Curiosità - 17 ottobre 2022, 12:30

Fai d'autunno, viaggio nel teatro Chiabrera: dal crollo fake del lampadario, l'astrolampo e i murales stile Pin Up (FOTO)

Ci siamo immersi ieri nella struttura storica savonese oggetto di restyling

Fai d'autunno, viaggio nel teatro Chiabrera: dal crollo fake del lampadario, l'astrolampo e i murales stile Pin Up (FOTO)

Un viaggio emozionante e poi salire sul palco, quel palco, il più temuto d'Italia, è stata una sensazione speciale.

Anche noi di Savonanews ieri ci siamo immersi nelle giornate Fai d'autunno che quest'anno vedevano protagonista il teatro Chiabrera di Savona, oggetto per altro, di un restyling che vedrà coinvolta la struttura compreso il ridotto e piazza Diaz.

La storia, esposta con precisione dalle guide savonesi del Fondo Ambientale Italiano, partita l'8 ottobre del 1850, è ricca di curiosità a partire dalla stanza del sindaco e la piccionaia, passando per la leggenda fake legata al crollo del lampadario, l'astrolampo, il sottotetto e i camerini.

La falsa notizia della caduta del lampadario centrale aveva tenuto banco per anni ma era stata smentita in quanto nel 1999 il teatro venne chiuso, riaperto poi nel 2005, per il crollo della volta ottocentesca. La volta era stata completamente recuperata grazie ad un meticoloso intervento dei restauratori che dopo aver raccolto e catalogato frammento dopo frammento (circa 20mila pezzi) l'avevano ricomposta.

La storia dell'astrolampo è tutta da raccontate: nel sottotetto infatti un operaio lo tirava su e riempiva le ampolle d'olio e poi si faceva aiutare dal pubblico per posizionarlo con l'olio che finiva dappertutto in platea creando anche svenimenti, visto che l'olio bruciava l'ossigeno. I pezzi fusi dell'astrolampo sono stati poi utilizzati per le braccia delle luci attualmente presenti.

Attualmente il sottotetto è un'area completamente lasciata a se stessa ma nel passato era uno spazio usato per laboratori di costume, scenografie e dove venivano svolte le prove diventando così una parte attiva del teatro. All'interno è presente lo storico meccanismo utile per srotolare il sipario e alcuni disegni stile "pin up" probabilmente risalenti agli anni '50 (è anche stato realizzato un disegno di un calciatore che tira un rigore).

Sul palco invece, che mette chiaramente un po' di "soggezione" per chi non aveva mai avuto modo di poterlo calpestare, desta curiosità la botola dei suggeritori e il golfo mistico, spazio riservato all'orchestra che suona dal vivo che quando montato, vede rimosse le prime tre file in platea.

I CENNI STORICI

Nell'ancora piccola Savona di metà XIX secolo, circondata dalle antiche mura medievali che separavano il centro storico dai quartieri sulla piana alluvionale, piccola città di provincia dall'aspetto ancora bucolico e decisamente lontano dell'essere una città industriale, sorse l'esigenza di un nuovo teatro che potesse essere al passo coi tempi.

Dopo anni di diatribe e dibattiti inerenti al budget della colossale impresa (stabilito in 90.000 lire del tempo, circa 440.000 euro odierni), l'8 ottobre 1850 il sindaco Giacomo Cassinis diede ufficialmente il via libera alla costruzione. L'edificio sarebbe sorto al di fuori della Porta di San Giovanni, in un luogo denominato Pratino dei De Mari (già acquistato dal Comune) vicino alla tenuta della omonima famiglia, presso l'antica Piazza del Mercato dove dal medioevo si vendevano le primizie della Vallata del Santuario e del Piemonte.

La zona era in grande trasformazione: da semplice imboccatura del cosiddetto Borgo Alto (verso l'attuale Piazza Saffi), ospitante un famoso albergo con cambio dei cavalli, era anche l'inizio della strada che conduceva ad Albisola per la via dei Cappuccini (oggi urbanizzata dal cosiddetto quartiere della Villetta), detta Via della Tagliata elegantemente alberata, sovrastato dal fortilizio dello Sperone e da poco percorso dal nuovo tracciato viario che aveva aperto il “garbasso” (la prima galleria di Savona). Le sovvenzioni arrivarono per 2/3 dai privati che avrebbero usufruito dei posti a sedere (i cosiddetti “palchettisti”), in quanto l'edificio sarebbe stato il luogo dello sfoggio della nobiltà e dell'alta borghesia savonese.

