Attualità - 05 aprile 2012, 16:51

Savona, Vescovo Lupi: “Camminare in un progetto comune”

Di seguito il testo integrale dell’omelia del vescovo Vittorio Lupi pronunciata ieri sera durante la Messa Crismale

Savona, Vescovo Lupi: “Camminare in un progetto comune”

Un richiamo forte a tutta la comunità ecclesiale di Savona: clero, religiosi e laici. Un invito e un progetto concreto: lavorare sempre di più insieme, forti delle capacità di reazione alle difficoltà, difficoltà che pervadono la nostra società e anche la nostra chiesa. Si potrebbero sintetizzare così i passaggi più importanti dell’omelia che il vescovo Vittorio Lupi ha pronunciato ieri sera durante la Messa Crismale.

In una gremitissima cattedrale, davanti alle varie anime della diocesi, dai movimenti alle confraternite, dai cori ai giovani, e soprattutto davanti al clero della chiesa savonese, monsignor Lupi ha iniziato sottolineando proprio questo “convenire”, non limitandosi agli aspetti esteriori di questa grande comunità cristiana.

E’ sempre bello e suggestivo ritrovarci in questa Chiesa Madre, in una circostanza così solenne, in cui tutta la Chiesa locale si raccoglie attorno al vescovo per compiere insieme il gesto più importante che alimenta tutta la sua vita: la celebrazione dell’Eucaristia.

In essa il Cristo ancora una volta si fa presente con la sua parola e col suo Corpo Eucaristico in mezzo a tutti noi, che siamo il suo Corpo mistico, articolato in una pluralità di ministeri e di carismi in cui ciascuno ha proprie modalità di servire il Vangelo per l’edificazione della comunità.

Attraverso le varie realtà presenti noi tutti ne manifestiamo la ricchezza, che si esprime attraverso la presenza del Vescovo successore degli apostoli, attraverso i presbiteri suoi collaboratori, attraverso i diaconi che ne esprimono la volontà e l’atteggiamento di servizio, i religiosi che ne vivono i consigli, il popolo di Dio che, nelle sue varie articolazioni, vive il suo mandato di evangelizzare le realtà temporali: la famiglia, i luoghi del lavoro, i luoghi della sofferenza, del divertimento, della riflessione e dello studio, della progettazione.

Il nostro convenire è già un segno forte: è la comunità dei cristiani che diffusa nelle famiglie, nei luoghi del lavoro e dell’impegno, in mezzo alla società, si raccoglie oggi qui per vivere quello che è in tutto l’anno il momento maggiormente espressivo dell’unità della diocesi: la Messa crismale.

In questa celebrazione tutti i segni esprimono questa unità: anzitutto il convenire di tutti, poi l’Eucaristia che è l’unico Pane condiviso, e infine i segni che prolungheranno questa unità per tutto l’anno: lo stesso Olio dei Catecumeni che ungerà tutti i battezzandi della diocesi; lo stesso Crisma che consacrerà tutti i cresimandi; lo stesso Olio degli Infermi che consolerà e sosterrà tutti i malati della nostra diocesi.

In questo modo il vescovo si rende presente in tutta la diocesi attraverso i segni efficaci che i sacerdoti, uniti a lui, doneranno ai fedeli e che renderanno attivo in ogni parrocchia e in ogni momento sacramentale Cristo stesso.

E’ bello contemplare la Chiesa nella sua realtà più profonda e autentica, vederne non solo l’aspetto esteriore e caduco, ma la sua realtà di fronte a chi l’ha voluta e amata fino a sacrificarsi per essa. Vederla nella sua freschezza e nelle sue stanchezze, nel suo dono e nelle sue rughe, vedere i preti nella loro storia concreta, nella loro umanità, nei loro limiti e nella bellezza del loro ministero, vedere i religiosi nella loro testimonianza di vita evangelica, vedere i laici nei loro impegni, a contatto con le difficoltà di ogni giorno.

