- 15 gennaio 2019, 12:22

Leonardo Mazzarotto, il violinista-attore della Compagnia del Cigno: "Sì, Paganini pioniere delle rockstar"

Il violino, il fascino di Paganini, lo studio, la recitazione: Leonardo Mazzarotto, il giovane musicista tra i protagonisti della fiction Rai diretta da Ivan Cotroneo, si racconta (INTERVISTA)

Leonardo Mazzarotto in "La Compagnia del Cigno"

Leonardo Mazzarotto in "La Compagnia del Cigno"

Il tormentato Matteo della Compagnia del Cigno, in onda su Rai Uno, ha le fattezze di Leonardo Mazzarotto, giovane e talentuoso violinista scelto - insieme agli altri sei protagonisti - come personaggio centrale per la fiction scritta e diretta da Ivan Cotroneo, che rinnova il successo di pubblico di puntata in puntata. Lo sceneggiato, sul filo della musical dramedy, segue il percorso adolescenziale e umano, ricco di fragilità, sacrifici e scatti d'orgoglio, di un gruppo di studenti al conservatorio milanese "Giuseppe Verdi" (il Cigno di Busseto, appunto). Tutti alle prese con lo spietato direttore d'orchestra Marioni, impersonato da Alessio Boni, e proiettati al palcoscenico del mondo. Leonardo Mazzarotto, classe 1998, violino all'Accademia Nazionale di Santa Cecilia, è alla sua prima vera e propria prova d'attore. Quando non archeggia sulle corde, è impegnato davanti alla macchina da presa. Si racconta, così, alla Voce di Genova. 

Il violino è stato un amore a prima vista o la passione si è svelata con il tempo?  

L'avvicinamento al violino è stato piuttosto casuale. Sono cresciuto ascoltando musica, già da quando avevo due o tre anni, dalla classica al jazz al rock. Il percorso vero e proprio con lo strumento è iniziato all'età di 10 anni. Con l'iscrizione alla scuola media a indirizzo musicale, ho indicato la preferenza a quattro strumenti; l'ultimo era il violino. Sono stati gli insegnanti che, in fase di ammissione, mi hanno consigliato di praticare uno strumento ad arco, notando che avevo un orecchio ben sviluppato. A quel punto ho iniziato, senza troppo entusiasmo, ma già dopo un mese mi sono reso conto della bellezza dello strumento e del piacere di vedere progressi sempre crescenti. 

Quando hai mosso i primi passi con lo strumento hai avuto uno scoramento o momenti di indecisione?

Il violino ha bisogno di un'attenzione tecnica costante. Per un bambino le gratificazioni, con il suono, arrivano per gradi. Con il pianoforte non si può eseguire Rachmaninov immediatamente, ma già dopo poche settimane si possono avere soddisfazioni con semplici melodie. Dopo le prime settimane di violino, invece, bisogna ancora capire bene come tenere lo strumento. E' in una fase successiva che si conquistano i risultati e si possono avere appagamenti impareggiabili.

Nella tua formazione sei stato guidato anche da insegnanti privati? 

Cominciando il liceo musicale sono stato affiancato anche da maestri privati e ho seguito diversi masterclass, inclusi quelli internazionali. E da lì il violino è diventato la mia vita. 

Attualmente che musica ascolti? Hai preferenze? 

Ascolto spaziando tra i generi, soprattutto rock, pop e jazz, e ovviamente la classica che resta la dimensione in cui mi rispecchio più fedelmente. Non sono attratto dal rap o dalla trap. In ogni caso, come ascoltatore posso dire di apprezzare qualsiasi forma musicale purché sia di qualità. 

Paganini è sinonimo di virtuosismo, ma rappresenta anche l'ambizione stessa della pratica violinistica. Cosa ne pensi? 

