Attualità - 24 gennaio 2019, 18:30

Che fine faranno gli italiani in Regno Unito? Ecco come fare domanda per restare dopo la Brexit

Il parlamento britannico è in stallo, il governo ha le mani legate e Brexit Day si avvicina. Tra l’isteria delle aziende e dei mercati ed il caos della politica, io, cuneese in Inghilterra da ormai tre anni, sono tranquillo

Che fine faranno gli italiani in Regno Unito? Ecco come fare domanda per restare dopo la Brexit

Il parlamento britannico è in stallo, il governo ha le mani legate e Brexit Day si avvicina. Tra l’isteria delle aziende e dei mercati ed il caos della politica, io, cuneese in Inghilterra da ormai tre anni, sono tranquillo.

Brexit Day, 29 marzo, è alle porte. Ma il parlamento britannico ha rifiutato di ratificare il trattato che il Primo Ministro Theresa May aveva negoziato con Michel Barnier della Commissione Europea, anche se non sembra esserci una maggioranza per un’alternativa. Di questo passo, il Regno Unito potrebbe uscire dall’Unione Europea senza un accordo, con conseguenze economiche e geopolitiche potenzialmente devastanti. Gli uffici sono già ingolfati dalle richieste di cittadinanza britannica da parte degli europei aventi diritto, mentre quelli irlandesi dalle richieste degli inglesi che vogliono mantenere il diritto di lavorare e studiare nell’Unione Europea dopo Brexit.

Tuttavia, come cittadino italiano, non sono per nulla preoccupato per la mia permanenza su quest’isola. “L’Ufficio di Casa” - come gli inglesi chiamano il loro ministero dell’interno - aveva annunciato già al finire del 2017 che i cittadini UE arrivati in Regno Unito per motivi di studio o di lavoro prima di Brexit avrebbero potuto mantenere i loro diritti (come ingresso senza visto, welfare, istruzione, sanità, etc.) come se niente fosse attraverso una specie di registrazione online, chiamata EU Settlement Scheme. Chi avesse vissuto in Gran Bretagna per più di cinque anni entro il 2020, avrebbe ricevuto il cosiddetto Settled Status (la residenza ufficiale), chi invece per un periodo più breve - come nel mio caso -, avrebbe ottenuto un permesso provvisorio, il Pre-Settled Status, fino al raggiungimento di cinque anni, dopo il quale lo si sarebbe potuto convertire.

Nel frattempo, i negoziati tra UK e UE subirono molte battute d’arresto, aumentando clamorosamente il rischio di una no deal Brexit (uscita senza accordo, trattato). Fu questo che spinse il Ministro dell’Interno Sajid Javid due mesi fa a rassicurare che il servizio di registrazione per i circa 5 milioni di cittadini UE residenti in Regno Unito senza cittadinanza britannica, di cui approssimativamente 120.000 italiani, sarà disponibile anche in questo scenario.

E così è. Questa settimana (21 gennaio 2019) il governo ha aperto il portale per il EU Settlement Scheme, con oltre due mesi d’anticipo. L’app necessaria a verificare la propria identità per poi continuare la richiesta sul sito del ministero è stata aggiunta all’App Store. Tutti coloro che desiderano restare dopo Brexit dovranno presentare domanda entro il 21 luglio 2021 - eccetto gli irlandesi, che dagli anni ’90 hanno con la Gran Bretagna una specie di piccolo Schengen. Se un cittadino UE non riuscisse ad avviare questa procedura entro la scadenza, verrebbe automaticamente deportato.

Io ho deciso di fare domanda appena il servizio è stato messo online. Inizialmente ero un po’ titubante avendo letto diversi titoli di giornali labouristi che accusavano il governo di rendere questa burocrazia la più complicata possibile per fare in modo che molti europei, presi dalla disperazione, lasciassero semplicemente il paese. Lunedì l’ascoltatissima radio LBC aveva pubblicato sul suo sito il video di un uomo italiano in preda al panico dopo che non è riuscito a richiedere il Settled Status usando tre telefoni diversi. Parrebbe infatti che Apple non abbia dato l’autorizzazione allo sblocco di un chip necessario per il funzionamento dell’app, mentre Android più vecchi non posseggono la tecnologia necessaria.