Soprattutto contemplare la realtà del popolo di Dio, che è sacerdotale perché vitalmente unito a Cristo, sommo ed eterno sacerdote, e, in questo popolo e a servizio di questo popolo, coloro che hanno il ruolo essenziale e insostituibile dei ministri ordinati, coloro che fin dai tempi apostolici venivano scelti dallo Spirito e consacrati mediante l’imposizione delle mani.

Il loro ruolo all’interno del popolo di Dio esige una vita impegnata soprattutto nel cammino di santità, un cammino da riprendere ogni giorno senza stancarsi, facendo tesoro di tutte le occasioni e di tutti gli aiuti che la Chiesa offre a loro come a tutti i cristiani: il sacramento della penitenza, la preghiera, l’ascolto della Parola, la meditazione, le opere della carità, la vita fraterna, il sostegno reciproco tra presbiteri. La promessa di obbedienza che la Chiesa richiede ad ogni sacerdote nel giorno della sua Ordinazione e che oggi i sacerdoti rinnovano qui, davanti al Vescovo e a tutto il popolo di Dio, non è tanto un bisogno di ordine organizzativo, tanto meno di potere, ma di fecondità apostolica. Il detto di Sant’Agostino: ”se mi atterrisce il fatto di essere per voi Vescovo, mi consola il fatto di essere con voi Cristiano” illustra bene la dignità del cristiano e, nello stesso tempo, l’alta missione del presbitero.

I sacerdoti esprimono qui la loro unità alla vita della Chiesa attraverso il rinnovamento delle loro promesse sacerdotali, ma è tutta la nostra Chiesa che, insieme con loro vuole affermare il rapporto vitale che ha con Cristo attraverso la fedeltà alle sue promesse battesimali che rinnoverà durante le Veglia Pasquale e i religiosi attraverso la rinnovazione dei loro voti che fanno in particolare nella giornata della vita consacrata, durante la solennità della Presentazione del Signore.

La fedeltà alle promesse che ognuno di noi ha fatto è quella che conferisce fecondità spirituale alla nostra missione, missione diversa per ciascuno di noi, ma complementare nell’armonia dei ministeri, tutti importanti nella loro diversità per l’edificazione dell’unico Corpo di Cristo. Una missione che può avere i suoi momenti difficili, può provocare stanchezza e, a volte, delusione, sconforto, per le difficoltà, per le ostilità, per la mancanza di corresponsione, ma che non manca mai del sostegno, della forza, della consolazione del Maestro e dell’azione dello Spirito.

Questa azione e questa forza ci vengono attraverso la vita stessa della Chiesa che non abbandona i suoi figli, ma li sostiene oltre che con i sacramenti, anche con le indicazioni programmatiche che li aiutino nel loro ministero.

La Chiesa diocesana vive la sua unità in tanti modi, ma soprattutto attraverso l’attuazione del Programma Pastorale diocesano che è quello che permette di vivere quell’unità che qui è significata. L’unità che qui è espressa attraverso la presenza di tutte le realtà diocesane è, e deve essere vissuta lungo il corso dell’anno, nell’impegno a realizzare insieme quel programma pastorale che insieme abbiamo pensato e programmato. Il programma pastorale non è riducibile a ripartizione di compiti, e non ha la pretesa di prestabilire i percorsi della grazia nella vita delle persone, non vuole esaurire tutta la pastorale. È ”l’esercizio della carità pastorale”, cioè dell’amore con cui si intende servire l’edificazione della chiesa mettendosi in ascolto della Parola e in ascolto della vita e delle necessità delle persone, cercando insieme risposte concrete, con i doni e ministeri che lo Spirito Santo suscita.

I sacerdoti dovranno vedersi sempre più all’interno di un presbiterio e dentro una sinfonia di ministeri e di iniziative nella parrocchia, nella diocesi e nelle diverse sue articolazioni. Il parroco sarà meno l’uomo del fare e dell’intervento diretto e più l’uomo della comunione e perciò avrà cura di promuovere vocazioni, carismi e ministeri all’interno della comunità. La sua passione saprà far passare i carismi dalla collaborazione alla corresponsabilità, da figure che danno una mano a figure che pensano insieme e camminano dentro un comune progetto pastorale.

