Un coniglio morbido morbido, con lunghi baffi setosi e un pelo da far invidia a un visone, si ammirava nello specchio di Camilla, la sua padroncina.
Lo specchio era una tenue cornice rosa antico, di forma ovale, con sbuffi a nuvoletta che debordavano nella luce smagliante del quarzo che la mamma puliva ogni giorno.
E Camilla era la bimba più cara, più buona, più attenta alla sensibilità altrui che si sarebbe potuto immaginare.
Camilla era un tutt’uno con la cameretta, così come lo specchio era parte di quell’armonica creatura che la cameretta, sempre viva e ricolma di gridolini ed esclamazioni, rappresentava.
Il rosa dominava sovrano, completato dal verde dei sogni e dal blu dei pensieri della bimba e dei suoi giocattoli, di cui il coniglio era il preferito.
E già, perché il coniglio sembrava proprio vero, ma in realtà era di peluche.
Lo si poteva indovinare solo fissandolo negli occhi: troppo lucidi, un po’ vitrei, forse un po’ finti, rispecchianti un pensiero proteso ad essere qualcosa che non si è, più che qualcosa che non si ha.
E già, perché il coniglio pareva non cogliere l’armonia giocosa e gioiosa della cameretta di Camilla, pareva non vederla, non percepirla, non indossarla come un abito della festa, così come gli altri giocattoli facevano.
Il coniglio era sempre triste, depresso, scontento, irritabile, scontroso e anche un po’ barbogio.
E già, perché lui, il coniglio di peluche, ambiva a essere un coniglio vero.
Lui, Dado, con il pelo più morbido di un visone, con i baffi a vibrissa più imponenti di un re ottocentesco, con le orecchie più ritte delle antenne televisive, in realtà era solo di peluche, in lui non palpitava vivo un cuore ricco di sentimento, ma soprattutto lui non poteva spostarsi, saltare come un leprotto, correre come una lepre, rosicchiare come un topolino, in una parola muoversi.
E tutto ciò lo faceva star male, lo faceva piangere e disperare : la notte, quando Camilla dormiva e la cameretta smetteva di vivere d’armonia e di gioia, il coniglio cominciava a rimuginare, a commiserarsi, a disperarsi, a cercare invano di cambiare posizione sul letto della bimba, a muoversi da sotto le coperte ove lei, ogni sera, invariabilmente, lo collocava, a sottrarsi all’amorevole abbraccio di quel braccino paffuto e all’incessante carezza di quella tenera manina appoggiata dolcemente tutta la notte su di lui.
E più provava e più si deprimeva: la frustrazione e la prostrazione dell’essere di peluche erano ormai insopportabili per il coniglio, tanto da votarsi l’anima al diavolo.
E il diavolo, sempre attento ai pensieri perversi delle creature, non si fece attendere, non tardò ad apparire al coniglietto di peluche.
“Ti ho sentito piangere e ti ho sentito chiamarmi” disse il diavolo al piccolo coniglio con una voce cavernosa e spaventosa; “Eccomi, sono qua per esaudire ogni tuo desiderio, ovviamente in cambio della tua anima”; “Non avere paura di me”, aggiunse il diavolo, “Il diavolo, spesso, non è come lo si dipinge”, sogghignò ancora il diavolo.
Il coniglio tanto era spaventato dall’orribile e spaventosa figura che aveva davanti, tanto era determinato a chiedere la magia della sua vita.
Si prendesse pure l’anima quel diavolaccio, ma prima gli facesse vivere un giorno da leone, anzi da coniglio!
Lui, infatti, ogni notte sperava di trasformarsi in un coniglio in carne e ossa, sangue e pelliccia, e ora era l’occasione divenuta realtà, non poteva lasciarsela sfuggire!
“D’accordo”, disse il coniglio tremebondo, “esaudisci il mio desiderio di divenire vivo e poi potrai prenderti la mia anima!”
Con una spaventosa risata il diavolo sparì alla vista del coniglio, ma lui…… quale stupenda magia era avvenuta! I suoi occhi roteavano nella stanza di Camilla, i suoi baffi sentivano il cuscino e sopra questo il profumato alito della bimba che dormiva, le sue zampe si contraevano e si muovevano, le sue orecchie sentivano il din don delle campane che battevano le ore.
