Scrive alla nostra redazione il professor Flaviano Carpenè, docente di lettere e vicepreside nelle scuole secondarie di primo grado (ex scuole medie inferiori) di Finale Ligure.
Nelle sue parole, un racconto dettagliato della situazione di chi vive oggi a Rialto. Una serie di problemi iniziati a novembre del 2019 con l'ondata di maltempo e che proseguono tuttora con le limitazioni alla viabilità.
"Novembre 2019. Rialto, alta val Pora, profondo entroterra ligure, paese di poco più di 500 anime, case sparse quasi tutte sulla sponda idrografica sinistra della valle, nessun agglomerato centrale, una sola provinciale la N.17 che collega, insieme alle strade comunali, le tante minuscole frazioni.
Notte, 23 novembre, ore 23.04, uno scarno comunicato sms da parte del sindaco annota: "Attenzione... strada provinciale 17 chiusa nel tratto tra Cà dei Moi e bivio Alpe, causa cedimento dell'intera carreggiata."
Piove a dirotto da circa quindici giorni il terreno è saturo d'acqua. Aspettarsi qualche piccola frana è normale, è già successo in passato, sono 28 anni che vivo qua, nel silenzio in prossimità dei boschi, ne ho viste diverse, ma tutte abbastanza risolvibili in breve tempo. Cercherò di capire domani l'entità del danno ...
Notte, 24 novembre ore 01.30, sono a letto, solo, sento bussare, piove ancora, è la Protezione civile con il sindaco che mi consigliano di spostare la macchina, sta franando via Scotti: la strada che porta a casa mia. Se non voglio rimanere bloccato con la mia auto devo portarla via. Cerco di svegliarmi. Sono un po' lento, non capisco, cosa sta succedendo? Porto l'auto sulla provinciale 17, che non esiste più, ma lo capirò il giorno dopo... I vigili del fuoco e il sindaco mi dicono, sotto l'acqua che cade ininterrottamente, che devono far evacuare i miei vicini, c'è il rischio che la casa crolli insieme alla strada.
Ma come è possibile? Da tanti anni che stiamo qua non è mai successo nulla... Il Sindaco incalza: la strada, la SP 17 non c'è più! Probabilmente anche questa via non ci sarà più. La strada che porta a casa mia sprofonda.
Torno a casa con la gola secca dallo spavento e dalla tensione di questi momenti, sono le due e mezza del mattino. Piove.
Mattina. h.8.00. Piove ancora. Esco. Cammino a ritroso lungo la stretta strada che porta da me e comincio a rendermi conto delle profonde spaccature e crepe del manto stradale, cominciano ad occhieggiare le bandelle biancorosse dei divieti di transito. Oggi fanno parte stabile, purtroppo, del paesaggio che ci circonda. Voglio vedere la SP 17 e quello che è rimasto.
Dopo la familiare curva della Fulvia, quella stretta curva che percorro almeno due volte al giorno, la provinciale sprofonda, oserei dire nell'abisso, nel versante fangoso e liquido con pezzi di asfalto trascinati nella gigantesca “voragine”. Così verrà chiamata da tutti. Tanto per dare l'idea della desolazione.
Scatto una foto, ma scatto una foto anche alla voragine che si apre nel mio cuore, al vuoto delle parole che non si trovano e all'eco della domanda che nasce: "...e ora ?"
Il disastro, la sciagura, il dolore che spesso vediamo in TV o sul web, storie delle quali siamo solo spettatori, oggi ci trovano, nostro malgrado, protagonisti, ma, soprattutto, vittime sempre più consapevoli che la nostra vita da un momento all'altro subirà una profonda mutazione.
Anche la prosecuzione della provinciale che porta alla frazione Cheirano e ritorna verso il fondovalle è franata, la sensazione di essere in trappola è tangibile in tanti.
Avviso la mia famiglia, non so come spiegarlo, ho un nodo in gola. Qualcosa nella nostra vita dovrà cambiare e non si tratterà solo di andare a piedi anziché in macchina, ma di una vita che cambia e di unità familiare. Dalla mia casa non vado via di certo.
Febbrili sono i contatti tra amministrazione e Enti competenti, circa duecento persone sono isolate, le frane si muovono e non è ancora finita l'emergenza. L'acqua è dappertutto, i ritani sono gonfi all'inverosimile, i sentieri, diventati ruscelli, riversano sulle strade le enormi quantità di pioggia che trasudano dai terreni a fasce.
Ci sono molti anziani a Rialto e ci si interroga sugli eventuali soccorsi, sento dire che il Prefetto vorrebbe far evacuare i duecento isolati, ma la nostra giovane sindaca si assume la responsabilità di poter gestire il passaggio delicato della frana che precede la località Cheirano.
C'è un varco ...(direbbe Montale…)
E nel varco, con grande circospezione, prima che tutto frani passiamo con le auto, prima però avviso mio figlio del rischio (forse un estremo saluto...) in realtà si riesce a passare ancora bene, ma il movimento franoso è in atto, passiamo consci (mah... ?) del pericolo. L’auto qui è indispensabile per molte cose: il lavoro e la mobilità necessaria alla vita quassù. Rialto non ha negozi, l’autobus fa quel che può.
Non è una novità: l’entroterra, la montagna italiana appenninica ed alpina vive un isolamento decennale: pochi se non nulli i servizi, zero negozi, scuole chiuse da anni, presidi medici inesistenti, qui per comprare un giornale e far la spesa occorre fare almeno dodici chilometri, per fortuna dopo tante lotte, arriva un’ ibrida connessione internet tra fibra e doppino telefonico, ovviamente funziona un solo gestore. Ma va beh…
Si sente parlare sempre più spesso di spopolamento della montagna italiana, dell’abbandono del territorio e delle conseguenze annesse a tutto questo, del rischio idrogeologico, della mancanza di un progetto come Paese Italia per la messa in sicurezza di un territorio meraviglioso, ma delicato e fragile, ebbene, signori, eccolo qua!
Nascono la consapevolezza e la paura che per un paese piccolo e senza soldi come Rialto e un Paese Italia oppresso da un debito gigantesco come il nostro, sia davvero difficile trovare risorse per ricostruire strade e permettere alle persone di ritornare alle proprie case. Diciamo che questo è il pensiero dominante che non ci abbandono neppure oggi.
Ma l’altro pensiero che alberga nei cuori di tutti è quello che la burocrazia sicuramente metterà i bastoni fra le ruote per una ricostruzione rapida, Non sarà facile, siamo in Italia e già abbiamo avuto le prime avvisaglie, laddove il buon senso suggerirebbe un intervento rapido, ci si scontra con il non senso delle mille competenze sovrapposte, delle carte che devono dirimere le responsabilità, delle tante leggi che sovente avviluppano, amareggiano, appesantiscono le fatiche di chi vorrebbe fare qualcosa per alleviare disagio e sofferenza.
Insomma, con questi neri pensieri nella testa, inizia dal 24 novembre la condizione di “isolati” per non farci mancare nulla dopo qualche giorno giunge notizia che anche l’acqua non è potabile (cosa che sarà risolta in pochi giorni…) Il morale si affossa.
Auguriamoci che, per quanto piccolo, Rialto non sia dimenticato dalla gente e dalla politica, un augurio a chi ha vissuto i terremoti, ben più gravi delle nostre frane e che dai politici ha ricevuto promesse non mantenute, abbandonando case e affetti, di queste persone noi non vogliamo dimenticarci".