I religiosi opereranno all’interno delle loro opere educative, di spiritualità, di formazione, di carità, mettendo queste e la loro testimonianza personale a servizio della società vivendo tutto questo pienamente inseriti nella Chiesa.

I laici avranno cura di essere in tutti gli ambienti seme di novità evangelica, sale, lievito, luce da non nascondere sotto il moggio, affinché gli uomini si scoprano amati da Cristo e gli rispondano.

Non bastano l’impegno, la fatica, il sacrificio perché l’ apostolato sia fecondo per il bene delle anime: è necessario che la nostra generosità sia spesa non secondo le nostre idee, ma secondo il volere di Cristo, che ci si comunica attraverso le indicazioni della Chiesa, per non essere dei battitori liberi, magari generosi, ma solitari.

Solo se vitalmente uniti a Cristo che è la vite viva nella Chiesa possiamo portare frutto. E questa unità ha tanti aspetti, anche quello del lavoro pastorale impostato e realizzato insieme.

Quando vogliamo battere le nostre strade, la fatica spesa non ci salverà dalla stanchezza interiore, da un senso di tiepidezza e di trascinamento: tutto, anche le cose più grandi, diverranno routine da assolvere nei tempi e nei modi più rapidi e distaccati.

Sono illuminanti a questo proposito le parole del Santo Padre Benedetto XVI nella quaresima dello scorso anno: “Servire vuol dire non fare quanto io mi propongo, servire vuol dire lasciarmi imporre il peso dal Signore, il giogo del Signore; servire vuol dire non andare secondo le mie preferenze, le mie priorità, ma lasciarmi realmente prendere in servizio per l’altro. E’ importante questo aspetto concreto del servizio, che non scegliamo noi cosa fare, ma siamo servitori di Cristo nella Chiesa e lavoriamo come la Chiesa ci dice, dove la Chiesa ci chiama” .

Questa logica del servizio deve essere di tutte le componenti del popolo di Dio. E a tutte queste componenti voglio inviare in questa sera così speciale una parola di speranza: i tempi che stiamo vivendo non sono propizi, né dal punto di vista sociale, né dal punto di vista ecclesiale.

La situazione di crisi della società dal punto di vista economico è grave, ma potrà essere superata se tutte le parti della società sapranno restare unite e cercare il bene comune. Abbiamo ampliamente riflettuto su questo argomento durante le Festa patronale di N. S. della Misericordia. Ancora una volta esorto tutti: parrocchie, comunità religiose, movimenti, confraternite, a farci vicini quanto più possibile a coloro che sono maggiormente provati da questa nuova situazione di difficoltà.

Anche dal punto di vista ecclesiale incontriamo difficoltà di diverso tipo, ma pur sperimentando l’attacco del male dall’esterno e anche dall’interno, la nostra diocesi non si è ripiegata su se stessa, non si è bloccata a leccarsi le ferite, ha reagito con forza e dignità, non confidando sulle proprie forze, ma nella grazia di Dio.

Ne sono prova i numerosi parroci che hanno obbedito con prontezza all’invito del vescovo di svolgere il loro ministero in una nuova parrocchia. Nonostante la fatica di riprendere il loro lavoro pastorale in una nuova comunità, pur con la difficoltà dello spostamento, si trovano ad aver rinnovato e ringiovanito la loro pastorale dovendola adattare ad una nuova realtà, nella quale sicuramente avranno frutti e fecondità, perché inseriti nella Chiesa e nella volontà di Dio.

Ne sono prova i numerosi contatti portati avanti dagli uffici diocesani e dalle vicarie per un lavoro coordinato con le parrocchie, nell’attuazione dello stesso programma pastorale. Un lavoro di servizio alle parrocchie, iniziato da poco, ma portato avanti con determinazione, che, con la buona volontà e l’impegno di tutti e, soprattutto con la grazia del Signore, porterà sicuramente frutti di collaborazione, corresponsabilità e di comunione.

