- 15 agosto 2018, 14:08

Ferragosto "irreale": curiosi e commossi in pellegrinaggio di fronte al ponte

Commozione, preghiere, stupore: centinaia di persone si fermano sul viadotto dell’Aurelia, a osservare il disastro. Una tremenda immagine di morte, laddove ci sono sempre state vita e speranza

Ferragosto "irreale": curiosi e commossi in pellegrinaggio di fronte al ponte

Il ponte è lassù. Sospeso nel vuoto. Appoggiato sul nulla. Grava minaccioso sulle case del Campasso e di Certosa da una parte. Sulla ferrovia e gli stabilimenti industriali dall’altra. Sulle vite di tutti noi. 

Dei genovesi soprattutto. Centinaia di tonnellate di cemento e metallo che stanno in piedi per la pratica, innalzandosi su un silenzio spettrale. Nessuno ha mai visto una situazione del genere. 

Il Morandi è sempre stato sinonimo di vita, della città operosa, dei suoi abitanti che si muovevano, della Liguria che provava a stare al passo delle altre regioni del Nord, pur in mezzo alle migliaia di altri problemi, alle difficoltà logistiche, alla durezza del clima, a una natura matrigna, ingenerosa e bastarda, verso questa terra. 

Oggi, lo stesso quadro che un tempo trasmetteva speranza, è una tremenda immagine di morte. Di devastazione. Una strage di vittime innocenti, l’ennesima. Così, la processione dei tanti genovesi sul ponte di Cornigliano ora non c’entra nulla con il popolo dei selfie. E c’entra poco pure con il novero dei curiosi. 

E’ un andare e venire diverso, quello delle centinaia di persone che, in questo Ferragosto caldo, assolato eppure tristissimo, scelgono di venire qui, invece che andare al mare, in campagna, a fare un bagno o a prendere del fresco. 

E’ un pellegrinaggio puro, una prece, una visita commossa. Come quelle che si fanno a un malato terminale. O quelle al cimitero. Le persone arrivano, stringono fazzoletti in mano. Le lacrime grondano sul viso, subito asciugate dall’afa. 

“Buon ferragosto un cazzo”, ha scritto un cittadino sui social. Ed è la sintesi cruda, asciutta eppure migliore di questa giornata di festa. Di questo mercoledì di lutto. La città si ferma, ma non per le ferie. Non per pensare alle vacanze. Bensì per piangere, ancora una volta, i suoi morti. Come per le alluvioni, come per la Torre Piloti. 

Maledetta Genova, così bella e così fragile. Vengono in mente le parole di De Andrè. La canzone ‘Smisurata preghiera’. La colonna sonora del day after: “Ricorda Signore questi servi disobbedienti alle leggi del branco; non dimenticare il loro volto, che dopo tanto sbandare è appena giusto che la fortuna li aiuti: come una svista, come un'anomalia, come una distrazione, come un dovere”. 

Ecco cosa si aspettano i genovesi, servi disobbedienti di un destino cinico e baro. Servi fedeli e devoti della Madonna. La protettrice della città. Sin dal lontano Cinquecento, dall’epoca delle pestilenze. 

Anni fa, quando venne allargato il ponte di Cornigliano (e oggi viene da dire meno male, come per l’esistenza della strada a mare), l’edicola della Vergine posta sul lato nord del viadotto venne smontata. Ma fu fatta ricollocare nella stessa posizione, una volta finiti i lavori. A furor di popolo. 

Oggi anche Maria sta davanti al Ponte Morandi. Stretta intorno alla città. A piangere i suoi piccoli figli. 

A.B.

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