Rubriche - 01 marzo 2014, 16:07

Qual è oggi uno dei momenti più amati e più attesi dagli italiani? La risposta è semplice: la pausa caffè!

Una band di amici che sa creare un sound genuino e sincero e che sa davvero divertire, emozionare, coinvolgere e commuovere il pubblico

Qual è oggi uno dei momenti più amati e più attesi dagli italiani? La risposta è semplice: la pausa caffè!

Qual è oggi uno dei momenti più amati e più attesi dagli italiani? La risposta è semplice: la pausa caffè! E qual è uno dei momenti in cui ci si può maggiormente rilassare, in amicizia e in allegria? Sempre la pausa caffè! E Pausa Caffè è proprio il nome della band di Albenga e dintorni che incontriamo oggi: un nome che rispecchia perfettamente la natura di questo gruppo, un gruppo di amici che trasforma ogni concerto e ogni prova in sala in una festa e in un momento di grande serenità e convivialità, che sa trasmettere questa voglia di amicizia al suo pubblico e che sa divertire divertendosi. E chi li ha visti dal vivo, per esempio l’estate scorsa a Diano Marina, sa che non è affatto raro vedere ai loro concerti, a un certo punto, anche i “lucciconi” negli occhi di qualcuno del pubblico. Abbiamo incontrato al bar (ovviamente durante una Pausa Caffè!) il cantante del gruppo, Ivan Veronese, e ci siamo fatti raccontare la magnifica storia di questa formazione.

1.     Innanzitutto come nasce questo nome così scherzoso e simpatico?

Principalmente nasce dal fatto che è la parola più frequente tra noi poveri e onesti lavoratori. Avevamo pensato anche di chiamarci “Coffee Break”, ma poi ci siamo detti: “Perché mai coffee break, se facciamo tutta musica italiana”? Così ha vinto Pausa Caffè. Che per me personalmente, oltretutto, ha un significato particolare perché crea una sorta di continuità emotiva, per me molto importante, con il mio primo gruppo musicale, i Verlaine Cafè con cui suonavo negli anni ’80 con Roberto Rosa, Francesco Mercurio, Raffaele Siri e Paolo Ponte. Alla fine ci siamo accorti con questo gruppo che Pausa Caffè era un nome di impatto, accattivante, immediato.

2.     Siete tutti musicisti conosciuti in Riviera e di comprovata esperienza, molti di voi con una carriera pluriennale alle spalle… Volete presentarvi uno per uno?

Abbiamo tutti il nostro soprannome, come spesso avviene tra amici. E cominciamo con Cristiano Fiorentino di Stellanello, detto “il cow boy”, perché ha un hobby particolare, una passione che lo ha portato anche a girare l’Italia: ama i cavalli e li sa ferrare proprio come i maniscalchi di una volta. Lui è il nostro chitarrista ed è il vero “fantasista” della squadra, nel senso che ama il country e il fingerpicking, ma ha suonato i generi più svariati in diverse band e quindi ha sempre la trovata giusta al posto giusto, è meticoloso e scrupoloso quanto basta ed è una persona di grande correttezza. Marco Corrado, di Coasco, è il nostro bassista ed è detto “Lo Sciupafemmine” solo perché è il più giovane e atletico di noi, ma in realtà non è uno sciupafemmine: è molto timido ma soprattutto è giovane ma con la testa sulle spalle, con i valori e la saggezza di una persona adulta e matura che sa quello che vuole. Oltre che con noi suona anche con i Nerovivo. Bassista molto tecnico e preciso, sa piazzare delle vere finezze. Andrea De Velo è detto “Psycho”, perché è la mente più eclettica e imprevedibile del gruppo. Lui è il nostro batterista, ma sarebbe assurdo, proprio per questa sua natura indomabile, ingabbiarlo in questo ruolo: lui infatti è un vero musicista a 360°, che sa suonare un sacco di strumenti (tromba, trombone, basso e chitarra solo per citarne alcuni) e che ha suonato di tutto e con tutti, dal liscio al metal e dalla banda alle percussioni nei team che fanno rievocazioni storiche. Nicola Alessi, detto “Il Maestro” per la serietà con cui si pone dietro i tasti bianchi e neri, è il nostro tastierista e anche la nostra punta d’orgoglio, perché siamo riusciti a riportarlo alla musica, a questa sua grande passione, dopo che aveva smesso da ben 27 anni. Introverso e riservato ma un grande, sincero amico per tutti noi. E poi ci sono io, Ivan Veronese, detto “Il pezzo grosso” per il mio fisico, anche se ultimamente mi sono rimesso in forma a pieno regime e sono dimagrito parecchio. Io nei Verlaine Cafè di cui parlavo prima nascevo come tastierista, per aver studiato piano da ragazzino. Dopo questo progetto diedi una svolta con un gruppo di cabaret e musica demenziale: ci chiamavamo I Bonzi di Riace e abbiamo avuto l’opportunità di aprire show per Teddy Reno, Rita Pavone, Teo Teocoli. Qui ho scoperto questa mia vera passione, che era il canto. Poi si sa come succede, la vita, il lavoro, gli impegni mi hanno tenuto lontano dalla musica per tanto tempo. Finchè un giorno le maestre della scuola elementare dei miei figli mi hanno chiesto di organizzare una festa per i bambini e io, tra gli intrattenimenti, ho messo su una band improvvisata. Questo mi ha fatto accendere come una scintilla: ho capito che avevo soffocato e represso la mia passione per troppo tempo, che era ora di ritornare a calcare i palchi. E dopo un po’ di ricerche è nata la band dei Pausa Caffè come la conosciamo oggi.