Non ci siamo fermati nemmeno per quanto riguarda il problema dell’abuso, ma c’è stata una reazione positiva alle ferite e sofferenze inflitte alla nostra chiesa. Ne sono prova gli incontri che sono già avvenuti a diversi livelli sulla educazione alla prevenzione di questo deleterio fenomeno, quelli che ancora seguiranno nei prossimi mesi, e il corso destinato a tutti gli educatori su questo tema specifico, che è in programma per il prossimo anno pastorale, cui seguiranno altri incontri nelle parrocchie.

Dice S. Paolo nella seconda lettera ai Corinti: ”in ogni cosa ci presentiamo come ministri di Dio con molta fermezza: nelle tribolazioni, nelle necessità, nelle angosce, nelle fatiche, con sapienza, con magnanimità, con amore sincero, con parole di verità, con le armi della giustizia, nella gloria e nel disonore, nella buona e nella cattiva fama; trattati come impostori, eppure siamo veritieri, come estranei, eppure conosciuti, come moribondi, e invece ben vivi, come puniti, ma non uccisi, come tormentati, ma sempre lieti, come poveri, ma capaci di arricchire molti” (2Cor 6, 4 -10) con le dovute proporzioni anche noi potremmo dire altrettanto della nostra Chiesa, e tutto questo non per nostro merito, ma per la grazia del Signore.

Tra le preoccupazioni più sentite nella nostra chiesa, la difficoltà delle vocazioni sacerdotali e religiose, una difficoltà che purtroppo investe anche altre chiese locali, ma questo non ci consola.

Le vocazioni ci saranno se il livello di santità dei nostri sacerdoti, dei nostri fedeli e dei nostri laici sarà alto. Impegniamoci tutti. Sarà il livello del nostro fervore, del nostro entusiasmo, del nostro infaticabile lavoro per il Regno, della nostra preghiera, che diranno ai giovani che è bello dare la vita al Signore.

Sosteniamo con la preghiera quei giovani che il Signore chiama e che stanno cercando di maturare una risposta. Abbiano quella generosità che darà alla loro vita la piena realizzazione che il Signore dona a chi cerca esclusivamente la sua volontà.

In questa giornata che celebra la comunione della Chiesa c’è una attenzione particolare ai presbiteri, vogliamo ricordare e sentire particolarmente vicini i sacerdoti che in questo anno ci hanno lasciati e sono spiritualmente con noi in questa celebrazione: Don Conte Savino e Don Debenedetti Franco, missionari in Brasile, Don Perucca Giuseppe e Don Delfino Gerolamo. Hanno detto di si con generosità al Signore quando li ha chiamati al ministero presbiterale, ora li ha chiamati a godere il premio per le loro fatiche apostoliche; ricordiamoli con gratitudine nelle nostre preghiere.

Vogliamo ricordare anche coloro che per l’età e la salute non possono essere materialmente con noi, ma sono uniti a noi spiritualmente in questa celebrazione: Don Carlo Sala, il Can. Botta Leonardo, Don Pampararo Luigi, Don De Stefanis Michelangelo, il Can. Ernesto Bottero, (il Can. Ghigliazza Luigi). Sono presenti anche nel nostro cuore e nella nostra preghiera quei sacerdoti che per altri motivi non sono qui tra noi.

Un ricordo particolare a Don Michele Farina che a Cuba ha avuto un momento impegnativo di lavoro e di intensa gioia spirituale per la visita del Papa. La Madre di Misericordia, dono immenso di Cristo ci sostenga e ci guidi in questo cammino. Affidiamoci a Lei, sia Lei, in questo tempo irto di difficoltà interne ed esterne alla Chiesa, la consolazione, il sostegno, il calore materno per ognuno di noi. Lei rallegri, consoli, addolcisca i nostri sacrifici e plasmi in noi Gesù.

Com.

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