Attualità - 25 luglio 2012, 13:25

The show must go on

La morte, la beffa, la delega

The show must go on

Quanti ragazzi, spesso minorenni, pur di vedere i propri idoli e star loro vicino, sono disposti a lavorare in nero, a condizioni spesso fuori dalla legalità, e con uno stipendio ridicolo?

Eppure è oramai diventata una routine, anche se passa letteralmente in sordina. E accade quando, per organizzare grandi o piccoli eventi, soprattutto le amministrazioni pubbliche appaltano i lavori (o patrocinano i lavori di) imprese ed associazioni che assoldano persone, soprattutto ragazzini, per tenere bassi i prezzi.

Salire sulle torri delle casse senza corde, lavorare  10/14  ore al giorno a 3/4 euro l'ora se va bene, senza abbigliamento di sicurezza, se non portato da casa.

Una condizione reale che passa in sordina, e che salta fuori, solo per qualche giorno, quando un ragazzo ci lascia le penne.

"The show must go on", un'espressione alla quale Freddy Mercury attribuiva tutt'altro significato.

Eppure l'industria dello spettacolo è anche questo: sfruttamento. A ben poco serve il cordoglio delle star che sfilano portando "il proprio dolore" alle famiglie, mentre le loro tasche si son riempite dei soldi guadagnati sulla pelle di quei ragazzi.

Come Matteo (e lui di anni ne aveva 31) morto schiacciato dal crollo del palco della Pausini. E dopo la morte, la beffa.  Non è sufficiente che una famiglia abbia perso un proprio caro sul posto di lavoro. Ora l'Inail, come sempre accade quando si tratta di sborsar risarcimenti, fa il "braccino corto" , e spedisce un assegno di 1936.80 euro, con puerili giustificazioni.

Morire ed essere presi per i fondelli: è questo il futuro che lasciamo alle nuove generazioni? E' questo che vogliamo?

A quanto pare la risposta è SI. Nei fatti.

E ce lo dice proprio la madre di Matteo, quando sostiene che "una volta i sindacati non l'avrebbero mai permesso". Il che è verissimo. Com'è vero però che una volta c'erano le masse di lavoratori a controllare il loro operato, e una cultura di solidarietà di classe, in cui si riteneva che il dramma di un altro è anche il proprio.

Quanti ne dovranno morire ancora prima di tornare a pensarla cosi?

Matteo Loschi

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