- 05 dicembre 2018, 16:05

Assemblea Ance, Delle Piane: "Investimenti indispensabili e indifferibili, abbiamo un sistema infrastrutturale inadeguato"

Il presidente Toti: "La mia giunta regionale - ha sottolineato Giovanni Toti - ha sempre avuto grande attenzione per la categoria edile: lo dimostra molto bene il Piano Casa"

Assemblea Ance, Delle Piane: "Investimenti indispensabili e indifferibili, abbiamo un sistema infrastrutturale inadeguato"

Si è svolta oggi l’assemblea annuale di Ance Genova che, oltre ai numerosi associati, ha visto la partecipazione di Edoardo Rixi, viceministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Giovanni Toti, governatore della Regione Liguria, Stefano Balleari, vicesindaco di Genova, Luigi Attanasio, presidente della Camera di Commercio di Genova, di monsignor Luigi Molinari e  Paolo Comanducci, rettore dell’Università di Genova.

“Un paese che investe poco e che, oltretutto, disperde nella palude dell’immobilismo burocratico le già misere risorse messe a bilancio, è un paese il cui triste destino è sin troppo facile da prevedere - ha esordito Filippo Delle Piane, presidente Ance Genova -. Gli investimenti sono indispensabili e indifferibili, perché abbiamo un sistema infrastrutturale inadeguato alle sfide di oggi e la competitività del Paese non può fare a meno di una rete efficiente di comunicazioni, strade, ferrovie, impianti tecnologici”.

Negli ultimi 10 anni gli investimenti in costruzioni sono calati di oltre il 50% determinando un deficit infrastrutturale di oltre 84 miliardi di euro. Nonostante dal 2016 le leggi di bilancio abbiano ripreso a stanziare maggiori risorse per il settore, non ci sono stati miglioramenti. Alla crisi delle risorse si è subito sovrapposta quella dell’efficienza della spesa, che ha pesantemente allargato la forbice tra le previsioni di spesa per investimenti (+850 milioni di euro) e la realtà (- 750 milioni di euro); una forbice che è di oltre 1,5 miliardi di euro solo nel 2018. Gli effetti sul piano sociale sono stati pesantissimi: 600 mila occupati in meno, 120 mila imprese, grandi, medie e piccole, espulse dal mercato.

La Liguria non fa eccezione. Tra il 2008 e 2016 sono uscite dal mercato circa 2.560 imprese di costruzione (-13,2%) e gli occupati del settore dall’inizio della crisi alla metà del 2018 sono diminuiti di 9.000 unità, per una flessione in termini percentuali del 16,7%. D’altro canto, tra il 2008 ed il 2017, il valore del mercato ligure dei lavori pubblici ha subito una flessione del 20% nel numero e del 30% nell’importo posto in gara; siamo passati da 620 bandi pubblicati nel 2008 per 1,5 miliardi di euro banditi a 500 gare nel 2017 per un corrispondente valore di circa 1 miliardo di euro; i permessi di costruire per nuove abitazioni e ampliamenti da 3.243 a 621. In costante discesa è risultato anche il flusso dei nuovi finanziamenti per investimenti in edilizia residenziale (dai 413,4 milioni di euro nel 2007 agli 81,1 del 2017), mentre quelli per l’edilizia non residenziale, pur avendo registrato un timido incremento nell’ultimo biennio, restano fermi a valori di gran lunga inferiori a quelli di 10 anni prima (360,6 milioni di euro nel 2007, a fronte di 125 nel 2017).  

La crisi, dunque, per quanto riguarda il settore edile, non è mai realmente finita e per uscirne è necessario un poderoso intervento di capitali pubblici e privati. Gli investimenti in edilizia hanno il più alto moltiplicatore di tutti i settori merceologici: per ogni miliardo speso si creano 17.000 posti di lavoro e l’85% del fabbisogno viene acquistato sul mercato interno. L’investimento in costruzioni è necessario perché siamo in presenza di un patrimonio costruito energivoro e vetusto che, combinato con un cambiamento climatico sempre più accelerato, crea le condizioni per un Paese che si sta sbriciolando.