Al coniglio pareva di impazzire per la gioia: con un balzo si sottrasse all’abbraccio di Camilla, con un altro saltò sul pavimento e cominciò a ballare, ballare, danzare una danza frenetica che, ahimè, somigliava tanto a un sabba notturno alla luce della luna.
La felicità lo pervadeva, il pelo era ritto, i suoi denti cercavano di rodere ogni cosa, i teli del letto, il tappeto, la bambola Amelia, la tenda; il coniglio era zeppo di orgoglio e lo specchio, alla luce lunare, gli rimandava una immagine di sé giovane, vitale, piena di forza e di fierezza.
Dopo ore di questa frenesia, il coniglio si fermò un attimo per rimirarsi nello specchio un’altra volta: ma gli si ghiacciò il sangue nelle vene!
Dietro di sé, una orrenda figura rosso sangue, cornuta e pelosa, sogghignava biecamente: in una mano aveva uno spiedo acuminato e nell’altra rosmarino e patate!
Il coniglio non fece in tempo a riflettere un istante che – zac!- era già infilzato allo spiedo e rosolava con il rosmarino in bocca sul fuoco che usciva dalla bocca del diavolo!
Il coniglio di peluche si risvegliò tutto madido di sudore: che incubo aveva avuto!
Per fortuna la tenera manina di Camilla lo cingeva a sé sul cuscino e la bimba sorrideva felice stretta a lui.
Quanto Amore vi era intorno a lui! Camilla, la mamma, il papà, la bambola Amelia, la cameretta tutto trasudava Amore, tutto cantava lodi e inni alla gioia, tutto era immagine di armonia e felicità.
Quanto Amore, lui, il coniglio di peluche riceveva da quell’ambiente!
Mentre si stava riprendendo dallo spavento e mentre godeva delle amorevoli sensazioni intorno a lui, Camilla si svegliò e gli disse, aprendo gli occhioni scuri :”Grazie coniglietto Dado, grazie per stare sempre vicino a me, grazie per l’Amore che mi dai!”
E già, non ci aveva mai pensato! Anche lui poteva non solo ricevere Amore, ma anche dare Amore!
E questa consapevolezza lo faceva sentire vivo, più vivo che mai, lo faceva sentire leggero, tanto che non solo poteva muoversi, ma addirittura volare!
Tratto da: "I sogni dei bambini. Tracce archetipiche nelle immagini della notte", di Elvezia Benini e Cecilia Malombra, collana "Psicoterapie", Franco Angeli Editore.
GLI AUTORI:
Elvezia Benini, psicologa, psicoterapeuta a orientamento junghiano, specialista in sand play therapy, consulente in ambito forense, già giudice onorario presso la Corte d'Appello di Genova. Autrice di numerose pubblicazioni a carattere scientifico.
Cecilia Malombra, psicologa clinica, specializzanda in criminologia e scienze psicoforensi, relatrice in convegni specialistici per operatori forensi e socio-sanitari. Autrice di pubblicazioni a carattere scientifico.
Giancarlo Malombra, giudice onorario presso la Corte d'Appello di Genova sezione minori, già dirigente scolastico, professore di psicologia sociale. Autore di numerose pubblicazioni a carattere scientifico.