Il Comune contribuì con 38.000 lire, mentre i palchettisti – veri e propri azionisti – con 1300 lire per il primo piano, 1800 nel secondo e 900 per il Paradiso o Loggione, da pagarsi in 6 rate semestrali, con obbligo del Comune di mantenere inalterato il privilegio dei palchetti nominali per vent'anni (nel 1883, pur tra numerose polemiche, il Comune infatti rimborsò il dovuto e cambiò il sistema della gestione in concomitanza con i lavori di restauro). Il Comune si obbligava a tenere aperto il teatro per due stagioni annuali, melodrammatiche e drammatiche, non inferiori a 30 rappresentazioni per categoria. Il Regno di Sardegna bandì così il concorso a cui parteciparono decine di architetti con progetti anche avveniristici (uno, ispirato al Carlo Felice, contemplava non meno di 1200 posti). A realizzare il progetto però fu l'architetto messinese Carlo Falconieri (già realizzatore del teatro della città natale e di lì a poco responsabile della trasformazione degli Uffizi in...parlamento del nuovo Stato).

Dopo tre anni di lavori, sebbene a gestire i lavori ci fosse l'architetto savonese Giuseppe Cortese, apparve evidente che le 90.000 lire stimate all'inizio erano insufficienti. A fine opera il costo complessivo dell'impresa (comprese le rifiniture artistiche) lievitò a 440.000 lire. Il 1° ottobre 1853 l'Attila di Verdi diretto da Luigi Fabbrica (dell'Accademia Filarmonica di Torino) e interpretato dal tenore piacentino Carlo Negrini inaugurò l'apertura, dando il via alla stagione ottocentesca prettamente legata all'Opera con il Machbet di Verdi e il Poliuto di Donizetti. Nel corso del tempo il teatro ospitò, nel “palco della corona” - oggi palco del sindaco – numerose personalità importanti. Tra questi: il generale Morris nel 1859 diretto ai campi di battaglia lombardi come comandante della cavalleria imperiale francese, la regina di Spagna (moglie di Amedeo I) nel 1871, il ministro Urbano Rattazzi, il maresciallo d'Italia Enrico Caviglia. Il teatro fu anche un centro fondamentale di aggregazione sociale e culturale. Numerosissimi furono i dibattiti politici, le conferenze e le celebrazioni che lo videro come protagonista.

La celebrazione del 1° maggio culminava di solito nella piazza del teatro e nel teatro fu battezzata la Società Progressista degli Operai di Savona nel 1853. Carlo Falconieri era molto apprezzato dai contemporanei e si trovava a vivere a Torino in quanto rifugiato politico, avendo partecipato alle rivolte antiborboniche nel 1848. Il suo stile lo portò ad essere convocato a Buckingam Palace e appunto nella nuova capitale Firenze dove riadibì il Salone de'Cinquecento e il Teatro Mediceo a sede delle Camere del Parlamento. Falconieri optò per una struttura dall'impianto spiccatamente neoclassico, alto 27 metri e profondo 57, con doppia linea di colonne doriche, la prima vero e proprio porticato, la seconda inserita nella maestosa vetrata dietro la quale era il “ridotto” del teatro, luogo di svago e socialità della borghesia savonese (feste private, eventi culturali, ecc.) a cui si accedeva da un lungo corridoio decorato con boiserie in legno e culminante in un piccolo bar al passo con la moda dei tempi. Per un centinaio d'anni fu sede del Casino di Lettura. Le Sculture sulla facciata rappresentano i numi tutelari del teatro e dell'opera italiana: sui due piedistalli: "Carlo Goldoni" e "Vittorio Alfieri", dello Scultore Santo Varni. Nelle due nicchie: ""Metastasio"" e "Gioacchino Rossini", dello Scultore Antonio Brilla. Nel timpano del frontone è l'altorilievo "Gabriello Chiabrera presenta il Poema "Amadeide" al Duca Carlo Emanuele I di Savoia", dello Scultore Antonio Brilla. Sopra la cornice del frontone, "Apollo Citaredo" dello Scultore Giovanni Battista Frumento. Dal pronao si accedeva tramite tre porte all'atrio, con biglietteria e caffé.

