Curiosità - 28 febbraio 2017, 15:00

Chi sono oggi i giovani della Liguria?

Una statistica dell'Istat divulgata da Unioncamere che offre risposti a tanti quesiti: quale preparazione culturale hanno? Esistono delle reali prospettive nel mondo del lavoro? Credono nel futuro?

Chi sono oggi i giovani della Liguria?

Quanti sono? Cosa fanno? Hanno un lavoro? Credono nel futuro? Queste sono solo alcune delle informazioni che il sistema informativo #GIOVANI dell’Istat raccoglie, consentendo una lettura integrata delle statistiche su adolescenti e ragazzi tra i 14 e i 34 anni attraverso diversi tipi di analisi.

La popolazione giovanile residente in Liguria, nella ricostruzione intercensuaria dal 1952 al 2011 e nel periodo dal 2012 al 2016, registra il picco più alto negli anni ’60 (raggiunge 511.810 unità nel 1962) per poi, a partire dagli anni ’90, ridimensionarsi gradualmente fino ai giorni nostri (nel 2016 la popolazione residente conta 286.421 giovani).

Dal punto di vista del genere, il massimo storico dei maschi è stato raggiunto nel 1962 con una popolazione giovanile pari a 255.911 unità, mentre nel 2013 si è registrato il valore minimo, 143.353 unità, con una variazione percentuale pari a -44%; le femmine risultano più numerose nel 1961, con 258.069 unità, e in numero più ridotto nel 2016 (139.719), pari ad una riduzione del 46%. La popolazione giovanile straniera, analizzata dal 2012 al 2016, risulta in crescita fino al 2014 per poi ridimensionarsi negli ultimi 2 anni. 

Tra il 2008 e il 2016 sono stati emessi 522.531 permessi di soggiorno, includendo nel calcolo tutta la popolazione fino a 34 anni di età: nel periodo di tempo considerato, gli ingressi autorizzati nella nostra regione sono gradualmente e costantemente cresciuti partendo da una base di 46.305 nel 2008 per arrivare a 64.035 permessi regolari nel 2016.

Riguardo la formazione scolastica, in Liguria dal 2004 al 2015 si è assistito ad una graduale riduzione della popolazione con licenza elementare o nessun titolo (da 359mila a 238mila) e con qualifica professionale (da 90mila a 84mila, con un picco nel 2011 di 96mila) e ad un aumento dei diplomi di scuola secondaria superiore (da 384mila a 428mila) e dei diplomi universitari, lauree e dottorati (da 146mila a 201mila). 

Interessante l’indagine sui percorsi di studio e di lavoro dei laureati, condotta dall’Istat su un campione selezionato fra coloro che hanno conseguito il titolo di studio nel 2011, con l’obiettivo di conoscere le scelte formative e i percorsi lavorativi intrapresi nei quattro anni successivi al conseguimento del titolo.

Una considerazione generale riguarda i tempi di ingresso nel mercato del lavoro diversi a seconda del tipo di laurea, di primo livello (laurea triennale) o di secondo livello (lauree magistrali e specialistiche biennali e a ciclo unico del vecchio e nuovo ordinamento): nel 2015, dopo quattro anni dal conseguimento della laurea, ha trovato un’occupazione il 77% dei laureati di primo livello rispetto all’89% dei laureati di secondo livello.

Ciò in parte si spiega per la diffusa propensione dei primi a proseguire gli studi. Passando all’analisi dei dati del mercato del lavoro dal 2004 fino al 2015, i giovani occupati sono passati da circa187mila a circa116mila unità (-38%): maggiori difficoltà nella classe di età 25-34 anni, che nell’arco di tempo si è ridotta di 63mila unità rispetto alla fascia compresa tra i 15 e i 24 anni, diminuita di 8mila unità.

Il tasso di disoccupazione nella fascia di età 15-24 è passato dal 21,1% nel 2004 al 34,5% nel 2015, con un picco del 45,0% nel 2014; la componente maschile ha registrato nel 2004 un tasso di disoccupazione del 16,5% e nel 2015 del 37,0% (picco del 44,3% nel 2014), per le donne si è passati dal 27,5% al 30,5% (picco del 46,2% nel 2014).

Nella fascia tra i 25 e i 34 anni si è passati dal 6,8% nel 2004 al 16,0% nel 2015: per i maschi il tasso di disoccupazione è salito dal 5,2% al 15,3%, per le donne dall’ 8,7% al 16,8%.