Associazione Pietra Filosofale
L’Organizzazione persegue, senza scopo di lucro, finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale mediante l’esercizio, in via esclusiva o principale, delle seguenti attività di interesse generale ex art. 5 del D. Lgs. 117/2017:
d) educazione, istruzione e formazione professionale, ai sensi della legge 28 marzo 2003, n. 53, e successive modificazioni, nonché le attività culturali di interesse sociale con finalità educativa;
i) organizzazione e gestione di attività culturali, artistiche o ricreative di interesse sociale, incluse attività, anche editoriali, di promozione e diffusione della cultura e della pratica del volontariato e delle attività di interesse generale di cui al presente articolo;
k) organizzazione e gestione di attività turistiche di interesse sociale, culturale o religioso;
In concreto l’associazione, già costituita di fatto dal 27 gennaio 2016 e che ha ideato e avviato il concorso letterario Pietra Filosofale di concerto con l'amministrazione comunale, intende proporsi come soggetto facilitatore, promuovendo e stimolando proposte di cultura, arte e spettacolo sul territorio, organizzazione di eventi culturali e/o festival, ideazione e promozione di iniziative culturali anche in ambito nazionale, costruzione, recupero e gestione di nuovi spazi adibiti a luoghi di Cultura Permanente, anche all’interno di siti oggetto di riqualificazione e/o trasformazione quali ad esempio l’ex Cantiere Navale di Pietra Ligure, come già attuato nel 2018 presso la Biblioteca Civica di Pietra Ligure, ove ha curato un percorso specifico di incontri dedicati alla salute e al benessere attraverso il progetto “Il sogno in cantiere": il sogno, in onore e ricordo del cantiere navale che un tempo a Pietra Ligure ha dato vita a tante navi che sono andate nel mondo, vuole ritrovare nel “Cantiere” il luogo di cultura permanente dove poter trascorrere un tempo dedicato al pensiero del cuore, per nutrire l'anima con letture, scrittura creativa, musica, conferenze, mostre.
La “Filosofia dell'associazione” è quella di ridare vita al "Cantiere" in una nuova forma e in un nuovo spazio, ma con lo stesso intento di progettare e costruire "mezzi" speciali, per poter viaggiare con l'immaginazione, strumento di fondamentale importanza per creare spazio e tempo migliori in cui vivere.
L'Associazione vuole favorire l'alchimia di differenti linguaggi, promuovendo spazi di arte, cultura e spettacolo, convogliando le energie nascoste, rintracciando il messaggio archetipico attraverso la narrazione, tentando di recuperare i meandri del proprio Sé, per creare momenti di incontro, scambio e ascolto e per gioire dell'Incanto della Vita. L'aspetto narrativo si è già concretizzato nel 2016 attraverso l'esperito Concorso letterario sulla fiaba; la fiaba è metafora di vita: se il suo linguaggio è ricco e articolato, anche la vita, di conseguenza, sarà ricca e articolata, capace, come per i personaggi delle fiabe, di conservare una nicchia di libertà che faccia considerare l'alterità, l'altro, come un patrimonio da tesaurizzare. L'intento è quindi quello di compiere il “varo” di un “Festivalincantiere” quale contenitore di numerose iniziative, in primis il recupero del concorso letterario sulla fiaba, per poter consentire di viaggiare con l'immaginazione, strumento di fondamentale importanza per creare uno spazio e un tempo migliori in cui vivere e per offrire al Comune l'ampliamento della propria visibilità culturale sia a livello locale sia nazionale e oltre.
«I luoghi hanno un'anima. Il nostro compito è di scoprirla. Esattamente come accade per la persona umana.» scrive James Hillman
La triste verità è che la vera vita dell'uomo è dilacerata da un complesso di inesorabili contrari: giorno e notte, nascita e morte, felicità e sventura, bene e male. Non possiamo neppure essere certi che l'uno prevarrà sull'altro, che il bene sconfiggerà il male, o la gioia si affermerà sul dolore. La vita è un campo di battaglia: così è sempre stata e così sarà sempre: se così non fosse finirebbe la vita. (C.G.Jung, L'uomo e i suoi simboli)
Pedagogia della fiaba
La fiaba è metafora di vita: se il suo linguaggio è ricco e articolato, anche la vita, di conseguenza, sarà ricca e articolata, capace, come per i personaggi delle fiabe, di conservare una nicchia di libertà che faccia considerare l'alterità, l'altro, come un patrimonio da tesaurizzare e non come un competitor o peggio come un diverso stigmatizzabile in minus da omologare coercitivamente.
"L'aspetto linguistico così intenso ed evocante contesti e costrutti, spesso caduti nell'oblio, è il necessario contenitore, è la pelle del daimon che consente a ciascuno di riappropriarsi di conoscenza e di dignità, ricordando a tutti e a ognuno che l'ignoranza è la radice di tutti i mali". (Giancarlo Malombra in "Narrazione e luoghi. Per una nuova Intercultura", di Castellani e Malombra, Ed Franco Angeli).