Attualità - 25 novembre 2013, 08:20

GIORNATA VIOLENZA SULLE DONNE - Intervista esclusiva a Roberta Bruzzone

La criminologa spiega: "La Liguria risulta la terza Regione per numero più alto di maltrattamenti a livello nazionale"

Roberta Bruzzone nella Sala Rossa del Comune di Savona

Roberta Bruzzone nella Sala Rossa del Comune di Savona

In occasione del 25 novembre, Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, Savonanews ha intervistato la criminologa e psicologa forense Roberta Bruzzone che ha fornito una relazione professionale di quel lacerante fenomeno sociale che ha preso il nome di femminicidio. I numeri sono allarmanti, “abbiamo un media annuale di circa 130 donne uccise, considerato che negli ultimi 13 anni sono stati circa 2.000 i casi di femminicidio – afferma Roberta Bruzzone - e il numero aumenta se si considerano i suicidi e i tentati omicidi riconducibili a questo tipo di scenari. Le violenze sono aumentate del 53% e non tutti i casi possono giungere all'autorità giudiziaria, spesso le donne non hanno il coraggio di denunciare”. Ma un dato ancor più preoccupante ci riguarda da vicino. “La  Liguria risulta infatti la terza Regione per numero più alto di maltrattamenti a livello nazionale – continua – ed è un territorio dove per fortuna sono presenti e attive ottime strutture di sostegno per le donne vittima di violenza”.

L’uso estremo della violenza e della forza si rivela anche un atto di debolezza per gli uomini accecati dalla gelosia o per coloro che non accettano la fine di una relazione. “La possessione e l’esasperato controllo non hanno nulla a che vedere con l’amore – continua la criminologa – il femminicidio è un delitto d’odio motivato da una sorta di ‘lesione alla sfera narcisistica’ dell’uomo. Un tempo si parlava di delitto passionale o  d'amore, che tendeva a giustificare il fatto, oggi con il termine femminicidio si vuole contraddistinguere la gravità e il tipo di reato nell'opinione pubblica”.

Ma cosa scatta nelle mente di un uomo quando procura violenza? “Scatta una risposta ad un tentativo di ripristino di controllo e di possesso sulla vittima che non vuole portare avanti la relazione. La maggior parte di questo tipo di omicidio si consuma quando la coppia è nella fase terminale, perché si tratta di soggetti che tentano con ogni mezzo, prima attraverso la violenza poi con atti persecutori e in ultimo attraverso l’omicidio, di ripristinare una condizione di controllo assoluto sulla vita della partner che diventa vittima”.

Gli uomini violenti sono recuperabili? Sono previsti percorsi riabilitativi? “Questa è una bella domanda, purtroppo ad oggi non esistono ancora percorsi riabilitativi per questo tipo di soggetti. Quando un omicida entra nel circuito carcerario, il suo percorso di espiazione della pena non prevede trattamenti ad hoc di riabilitazione. Quindi ci ritroviamo di fronte a soggetti che, avendo già manifestato violenza relazionale in passato, una volta usciti dal circuito carcerario (nelle ipotesi di condannati) tendono a ripristinare comunque situazioni di violenza all’interno della coppia o di esasperato controllo”.

Le modalità in cui si manifestano le violenze non sono solo fisiche, ma anche psicologiche, verbali e non si svolgono all’interno delle sole mura. I sintomi e gli atti di maltrattamento sono spesso evidenti esternamente e “chiunque assiste deve avere il coraggio di denunciare gli abusi e le violenze – afferma la Bruzzone – Di fronte a questi fenomeni serve che tutta la popolazione sana prenda posizione. Non fare nulla vuol dire schierarsi dalla parte del carnefice”.

E per quanto riguarda la nuova normativa sullo stalking: “è una legge nata troppo frettolosamente che ha quindi risentito di una serie di mancanze. Per questo va riscritta completamente perché ci sono una serie di aspetti ambigui che consentono a moltissimi persecutori di sfuggire alle mani della giustizia. Nonostante rappresenti un primo passo importante, non la considero uno strumento efficace di tutela per le donne”.

Debora Geido

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