubblica sull'importanza degli impollinatori, sulle minacce che affrontano e sul loro contributo allo sviluppo sostenibile. E gli impollinatori, si sa, sono fondamentali anche per l’agricoltura e per tutte le attività ad essa connesse: si pensi che oggi, per una certa misura, 3 colture alimentari su 4 (circa il 75% del totale) dipendono, per resa e qualità, dall’impollinazione dalle api. Dati alla mano: in media una singola ape visita circa 7000 fiori al giorno, ma non bisogna dimenticare che ci vogliono quattro milioni di esplorazioni floreali per produrre un chilogrammo di miele. Un lavoro che genera un valore economico stimato in circa 153 miliardi di euro l’anno su scala mondiale, 22 miliardi su scala europea e 3 miliardi su scala nazionale, secondo le stime Coldiretti.
“Il calo delle produzioni nazionali di miele determinato dai cambiamenti climatici – spiegano Gianluca Boeri e Bruno Rivarossa, Presidente di Coldiretti Liguria e Delegato Confederale – ha purtroppo lasciato spazio alle importazioni dall’estero, che nel 2022 sono cresciute del +12%. Si parla di un quantitativo di oltre 26,5 milioni di kg di prodotto, provenienti anche da Paesi che non sempre brillano per trasparenza e sicurezza alimentare”. Secondo l’indagine “From the hives”, realizzato dal Centro Comune di Ricerca (CCR) della Commissione Europea, il 46% dei campioni di miele importati nella UE fra il 2021 e il 2022 (vale a dire quasi 1 su 2) è sospettato di adulterazione. “Il numero in assoluto più alto – continuano Boeri e Rivarossa – viene fatto registrare dalla Cina (74%), con la Turchia che ha la percentuale relativa maggiore di campioni sospetti (93%), mentre il Regno Unito ha registrato un tasso campioni dubbi ancora più elevato (100%)”. In quest’ultimo caso il problema si pone perché, molto probabilmente, si tratta di miele prodotto in altri Paesi e ulteriormente miscelato prima di essere rispedito in Europa. “Uno scenario preoccupante – incalzano – nel confronti dei quale è possibile difendersi attraverso l’acquisto di miele italiano, riconoscibile dalle indicazioni in etichetta, fortemente volute dalla Coldiretti”.
Per supportare la causa legata a questa particolare ricorrenza e sensibilizzare l’opinione pubblica su temi davvero fondamentali per tutti, anche i giovani liguri della Coldiretti – in particolare Stefano Cereseto, titolare dell’omonima azienda agricola di Serra Riccò, in provincia di Genova, e Giulia Montina, dell’Azienda Agricola “Il Poggio del Nonno Piero” di Cisano sul Neva, nella piana di Albenga – si sono mobilitati personalmente, aderendo alla campagna “God save the bees – Meno api meno futuro” e avvicinando all’iniziativa personaggi della politica, della cultura, dello sport e delle spettacolo.
L’apicultura in Liguria
In Liguria oggi la produzione del miele è assai variegata. Nel dettaglio:
· Il miele di acacia arriva a produzioni medie di 14 kg/alveare, con apicultori presenti prevalentemente nell’area della Città Metropolitana di Genova e in provincia di Savona.
· Il miele di castagno presenta nettariferi delle fioriture nelle zone sia interne che costiere dell’intera regione, i quali però sono stati compromessi dalle alte temperature e dal perdurare della siccità. Per questa ragione, l’ultimo raccolto di castagno ha visto rilevate rese comprese tra i 6,5 kg/ alveare e i 13 kg/alveare. I risultati migliori sono stati riscontrati solamente in alcuni areali più umidi, ma si tratta, purtroppo, di eccezioni.
· Il miele di erica è stato particolarmente vessato dal perpetrare della siccità, che purtroppo non ha consentito produzioni rilevanti. Fanno eccezione alcune produzioni site in zone vocate ed estremamente circoscritte, ma che comunque non si attestano oltre 1-2 kg/alveare.
· Il miele di melata, particolarmente atteso in provincia di Imperia, è stato purtroppo compromesso per le alte temperature e la siccità che, da ormai più di un anno, continua a vessare in maniera particolare l’estremo ponente ligure
· Il miele millefiori, diviso in primaverile ed estivo, ha subito sorti non dissimili da quelle delle altre varietà. Nel primo caso, a parte qualche eccezione molto circoscritta, le produzioni si sono attestate in prevalenza tra i 2 e i 4 kg/alveare, mentre nel secondo, a causa del caldo e della siccità che da giugno scorso hanno investito l’intera Liguria, è sopraggiunta una totale assenza di risorse nettarifere per le api, con conseguente necessità di intervenire con l’alimentazione di soccorso e, purtroppo, una produzione inesistente.