Attualità - 07 dicembre 2018, 11:42

"Viaggio" nel Presepe della Chiesa dei Neri a Finalmarina

Ventiquattro metri quadri per un'opera da oltre 2000 ore di lavoro complessivo

"Viaggio" nel Presepe della Chiesa dei Neri a Finalmarina

Si terrà domani, in occasione della Festa dell'Immacolata, l’inaugurazione del Presepe nella Chiesa dei Neri, all’ingresso di Finalmarina per chi arriva da Levante (la chiesa di Santa Maria Maddalena de' Pazzi, comunemente detta "Chiesa dei Neri" in quanto il vicino oratorio era sede della “Confraternita della Santissima Trinità e della Morte”, caratterrizzata dalle sue cappe nere). 

Ci siamo recati in visita tra i volontari durante la lavorazione ed abbiamo potuto vederlo “in corso d’opera”. Abbiamo anche conversato con i presepisti finalesi, che ci raccontano: “La tradizione del presepe in questa chiesa esiste dal 2011, ma va avanti ad anni alterni perché si tratta di un lavoro molto impegnativo e siamo pochi volontari. Nel 2018 torna il presepe dopo due anni di stop”.

Precisano gli organizzatori: “Ad eccezione delle statuine, tutto è completamente fatto a mano: i monti, le rocce, il mare con le onde che girano meccanicamente, le case e persino i mobili al loro interno. Il materiali principali sono gesso e cartongesso, con parti in polistirolo, frutta e verdura scolpite nella cera e alberi in stoffa”.

Il presepe “dei Neri” ha richiesto complessivamente oltre 2000 ore di lavoro: quattro anni sono stati necessari solo per costruire le case e i monumenti, mentre l’assemblaggio di questa edizione ha preso il via ai primi di ottobre e ha richiesto due mesi. Il tutto per una struttura di 24 mq di superficie (sei in lunghezza e quattro in profondità) che conta tra i 150 e i 200 pezzi circa (quasi impossibile contarli tutti!) tra pastorelli e animali.

Abbiamo parlato di “Monumenti” perché il presepe dei Neri non è “solo” un presepe: racchiude in sé tanta Finale Ligure, ma in generale un po’ tutta la Liguria. A cominciare dalla dislocazione “urbanistica”, che riproduce gli schemi tradizionali dei paesi del nostro entroterra, sia esso Savonese o Imperiese. E poi troviamo i muretti a secco (da pochi giorni eletti nel novero del patrimonio dell’Umanità dell’Unesco), i tetti in ardesia e tanti elementi caratterizzanti dell’architettura finalese: c’è Porta Reale con la chiesa di San Biagio e il campanile, ci sono il Castel San Giovanni e il Castel Govone, c’è il tratto iniziale della Strada Beretta. La grotta della Natività riproduce l’Arma delle Mànie (amata da tutti i finalesi) in modo talmente scrupoloso che non sono state sufficienti le foto, ma i volontari si sono recati per una settimana in grotta per ricostruirne i dettagli sul posto. E ancora troviamo la Chiesa di San Lorenzo al Malpasso, sopra Varigotti, il Ponte delle Fate (quello oggi meglio custodito tra i tanti ponti romani del Finalese), la Torretta della Caprazoppa, i tipici lavatoi liguri (come ancora se ne possono osservare a Varigotti e a Borgio Verezzi) e persino un borgo saraceno che evoca quella che poteva essere Varigotti nell’Ottocento.

Attenzione è stata posta anche alle colture, alla pastorizia, alla pesca, con la tradizionale “sciabica” (che non si pratica più da trent’anni ma che due volte all’anno, grazie a particolari autorizzazioni, viene fatta rivivere dalla Compagnia di San Pietro di Finalmarina come rituale di cui preservare la memoria) e con le “pescelle”, le pescivendole che salavano le acciughe in riva al mare.

Tutto questo è stato realizzato quest’anno dalla famiglia Badano (Maria, Silvia e Sergio), da Renata Vignaroli e da Ornella Cavanna, con il contributo di tanti consulenti esterni come il tecnico del suono “Minugia” e l’elettricista Mauro Chiesa. I volontari ricordano anche, per le passate edizioni del presepe, i coniugi Gigi e Franca Maffioletti (era Gigi che curava luci e suoni), Michele Salvatore  e Giulio Bianconi, che purtroppo non è più tra noi.

Infine Minugia ricorda che, coerentemente con la ricerca scrupolosa del paesaggio, anche per le musiche si è prestata particolare attenzione: nell’alternanza giorno/notte del presepe, infatti, durante le fasi notturne si può ascoltare “L’Epitaffio di Sicilo” (o Sykylos, secondo la trascrizione greca), una trascrizione ritrovata in Anatolia nel 1883 e appartenente a un periodo tra i I e il II secolo d.C., ritenuta oggi la più antica partitura musicale scritta di cui si conserva il reperto.

Alberto Sgarlato

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