Attualità - 21 maggio 2016, 16:30

Dal sollevamento della pavimentazione di piazza Sisto IV riaffiora la storia delle "Lizie": quando Savona aveva le mura

Il rialzamento della pavimentazione ha sollevato anche una lastra di pietra dove si legge “Mura 1317-1326 III Cinta le Lizie”. A ricordare il passato lo storico savonese Giovanni Gallotti

Dal sollevamento della pavimentazione di piazza Sisto IV riaffiora la storia delle "Lizie": quando Savona aveva le mura

Il rialzamento della pavimentazione in piazza Sisto IV ha sollevato anche una lastra di pietra che ricorda un aspetto storico della città di Savona. Sul lastrone, rimasto frammentato e rimosso dalla pavimentazione in seguito ad uno sbalzo di temperatura che avrebbe provocato lo smottamento, si legge “Mura 1317-1326 III Cinta le Lizie”. Un aspetto che porta la mente al passato, quando la città era circondata da una cinta muraria. Dopo la scomparsa delle mura, furono create alcune passeggiate che ne seguivano il percorso e proprio tra il 1833 ed il 1839 fu realizzata la passeggiata delle Lizie, addossata al vecchio tracciato murario. Un aspetto della storia cittadina oramai dimenticato, ma che riaffiora.

A raccontare la storia delle mura e della loro distruzione fino alla creazione della passeggiata delle Lizie, è lo storico savonese Giovanni Gallotti:  “Savona era, fino al terzo decennio dell’Ottocento, circondata da una cinta muraria. L’ultimo ampliamento delle mura risaliva al secondo - terzo decennio del 1300. Parte delle mura, lungo la vecchia darsena, tra la torre della Quarda (torretta) e la porta del molo, furono demolite subito dopo la sconfitta ad opera dei genovesi, intorno al 1531. Sull’altura del Priamàr, il tratto di mura tra la porta della Foce e la cittadella fu danneggiato dai Genovesi, ma presto (entro il 1532) riparato. Le mura di Savona avevano una lunghezza, se si comprende anche il tratto lungo la darsena, demolito nel 1531, di 2.480 metri. Dal castello dello Sperone, posto sopra la galleria del Garbasso, la cinta si dirigeva verso la porta della Quarda, odierna torretta, percorreva la vecchia darsena sul percorso di via Gramsci, raggiungendo il castello di San Giorgio (vicino al Crescent). Includendo le tre alture del Priamàr, San Giorgio; Santa Maria e della Cittadella, e dopo la costruzione della fortezza, appoggiandosi ad essa, la cinta proseguiva verso la porta della Foce e seguendo il percorso dell’ultimo tratto di corso Italia, giungeva a porta Bellaria o Villana (sbocco di via Untoria su piazza Giulio II). Da qui la cinta proseguiva in direzione della porta San Giovanni (sbocco di via Mistrangelo su piazza Diaz). Qui il cerchio si chiudeva raggiungendo il castello dello Sperone sopra alla galleria del Garbasso. Le mura avevano un’altezza variabile dai nove ai dieci metri (che in seguito furono ridotti a circa sette). Erano formate da due pareti parallele ad una distanza variabile tra poco più di quattro e due metri. Il vuoto tra le due pareti, era riempito con terra e macerie, fino ad un livello che consentisse l’esistenza di un parapetto di circa un metro.  Il primo tratto ad esser demolito, fu quello antistante la torre della Quarda (torretta) e l’ex convento di Sant’Agostino, nel 1825. Nel 1832 fu approvato ed entro il 1835 realizzato, il lavoro riguardante la demolizione delle mura tra porta San Giovanni e porta Bellaria. Nel 1837-38, cadde la cinta tra porta Bellaria e gli spalti della Fortezza (attuale zona tra via Untoria, piazza Giulio II e l’inizio di viale Alighieri). Nel 1839 sparì porta Bellaria, nel 1848 fu la volta di porta San Giovanni. Gli unici resti delle antiche mura rimasti fino ad oggi, si trovano sopra la galleria del Garbasso, e lungo via Montegrappa alle spalle del Teatro Chiabrera. Sopra il Garbasso si apre l’antica porta Foria, e sopra la porta, una loggia a quattro archi, ora sono murati, che probabilmente serviva ai soldati di guardia. Di qui partiva via Tagliata, verso la collina dei Cappuccini, Loreto ed il Piemonte”.

Cosa successe dopo la demolizione delle mura? Spiega Giovanni Gallotti: “Dopo la scomparsa delle mura, furono create alcune passeggiate che ne seguivano il percorso. Tra il 1833 ed il 1839, fu realizzata la passeggiata delle Lizie, addossata al vecchio tracciato murario, costruendo un voltino sopra l’antico fossato, tra porta San Giovanni e porta Bellaria. La parola Lizie, deriva da Lizza, palizzata o recinto in cui si svolgevano i tornei, e dai termini listja (francone) e lice (francese) La passeggiata, lunga circa 340 metri, si snodava lungo la linea ideale che unisce ora lo sbocco di via Mistrangelo su piazza Diaz e lo sbocco di via Untoria su piazza Giulio II. La rallegravano 120 alberi disposti su due filari, con un platano ogni due acacie. La distanza tra i due filari era di circa cinque metri e mezzo. Lo sviluppo edilizio e la realizzazione del Piano Regolatore di Luigi Corsi, dopo il 1865, segnarono la fine di questo angolo pittoresco della Savona ottocentesca, che secondo le descrizioni ed i disegni doveva essere molto suggestivo. Forse la sua distruzione non era del tutto necessaria, come molti sostennero, ma il “Progresso”, come si diceva allora, la condannò, ed oggi noi possiamo solo immaginarcela percorrendo con un po’ di nostalgia la via Manzoni. Il 9 febbraio 1873, fu pubblicato sulla “Gazzetta di Savona”, sotto forma di lettera al direttore, un nostalgico e singolare ricordo delle Lizie: “Carissimo direttore, vi ricordate quella bella passeggiata delle Lizie, sincope di delizie? Diritta come un fuso, con quei bei platani lunghi, frondosi, alle calde ore d’estate ci si respirava un po’ d’aria fresca, la domenica vi accorrevano le belle signore, e le signorine facevano l’occhio languido ai loro vagheggini come lo fanno anche adesso e come lo faranno per tutti i secoli dei secoli. La banda suonava un pezzo della Lucia o dell’Ernani, oppure un valtz di Strauss, e voi, caro direttore, che siete un ballerino di prima forza, vi sentivate a pizzicar le gambe, ed eravate quasi tentato a presentarvi alla più bella (e non avreste certo sbagliato nella scelta) per invitarla a far due salti con voi su quel pavimento composto di sassolini e di foglie cascate. Tutto questo è scomparso, non ci resta che il Molo, perché la passeggiata del Castello incassata com’è, d’estate è un vero forno, e poi non è ancora abbastanza ombreggiata. Ma ecco ci capita la ferrovia e ti taglia il Molo in due pezzi, come se fosse una mela. E di passeggiate pubbliche non ce ne sarà più, a meno che non siate anche voi fanatico del giardinetto o di quei due piccoli giardini che faranno sulla piazza della stazione“.

Debora Geido

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