3.     Ho ascoltato le vostre composizioni originali, e in termini di influenze affondano le loro origini in quella “età dell’oro” della musica italiana, che va dai grandi cantautori, come Battisti e Dalla, fino alle band storiche come la Pfm. Come nasce una canzone dei Pausa Caffè e quali sono le coordinate musicali di ognuno di voi?

Come nascono le nostre canzoni? Innanzitutto democraticamente. La cosa bellissima che fa funzionare i Pausa Caffè è che non c’è un leader. Inevitabilmente c’è un frontman, cioè un cantante che sul palco “ci mette la faccia” un po’ più in primo piano degli altri, ma nel lavoro in sala prove c’è tanta amicizia, collaborazione e stima reciproca, in ogni decisione. Nel nostro repertorio ho portato, rivisitandoli e riarrangiandoli con gli altri, due brani del materiale dei Verlaine Cafè a cui ero profondamente legato: si intitolano “L’angelo ferito” e “Pensieri come navi”. Questa canzone per me è veramente un pezzo di cuore (e qui c’è un colpo di scena nel bar in cui ci troviamo: Ivan si alza dal tavolino, si tira su la felpa sulla schiena e ci fa vedere il titolo “Pensieri come navi” scritto in un pentagramma tatuato sulle spalle, a dimostrazione di quanto senta veramente questa canzone sulla sua pelle!). Poi ci sono due brani tra le nostre composizioni, intitolati “Brivido” e “A Kelly”, scritte da elementi che non fanno più parte della band. La Kelly della canzone è, in un certo senso, la ragazzina in vacanza, il cosiddetto “amorazzo” estivo, la cotta, che tutti abbiamo avuto nella nostra adolescenza. “Io non pretendo”, scritta da Andrea, è dedicata alla sua attuale compagna e addirittura lui l’ha conquistata proprio suonandogliela sul palco! Come si sarà capito sono tutte canzoni che hanno l’amore come filo conduttore. Alla base del nostro sound ci sono l’amore e il rock, che nelle nostre composizioni possiamo di volta in volta contaminare con sonorità funky, country, blues, ma sempre partendo da una matrice rock. E poi stiamo lavorando anche a due strumentali, ancora in via di definizione, uno dei quali è su uno spunto che mi porto come idea dentro praticamente da quando ero bambino!

4.     Nelle vostre serate dal vivo eseguite anche delle covers? Quali sono i brani che non potrebbero mai mancare nel vostro repertorio e come è organizzata una serata-tipo dei Pausa Caffè dal vivo?

Che domanda da un milione di dollari! Come faccio a scegliere delle covers “irrinunciabili”? Tutte le canzoni che facciamo dal vivo, da Battisti alle Vibrazioni, da Ruggeri a Zucchero, a Celentano, hanno un grande significato per noi e un senso nel nostro percorso musicale. “Meraviglioso”, emozionante classico riportato in auge dai Negramaro, “Pugni chiusi” dei Ribelli, ripresa nella fantastica interpretazione del grande Piero Pelù, “Mentre tutto scorre”, dei Negramaro, per la grinta che riesce a farmi tirar fuori, “Ovunque andrò” delle Vibrazioni, uno dei pezzi che abbiamo inserito più di recente in scaletta eppure uno di quelli che sento più mio, “Come il sole all’improvviso”, di Zucchero, “Polvere” di Enrico Ruggeri, che mi ricorda i bei tempi di quando iniziavo a fare musica.

5.     E concludiamo, come è tradizione di questa rubrica, con i prossimi appuntamenti live.

A questa domanda, ancora una volta, Ivan ci sorprende, dandoci una risposta piena di quella delicata poesia che costituisce anche la cifra stilistica della band. Ci dice infatti: i prossimi appuntamenti sono con tutta la gente che ha voglia di ascoltarci e di capire che cosa possiamo esprimere. Dopo aver fatto una buona estate dal vivo la crisi sembra avere un po’ fermato tutto. Ma abbiamo avuto tante soddisfazioni e quello che ci piace, la gioia più grande, è vedere che abbiamo un seguito sincero, di parenti e amici che vengono a sentirci dal vivo sentendo la cosa non come un obbligo, ma per il gusto di farlo e divertendosi davvero, ma che oltre al nostro seguito abituale riusciamo a far cantare, divertire, emozionare e commuovere gente di tutte le età!

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