- 17 agosto 2018, 11:28

L'architetto Podestà: "In cinque mesi è difficile completare un appartamento"

Il professionista genovese spiega: “I tondini di ferro dei tiranti non esistevano praticamente più. Il cemento armato si degrada troppo. Il tempo indicato per la ricostruzione da Autostrade basterà appena per progettare. E non è detto che debbano farlo proprio loro”

L’architetto Domenico Podestà

L’architetto Domenico Podestà

Cinque mesi, un periodo tra l’assurdo e l’impossibile. A fare questa previsione di tempo per ricostruire il Ponte Morandi è stata la stessa Società Autostrade. Ma, probabilmente - all’interno di un circuito comunicativo letteralmente sfuggito di mano (come ‘La Voce di Genova’ raccontava già ieri a proposito del tratto di strada ‘chiuso per lesioni’) e che già viene indicato dagli esperti come esempio negativo di ‘crisis management’ - non ci credono neppure gli stessi ingegneri di Spea, il gruppo che si occupa di progettazione per conto della concessionaria dell’A10.

Tant’è vero che ieri il governatore della Liguria Giovanni Toti si è speso in un già fin troppo ottimistico “avremo il ponte entro il 2019”. Tutti i genovesi, e gli italiani, lo sperano, ci mancherebbe. Ma dagli addetti ai lavori, in particolare, arrivano scetticismo e perplessità.

Domenico Podestà, architetto genovese con studio in San Matteo (per dieci anni presidente dell’Ordine Genovese degli Architetti e per altrettanti consigliere nazionale), si è occupato nella sua vita lavorativa di demolizioni di imponenti strutture, costruzioni di altrettante e ha redatto insieme ai suoi valenti collaboratori interessanti progetti, come uno scooter park interrato in via Petrarca a Genova, il nuovo assetto dello stadio Carlini di San Martino con relative pertinenze, il termovalorizzatore di Scarpino.

“In passato - ricorda - ho anche costruito un ponte, in via del Commercio a Nervi. E’ stata una bellissima esperienza. Abbiamo lavorato in team con ingegneri e altri colleghi, come sempre deve avvenire in questi casi. Dove all’architettura si affiancano le competenze di chi costruisce e, nel caso di acqua, anche gli studi a carattere idraulico, visto che eravamo sull’alveo di un torrente”.

Una situazione analoga, anche se più piccola, rispetto a quella del Ponte Morandi. “Su questo, devo dire che la sua struttura in cemento armato mi ha sempre fatto preoccupare. Quando in corso Italia mi sono occupato della demolizione di un manufatto con lo stesso materiale e della stessa epoca del Morandi, ho notato che i tondini di ferro all’interno del cemento praticamente non esistevano più. Si erano completamente logorati. Questo degrado lo ha avuto anche il Morandi, e piuttosto velocemente. Soprattutto nei tiranti, che sarebbero stati interamente da rifare. Ma non si poteva andare avanti a fare manutenzioni al ponte senza chiuderlo al traffico. Occorreva qualcosa di più radicale”.

Tutto inutile, purtroppo. Come sappiamo, la struttura è venuta giù portandosi dietro tonnellate di macerie e, soprattutto, decine e decine di vite umane. Ora il tema, nel contesto di un lutto durissimo da rielaborare e di polemiche infinite, è quello della ricostruzione.

“Cinque mesi? Lo ha detto Autostrade? Francamente mi pare un po’ improbabile. E’ un lasso di tempo nel quale, a fatica, si riesce a completare un appartamento. Figuriamoci un ponte di quelle dimensioni e di quella portata. La vedo molto dura. Non tanto per la struttura in sé e per sé. Quanto per i collegamenti e per dove dovrà essere appoggiata. E’ chiaro che le case di sotto non potranno più esistere”.

Una prospettiva già ben rappresentata, nella sua drammaticità (sono oltre seicento le persone attualmente sfollate), dal sindaco Marco Bucci. “La legge prevede che si debba costruire ad almeno sessanta metri dai manufatti di Autostrade. Non vi erano certo queste condizioni, in via Fillak. Ma per un discorso molto semplice. La normativa è ferrea per i privati, mentre viene derogata spesso per Autostrade. Ora ci dovrà essere molta più attenzione, spero”.

Nel comunicato stampa diramato la sera di Ferragosto, il concessionario informa anche che “sta lavorando alacremente alla definizione del progetto di ricostruzione del viadotto”. Podestà è perplesso anche su questo punto: “Allora avevano già un progetto nel cassetto? Sarebbe molto insolito. Io credo che cinque mesi servano solo per la progettazione. Poi, mi domando se spetti ad Autostrade fare il nuovo ponte. Loro sono un semplice concessionario. Qui parliamo di opere pubbliche che devono andare a gara. E, anche su questo, i tempi sono lunghi e i rischi di ricorsi, come vediamo dalla cronaca, sempre concreti. Se fanno un bando, non è detto che lo vinca Autostrade. Magari viene indetta una procedura di livello internazionale e vincono i giapponesi o i francesi o i tedeschi. Allora forse il ponte si fa in cinque mesi”.

Bucci ha dichiarato: “A chi fa meglio e in assoluta sicurezza”. Ma non funziona esattamente così. Siamo in Italia, l’appalto è milionario. E, come i ridenti nella notte del terremoto all’Aquila, c’è già di sicuro chi si frega le mani. 

Alberto Bruzzone

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