L’azzeramento del fondo nazionale per la montagna e l’obbligo per i piccoli Comuni delle gestioni associate impongono anche alla nostra Regione scelte che, per la complessità ed eterogeneità delle situazioni in essere, non si rivelano facili.
Sono ben 183 su 235 i Comuni liguri che, essendo sotto la soglia dei 5000 residenti, dovranno trovare intese convenzionali o costituire unioni di Comuni e svolgere, all’insegna dell’efficienza e del risparmio, pressoché tutte le loro funzioni.
Oggi, 156 Comuni (9 dei quali con una popolazione superiore ai 5000 residenti) costituiscono 12 Comunità Montane, ciascuna delle quali è punto aggregante di riferimento (in un territorio non sempre omogeneo e comunque diverso da ogni altro) e ha assolto le funzioni che le sono state delegate: “ha assolto”, perché domani, in assenza dei finanziamenti statali, non potrà più farlo e verrà meno la sessa sua ragione di esistere.
Mentre critichiamo, con non poche ragioni, le scelte del Governo e della sua maggioranza, credo sia soprattutto urgente per la Regione Liguria ascoltare, studiare e discutere come legiferare e come intervenire per garantire ai piccoli Comuni, già disagiati e progressivamente privati delle risorse umane e finanziarie indispensabili, le migliori condizioni per rispondere concretamente ad alcune irrinunciabili esigenze dei propri residenti. Occorre ascoltare i Sindaci e gli Amministratori locali, ma anche i segretari e i responsabili dei servizi, per costruire un riordino delle forme associative, non calato dall’alto e duraturo perché realistico e ben motivato.
Va intanto detto che le popolazioni dei Comuni aderenti a una Comunità Montana si conoscono, si frequentano, sono unite da un’identità consolidatasi nel tempo e appartengono a un comprensorio più o meno vasto impegnato nella valorizzazione delle sue risorse. La storica consuetudine ad incontrarsi per condividere una programmazione sovraccomunale o anche soltanto per esprimere solidarietà e sostegno reciproco sono un patrimonio da non disperdere.
Ebbene, chiediamo noi oggi a quegli stessi Comuni di collaborare, avanzando anche proposte sulle forme associative e sulla loro articolazione utile a svolgere con razionalità ed efficienza le funzioni fondamentali previste dalla legge: amministrazione, polizia locale, istruzione pubblica, viabilità e trasporti, ambiente e servizi sociali.
La Regione dovrà, nel frattempo, preoccuparsi del destino dei dipendenti delle Comunità Montane, soprattutto di coloro che, non svolgendo mansioni legate a funzioni di competenza regionale o provinciale (agricoltura e foreste, vincolo idrogeologico, incendi boschivi e protezione civile) e non avendo alternative (altre amministrazioni, prepensionamento), potrebbero trovare collocazione nell’ambito delle funzioni intercomunali. Così come dovrà interessarsi di rinvenire le risorse necessarie per sostenere il previsto e obbligatorio riordino delle comunità locali, sia invocando il sostegno ai piccoli Comuni, stabilito dalla finanziaria nazionale, sia investendo risorse proprie per incentivare l’unione di Comuni o per favorire le possibili scelte di convenzionamento per lo svolgimento delle funzioni comunali.
Le dinamiche descritte richiederanno tempo, per cui, non essendo stato ancora emanato il D.P.C.M. previsto dalla L. 122/2010 relativo alla gestione associata obbligatoria di funzioni comunali ed essendovi incertezza sull’interpretazione di diverse parti della normativa in oggetto, mi auguro che si voglia considerare il 2011 come anno di istruzione e conseguente transizione al nuovo sistema di gestione del territorio e dei servizi.