Oltre al tasso di disoccupazione, è interessante evidenziare il tasso di mancata partecipazione, che identifica la quota di giovani potenzialmente impiegabili nel sistema produttivo ma che non cercano lavoro attivamente. Un elevato livello di questo indicatore, che caratterizza un po’ tutto il sistema Italia (nella fascia di età 15-34 nel 3° trimestre 2016 è pari al 34,9%) indica un forte sentimento di scoraggiamento che deprime l’ingresso nel mercato del lavoro. In Liguria si è passati dal 14,6% nel 2004 al 27% nel 3° trimestre 2016, valore più alto di tutto il Nord Ovest. Parlando di giovani non si può non citare i NEET (giovani non occupati e non in istruzione e formazione). In Liguria nel 2004 erano 46mila circa e fino al 2007 si sono gradualmente ridimensionati: a partire dal 2008 il numero ha iniziato a crescere fino ad arrivare a contarne circa 60mila nel 2013, ultimo dato disponibile, che rappresentano il 21% della popolazione giovanile. Un cenno doveroso va fatto a una delle innovazioni più significative della Legge denominata “La Buona Scuola” (legge 107 del 2015), l’alternanza scuola-lavoro, obbligatoria per tutti gli studenti dell’ultimo triennio delle scuole superiori (è infatti parte integrante del Piano Triennale dell’Offerta Fornativa, POF), allo scopo di offrire loro occasioni formative di alto e qualificato profilo. Questo progetto dà agli studenti l’opportunità di inserirsi in contesti lavorativi, in periodi determinati con la struttura ospitante, per apprendere competenze coerenti con il percorso di studio scelto: scuola e mondo del lavoro entrano così in sinergia per una corresponsione educativa e sociale finalizzata a valorizzare le aspirazioni degli studenti.

Il Sistema Camerale ha istituito un Registro Nazionale per l’alternanza in cui si possono iscrivere imprese, istituzioni, ordini professionali, associazioni sportive e di volontariato, enti culturali.

Ad oggi in Liguria hanno offerto la propria disponibilità 57 soggetti, pubblici e privati, così suddivisi tra le 4 province: 22 a Genova, 17 a Imperia, 11 a Savona e 7 a La Spezia.

Aprire un’attività in proprio per molti può rappresentare una opportunità concreta per entrare nel mondo del lavoro, a patto che la scelta sia consapevole dei rischi che comporta e soprattutto non improvvisata.

Infatti non è sufficiente avere una buona idea per garantire la sopravvivenza di un’impresa: occorrono competenze e attitudini, un’adeguata formazione, un continuo aggiornamento e un pizzico di fortuna. Il Registro delle Imprese inizia a classificare le imprese giovanili a partire dal 2011: ricordiamo che si considerano “Imprese giovani” le imprese la cui partecipazione del controllo e della proprietà è detenuta in prevalenza da persone di età inferiore ai 35 anni.

A settembre 2016, ultimo dato disponibile, le imprese giovanili sono quasi 14mila, il 14,4% in meno rispetto al 2011,e rappresentano l’8,4% del totale delle imprese, collocando la Liguria al 15° posto nel panorama nazionale per tasso di imprenditorialità giovanile (la media Italia è pari al 9,8%).

Le iscrizioni, nel periodo considerato, si sono ridimensionate del 37,9% passando da 3.377 a 2.097 unità (quasi 8 al giorno), come pure le cancellazioni (-30,5%), passando da 1.401 a 974 unità (quasi 4 al giorno), determinando un saldo positivo di 1.123 imprese.

Dall’analisi delle attività svolte si evince che i giovani preferiscono cimentarsi in settori tradizionali, quali il commercio, le costruzioni e le attività di alloggio e ristorazione, con un’apertura verso quelli più innovativi ad alto valore aggiunto.

Per quel che concerne il comparto commerciale (3.570 attività che incidono per il 26% sul totale), i giovani imprenditori puntano sul commercio ambulante in mercati e fiere e sulla vendita al dettaglio di abbigliamento: sta prendendo campo anche l’attività di vendita al di fuori dei canali tradizionali, tramite internet, corrispondenza e porta a porta (21 nuove iscrizioni nel 3° trimestre 2016). C’è da dire che su 2.624 attività commerciali registrate, 1.185 (oltre il 45%) sono gestite da giovani imprenditori stranieri.

Riguardo al settore edilizio (3.373 attività registrate), molti giovani, per lo più stranieri, puntano su lavori di ristrutturazione di edifici, i classici muratori: ben 2.190 attività registrate, di cui il 72% straniere. Il comparto turistico annovera 1.642 imprese giovanili, di cui 1.504 in attività di ristorazione e 138 in alloggi: nei primi 9 mesi del 2016, su 153 iscrizioni oltre l’86% si riconducono a servizi di ristorazione.

c.s.

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