La grande sala all'italiana permetteva di ospitare circa 700 persone, distribuite su 4 ordini, i primi tre dei quali appunto palchetti e una “piccionaia”, resa possibile dall'abbattimento delle paratie. L'architrave dorato sovrastante il palcoscenico e le 4 colonne corinzie sono ispirate al San Carlo di Napoli. Il palcoscenico era profondo 17 metri e mezzo per 25,30 di larghezza. Il boccascena era chiuso da un sipario all'italiana che veniva srotolato dall'alto con grande cautela e che iniziava a mostrare gli attori dai piedi. Per le decorazioni furono assoldati diversi decoratori. Gaetano Borgo Caratti di Mondovì dipinse una meravigliosa apoteosi di Chiabrera sul sipario, il cui bozzetto per molti anni era conservato nel Palazzo Comunale. Borgo Caratti commentò così il soggetto: «I poeti più rinomati che stanno ascoltando il canto di Apollo ed in mezzo ai poeti il Chiabrera che sta ispirandosi nella divinità». Un ulteriore omaggio al Pindaro di Savona, vero protagonista dell'edificio che tramite la gloria passata del suo poeta voleva reimporsi all'attenzione del Regno di Sardegna (di lì a poco Regno d'Italia) come città strategica. Sempre Borgo Caratti disegnò la volta con figure a spicchi e medaglioni in stile etrusco, realizzata di fatto dal Danielli (già operante a Villa Pallavicini di Genova Pegli). Dopo tre anni di lavori, sebbene a gestire il cantiere ci fosse l'architetto savonese Giuseppe Cortese, apparve evidente che le 90.000 lire stimate all'inizio erano insufficienti. Nel 1954 iniziò un delicato e lungo restauro che si concluse solo nel 1963 grazie al quale furono rimossi i palchetti, sostituiti dalle balconate. Il tetto è costituito da una serie di capriate di legno debitamente restaurate contro l'attacco degli agenti organici, cui sono state aggiunte un'intirantatura costituita da barre metalliche che ne riducono le forze agenti sugli elementi di supporto senza però intaccarne il disegno estetico.

COSA E' STATO SCOPERTO DALLE GIORNATE FAI?

Una visita tra le sfavillanti luci della ribalta che hanno fatto brillare generazioni di attori, cantanti, ballerini, politici e regine (re no, perché Vittorio Emanuele II aveva fretta di abbracciare la Bella Rosìn e ha frettolosamente abbandonato Savona snobbando la festa a lui dedicata...). Il Teatro Chiabrera è davvero il tempio delle muse, non solo perché ricorda un piccolo Partenone con quelle colonne doriche e ioniche e il timpano a svettare sulla piazza, ma soprattutto in quanto l'atmosfera regale del suo salone ' un po' San Carlo di Napoli, un po' coffee house all'inglese ' sembra ancora riecheggiare delle arie di Verdi, Mascagni, Puccini alla loro 'prima' esibizione in città, dei valzer e delle mazurke che accompagnavano i veglioni notturni dell'alta borghesia ottocentesca, della dizione e del pathos dei vari Albertazzi, Fo, De Filippo, Valli, Falck, Randone che calcarono le scene in stagioni fenomenali da tutto esaurito. Teatro di grandi esordi, come quello di Renata Scotto, e di grandi flop (ne sapeva qualcosa Filippo Tommaso Marinetti, bersagliato dalle primizie delle campagne savonesi...), luogo magico dove il debutto in società non era solo un vezzo ma un'investitura ufficiale in taffetà, il pettegolezzo un faceto passatempo tra un atto e l'altro di un dramma strappalacrime e in cui la signorilità si misurava ' borderò alla mano ' dalla vicinanza del proprio palchetto a quello reale.

Ma anche importante fulcro politico di una città che da semplice borgo medievale marinaresco diventò nel giro di pochi anni una strategica fucina industriale; per facchini, operai e contadini il teatro non era solo il 'posto' dove vedere Violetta, Madama Butterfly o Lady Machbet, ma il punto dove culminavano o partivano le sfilate del 1° maggio, dibattevano i leader delle correnti che si contendevano le elezioni, si infervoravano gli animi in convegni su scottanti temi di attualità.

La visita a cura del FAI Giovani di Savona, snodandosi dal foyer ai camerini, dalla piccionaia ai 'dietro le quinte' più suggestivi (e normalmente non visitabili), ripercorrerà gli ultimi 150 anni di storia della città a partire proprio da come questa si è svolta all'interno del teatro, mentre compagnie e orchestre facevano sognare in serate indimenticabili, in uno straordinario equilibrio sospeso tra palco... e realtà.

Luciano Parodi

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