Per un giovane violinista e per chiunque si avvicini allo strumento, il nome di Paganini è citato in modo ricorrente dai maestri: viene evocato non solo per la sua forza, evidente, nella storia musicale, ma anche come punto di arrivo di uno sviluppo tecnico che si affronta con l'impegno quotidiano. Certamente è un traguardo e una prova continua per tutti gli esecutori. Per ogni violinista è una soddisfazione vedere come Paganini sia un punto di riferimento sempre più vicino, sempre più arrivabile, grazie ad uno studio che parte da lontano. Il Premio Paganini di Genova, sotto questo aspetto, rinnova l'incoraggiamento a misurarsi con questo gigante della musica e conferma ogni anno la sua straordinaria attualità. 

Hai già avuto modo di misurarti con lo "sfarfallio" delle composizioni paganiniane? 

Paganini è sempre un percorso in evoluzione. Non l'ho ancora affrontato bene e compiutamente, essendomi dedicato ad altro repertorio. Ho iniziato a lavorare su alcune composizioni.  

A Genova, a Palazzo Ducale, è in corso la mostra Paganini Rockstar, che accosta il genio romantico ai rocker di oggi, mettendo insieme il celebre Cannone con la Fender Stratocaster di Jimi Hendrix. Il violino ai giorni nostri conserva il suo fascino travolgente? 

Niccolò Paganini certamente si può considerare il pioniere del divismo musicale. Nella sua epoca ha espresso una cura di sé, della propria immagine e del proprio nome che hanno lasciato il segno. E' stato capace di alimentare quell'aurea di mistero che lo circondava, aumentando l'attesa e l'aspettativa per i suoi concerti, grazie alle sue doti non comuni che facevano pensare al famoso 'patto con il diavolo'. Conosceva le sue potenzialità artistiche e sapeva comunicare i tratti della sua personalità, aumentando la popolarità e il carisma, proprio come fanno le rockstar o popstar di oggi. 

Cominciare lo studio del violino, specialmente per un bambino, può essere impegnativo: dalla postura alla tecnica alle difficoltà per "cavare il suono". Hai qualche suggerimento che ti senti da dare? 

Il consiglio principale è quello di non scoraggiarsi nei primi tempi, perché è una fase che riguarda tutti. Le lezioni possono procedere lentamente e questa lentezza è uno step necessario, che non risparmia nessuno. Bisogna oltrepassare i primi sforzi: poi si apre una fortuna, che è un vero e proprio mondo per chi suona gli strumenti ad arco e per chi fa musica in generale. Personalmente quando sono impegnato in una esibizione o suono con qualcuno, provo emozioni che raramente nella vita quotidiana si possono sperimentare. L'augurio, per chi si avvicina per la prima volta ad uno strumento, è che possa arrivare a queste emozioni.  

Come sei entrato nel cast della "Compagnia del Cigno"?  

Anche in questo caso tutto è successo in modo casuale. Era una mattina d'estate, nel 2017, e stavo studiando quando è arrivata una telefonata. Erano in corso casting ad ampio raggio per gli attori che sarebbero stati coinvolti nella fiction. Hanno avuto il mio numero dal conservatorio del liceo musicale e mi hanno contattato. Così sono finito nei provini, che hanno interessato circa duemila persone. All'inizio ho affrontato il momento con un po' di scetticismo, poi ho capito la portata meravigliosa di questo progetto. Bellissimo. Avevo già avuto qualche piccola esperienza amatoriale di recitazione e mi sono detto: perché no? Dopo il primo provino mi hanno richiamato per altre audizioni. I provini erano sia musicali sia di recitazione. Alla fine mi hanno confermato il ruolo. 

Con la fiction Rai ti si è aperta una carriera d'attore. Prevedi di combinarla con le tue competenze musicali? 

Al momento non so ancora dire quale delle due strade sia per me più nitida. Sicuramente l'esperienza musicale si armonizza, soprattutto per questa esperienza, con la recitazione. Mi impegno per coltivare entrambe le attività. E' certo che la musica non sparirà mai dalla mia vita.  

Felix Lammardo

TI RICORDI COSA È SUCCESSO L’ANNO SCORSO A NOVEMBRE?
Ascolta il podcast con le notizie da non dimenticare

Ascolta "Un anno di notizie da non dimenticare" su Spreaker.
SU