INDUSTRIA & COMMERCIO - 12 luglio 2012, 10:31

Maersk e Dragaggi: la legge non basta

La salute va tutelata, anche quando la legge non lo dice

Maersk e Dragaggi: la legge non basta

Per raccontare questa vicenda è difficile anche solo decidere come iniziare. Lascia così di stucco, così arrabbiati, che forse le parole più adatte sono quelle di un comico, perchè senza un po' di ironia questa storia difficilmente potrebbe essere digerita (e speriamo non lo sia mai).

Che non ce ne voglia allora il comico Enrico Bertolino, se oggi ci affidiamo al suo stile, per raccontare di un giudice, della legge, e della scomparsa della logica del diritto nella sua accezione più ampia, non limitata ai termini di legge.

Perchè?

Perchè ho visto cose che voi savonesi non potete neanche immaginare.

Ho visto fabbriche chiudere, e migliaia di persone rimaste senza lavoro.

Ho visto sindacalisti, succubi di un partito, difendere i propri padroni, usando il ricatto occupazionale per condannare i propri colleghi.

Ho visto le ginocchia della carta stampata talmente rovinate e piene di calli, da non provar neanche più dolore nel vivere a mezza altezza..

Ho visto squali dell'imprenditoria mondiale mettere gli occhi sul mare vadese, per poterne disporre a proprio piacimento.

Ho visto cittadini e amministrazini aggrapparsi alla speranza che la legge in Italia sia la strada da seguire, scordandosi però che la legge la scrive (o non la scrive) chi ha il potere.

E ora ho visto giudici applicare la "non legge", dimostrando, a scapito della salute e del diritto dei molti, l'esistenza del "non diritto".

Siam pazzi, direte voi... alieni sicuramente, se ci permettiamo di far domande.... "Non legge"? "Non diritto"?

Ebbene il nocciolo della questione sta tutta qui, nella sentenza del TAR di un paio di settimane fa, secondo la quale, in soldoni, i potenti "avrebbero il diritto", nelle fasi di costruzione della piattaforma container, di poter dragare i fondali e riversare nuovamente in mare il materiale dragato, praticamente a proprio piacimento.

La ragione (o la non ragione)?

Secondo la legge sarebbe possibile operare i dragaggi di fondali (che la stessa Arpal descriveva altamente inquinati), e contestualmente prevederne eventualmente la bonifica.

Beh, se è così, allora vale tutto. Vale anche la tesi introduttiva della sentenza secondo la quale, in sostanza, trattandosi di opere da realizzare in mare, ai comuni non dovrebbe riguardare perchè non ne verrebbero danneggiati.

In questi giorni il Sindaco di Vado Ligure sta valutando assieme agli avvocati la possibilità di ricorrere al Consiglio di stato. Questa è la normale procedura.

E la sentenza offre molti spunti come la mancanza di analisi adeguatamente approfondite per valutare la necessità di una bonifica, la non considerazione di 100 anni di industrializzazione di Vado Ligure (allora non esistevano norme ambientali) e via dicendo.

Ma forse, di fronte ai presupposti così chiaramente espressi, allora potrebbe aver ragione chi sostiene che non è la strada della legge, quella che porterà giustizia. Come si può giocare con le stesse regole di chi, le regole, le impone, le scrive, le detta?

Non accettare questo tavolo da gioco non significa necessariamente  arrendersi.

E l'esempio lo abbiamo, tuonante, su tutti i media. La Val di Susa che resiste, e che vede una mobilitazione di massa, partecipata, di quelli che Don Gallo definisce i nuovi, veri partigiani.

Coloro che di fronte all'imposizione, e ai cavilli burocratici, rispongono con la presenza, impedendo ai camion di passare, alle scavatrici di lavorare, alla polizia di dominare.

Gli stessi che oggi si battono contro l'utilizzo del carbone, sempre a Vado, e che qualche anno fa diedero un sonoro calcio nel sedere a chi voleva la piattaforma ad ogni costo.

Persone che sanno che salute e lavoro non sono barattabili.

 

 

Matteo Loschi

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