Non ero dunque stupito dal fatto che l’app, che si chiama EU Exit: ID Document Check, non compariva sul mio iPhone. Mi sono fatto fatto prestare un cellulare Android da un mio amico, che per fortuna aveva appena comprato un modello nuovo. Una volta installata, l’app dà indicazioni esaustive su come proseguire: bisogna appoggiare il telefono sul proprio passaporto chiuso e tutte le informazioni vengono prelevate virtualmente. Per verificare di essere il vero detentore del passaporto, si devono poi fare un paio di selfie e un face scan.

Dopodiché la procedura continua sul sito del Ministero dell’Interno a cui l’app e un’email reindirizzano (https://www.gov.uk/apply-stay-uk-leaves-eu-test-phase?step-by-step-nav=0c79b832-75de-4854-8154-d62774a8dfb8). Si accede al portale scrivendo il numero del passaporto, la data di nascita e un codice di verifica inviato via SMS direttamente al proprio telefonino. Il primo step è quello di dichiarare che tipo di permesso si vuole richiedere, Settled Status o Pre-Settled Status. In seguito si pagano con carta di debito i diritti d’ufficio, 65£ (32.5£ per i minori di 16 anni), anche se il Primo Ministro ha annunciato martedì che essi verranno aboliti il 30 marzo e chi avesse già fatto domanda verrà rimborsato. Infine, ci sono una serie di semplici dichiarazioni, come quella sulla propria fedina penale, e si allegano dei documenti che comprovano la propria residenza in Regno Unito e per quale periodo di tempo, ad esempio il codice fiscale, una dichiarazione dei redditi, l’iscrizione a scuola o all’università, delle bollette, un contratto d’affitto, un estratto conto e così via. Il tutto non dovrebbe durare più di mezz’ora.

Chi non abbia accesso a questa tecnologia o non sia in grado di usarla dovrà spedire tutti i documenti - incluso il passaporto - al Ministero dell’Interno. Il processo potrebbe però essere più lungo e costoso.

Inoltre, dal 30 marzo, il EU Settlement Scheme verrà aperto ai cittadini di tutta l’Area Economica Europea (incluse Norvegia, Islanda e Liechtenstein) e della Svizzera. Per coloro che invece vorrebbero trasferirsi in Regno Unito dopo Brexit, la situazione è più complicata: il ministero ha confermato che la “libertà di movimento” dell’UE finirà nel 2021 (o il 29 marzo se non si trova un accordo) che significa che per lavorare o studiare ci vorrà un visto.

Le regole di immigrazione della nazione per i paesi non-UE sono tra le più stringenti al mondo: si deve dimostrare di guadagnare almeno 35.000£ all’anno per non diventare un peso per i cittadini (ci sono eccezioni in base al fabbisogno di lavoratori in alcuni settori). Contrariamente all’Italia, nessun tipo di sussidio è disponibile per gli immigrati finché non si ottiene il Settled Status, quindi, ad esempio, uno dei prerequisiti per ottenere un visto dal proprio paese é una comprensiva assicurazione sanitaria per la durata della propria permanenza. Sta sempre all’immigrato dimostrare di essere in regola esibendo prontamente documenti dal paese di origine (come un passaporto) e i visti, non gli viene data nessuna “carta d’identità” come invece avviene in Italia. Deportazioni per sconfinamenti clandestini o condanne per reati penali sono all’ordine del giorno e i trasgressori vengono banditi dal Regno Unito per almeno 10 anni. Queste sono le regole che verranno applicate anche all’UE.

Come italiano in Inghilterra, sono soddisfatto del trattamento che ho ricevuto da questo governo. Ora attendo la conferma della mia richiesta. Sono tuttavia frustrato dal fatto che la Commissione Europea sia stata molto più noncurante, vaga e schiva riguardo ai diritti dei cittadini britannici in Europa e ha lasciato ai singoli paesi la mansione di registrare 1.3 milioni di persone, di cui 70.000 in Italia, creando inevitabilmente discrepanze tra di loro. Anzi, in paesi federali come la Germania, ogni singola regione avrà sistemi diversi. In altre nazioni, come la Spagna, non si sta preparando nulla. A parer mio, è uno scandalo ed è segno di grande ingratitudine da parte della Commissione Europea - che dovrebbe rappresentarci tutti - nei confronti di un paese che non ha battuto ciglio e ci ha trattato come connazionali in un momento tumultuoso come questo.

Nicola Gambaro

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