Un Paese, per essere competitivo ed efficiente, deve investire sul proprio territorio, sulle sue dotazioni infrastrutturali e sulla qualità della vita nelle sue città. La spaventosa carenza di infrastrutture che deriva da decenni di stasi non permette più di creare un distinguo tra manutenzione delle preesistenze e realizzazione del nuovo. Entrambe necessitano indistintamente di un massiccio piano di investimenti pubblici e privati e di alcune condizioni per potersi realmente attivare. Innanzitutto la sburocratizzazione delle procedure; la modifica, immediata e profonda, del codice degli appalti; l’attivazione di una legge sulla rigenerazione urbana che permetta di utilizzare i capitali privati in un ambizioso progetto di ammodernamento del Paese.

I problemi sono tanti: una legge urbanistica da riscrivere, una burocrazia soffocante, una fiscalità punitiva, la proprietà diffusa. Tutto però si può affrontare se si parte da un’idea, un principio che lo Stato deve far proprio: dichiarare di pubblico interesse la rigenerazione del patrimonio costruito. Il nostro patrimonio costruito versa in condizioni drammatiche: l’86,5% degli edifici residenziali in zona sismica (e il 74,4% del totale del costruito) è di epoca antecedente al 1981, ossia prima della piena operatività della normativa antisismica e dev’essere ancora adeguato agli standard di sicurezza. C’è tanto lavoro da fare per riportare in condizioni di minima sicurezza il nostro territorio.

“La mia giunta regionale  - ha sottolineato Giovanni Toti - ha sempre avuto grande attenzione alla vostra categoria: lo dimostra molto bene il Piano Casa, un esempio di successo con i più di mille interventi realizzati e gli oltre 45 milioni di euro movimentati anche indirettamente. In questi giorni stiamo facendo un bilancio dei suoi risultati che riguardano l’applicazione della Legge nel 2016 e nel 2017 e abbiamo visto che l’impatto sul territorio e sul mondo dell’edilizia è stato molto positivo. A questo si deve aggiungere l’opera di riqualificazione urbana sul patrimonio di edilizia residenziale pubblica che stiamo portando avanti insieme a ARTE: a cominciare dal quartiere di Begato, dal Waterfront di Genova, dal cantiere per lo scolmatore del Bisagno, fino all’opera insieme al Comune per il riutilizzo del silos Hennebique. La precondizione indispensabile per poter procedere sarebbe quella di modificare il codice degli appalti, troppo farraginoso e complicato che non affronta il tema della riduzione che si fa solo riducendo il numero delle leggi. Lo sviluppo di Genova e del territorio oggi passa attraverso la realizzazione di nuove opere, su tutte il viadotto crollato il 14 agosto.

“Genova, come spesso è capitato nella sua storia, può rappresentare un’avanguardia, un modello, un punto dal quale cominciare un approccio diverso” - ha concluso Filippo Delle Piane – “la tragedia del ponte sul Polcevera deve essere il punto dal quale ripartire. Il crollo dell’infrastruttura ci ha permesso di capire veramente quale fosse la carenza di collegamenti che “il porto della pianura padana” ha. Ci ha anche permesso di capire quanto sia carente la manutenzione del costruito (infrastrutture o edifici poco importa) e quali drammatiche conseguenze possono verificarsi. Quell’area può e deve diventare la start up dei processi di rigenerazione di cui tanto parliamo. Deve diventare il simbolo della capacità di reagire e di guardare al futuro.

“L’Italia è abituata a pensare che non ce la farà – ha aggiunto Edoardo Rixi - invece noi siamo in grado di dare una risposta a una delle città più importanti del nostro paese e far capire che siamo in grado di mettere in atto azioni che saranno il nostro futuro e faranno il futuro del paese”.

Redazione

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