E' stata una fatica improba quella di seguire tortuosi richiami normativi e “combinati disposti” che rimandano ad un immenso panorama di precedenti disposizioni. Ciò che maggiormente emerge è la scelta di progressive misure restrittive ed impopolari, che sono state l'elemento caratterizzante di quest'ultimo Governo Berlusconi, così poco diverso dai precedenti.
Si comprende, nonostante la scarsa chiarezza espositiva, che questa manovra apparentemente destinata solo a fronteggiare la crisi, in realtà rappresenta anche un'operazione ideologica e classista, nella quale si sancisce il privilegio dei ricchi, degli agiati, degli esportatori e dei reimportatori di capitali scudati a non pagarne gli oneri, a fronte dei sacrifici che lavoratori dipendenti, precari, pensionati ad anche molti lavoratori autonomi del popolo delle partite IVA saranno chiamati a sopportare nell'immediato futuro in termini di tenore di vita, difesa della propria autonomia decisionale, accesso ai consumi, ma soprattutto di fruizione dei servizi e di tutela dei diritti.
Sul versante delle classi sociali privilegiate regna la tranquillità: infatti grandi ricchezze, rendite e patrimoni ancora una volta non saranno toccati, come pure non vi sarà impegno per il recupero dell'evasione e dell'elusione fiscale.
Per quanto riguarda il cosiddetto “contributo di solidarietà”, quello dovuto in caso di redditi superiori a 90.000 e 150.000 Euro, ci si domanda che razza di contributo possa essere se, come sembrerebbe, ne venisse concessa la deducibilità e, quindi, fosse reso almeno in parte recuperabile, alla faccia dell'equità contributiva.
Sul versante della gente comune, anzi della povera gente, il panorama è ben diverso e si configura in questo modo: lavorare più a lungo, uomini e donne, dipendenti pubblici e privati, per raggiungere pensioni che non saranno indicizzate e vedendo rinviata la liquidazione del trattamento di fine rapporto e frazionata la tredicesima mensilità.
Si dovranno inoltre versare più tasse, pagare salati ticket sanitari, subire il rischio di facili licenziamenti, rinunciare alle tutele dei contratti collettivi di lavoro, assistere al progressivo depotenziamento di sanità, welfare, istruzione e cultura e vivere in paesi, città e regioni sempre più poveri ed abbandonati istituzionalmente a se stessi (che bel federalismo!!)
La manovra si conclude con un patetico teatrino di miserevoli tagli alle forme di democrazia locale e di risibili misure per ridurre i costi della politica nazionale, mentre restano confermate e progressivamente aumentate le già onerosissime spese per l'apparato militare, le missioni, gli armamenti e le guerre.
Ciliegina sulla torta è la volontà di umiliare la storia della democrazia di questo paese, accorpando, probabilmente alla domenica successiva, le festività del 25 aprile, 1 maggio, 2 giugno per annullare così la specificità ideale ed il significato di tali ricorrenze. Il calendario delle festività religiose concordatarie, invece, è rimasto inalterato, così come i privilegi fiscali della Chiesa Cattolica.
Compito della buona politica è quello di battersi affinchè lo svuotamento dei diritti, contrabbandato oggi per misura anticrisi, sia sconfitto da una forte iniziativa popolare.
Le piazze, gli Enti locali, i luoghi di lavoro e di cultura diventino la sede permanente di una forte mobilitazione che semplicemente rivendichi il rispetto della Costituzione, ovvero la progressività nel contribuire alle spese ed alle finanze dello Stato, l'equità nella divisione dei sacrifici, il rispetto dell'esigibilità dei diritti per tutti ed il perseguimento sanzionatorio di chi ha provocato, o indifferentemente ignorato, il crescere della crisi che ora si vuol far pagare agli onesti cittadini che ne subiscono gli effetti.