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Economia | 14 marzo 2025, 07:00

L’aumento della produzione OPEC+ e l’impatto relativo ai prezzi

Goldman Sachs ha recentemente rivisto le proprie previsioni sui prezzi del petrolio, segnalando possibili rischi al ribasso per il Brent nel 2025 e 2026.

L’aumento della produzione OPEC+ e l’impatto relativo ai prezzi

Goldman Sachs ha recentemente rivisto le proprie previsioni sui prezzi del petrolio, segnalando possibili rischi al ribasso per il Brent nel 2025 e 2026. La causa principale di questa prospettiva è la decisione dell’OPEC+ di aumentare la produzione a partire da aprile 2025, anticipando di un trimestre le aspettative iniziali della banca, che prevedevano aumenti da luglio. Questo cambiamento rappresenta il primo incremento produttivo dell'OPEC+ dal 2022 e potrebbe tradursi in una maggiore disponibilità di barili sul mercato, esercitando pressione al ribasso sui prezzi.

Le nuove previsioni di Goldman Sachs

Le stime iniziali della banca d’investimento indicavano un prezzo medio del Brent di 78 dollari al barile nel 2025 e 73 dollari nel 2026, mentre per il WTI statunitense le previsioni erano rispettivamente di 74 e 68 dollari al barile. Tuttavia, se l'aumento della produzione dovesse protrarsi oltre i quattro mesi previsti, l’offerta eccedentaria potrebbe abbassare i prezzi. In uno scenario particolarmente pessimistico, in cui l’OPEC+ continui ad aumentare la produzione per 18 mesi consecutivi, il Brent potrebbe scendere fino alla fascia bassa dei 60 dollari al barile entro la fine del 2026. La quotazione petrolio continua a essere influenzata da una combinazione di fattori economici e geopolitici. Le recenti oscillazioni di prezzo riflettono le decisioni dell’OPEC+, le tensioni internazionali e le prospettive di crescita globale.

Domanda debole e impatti macroeconomici

Oltre all’incremento dell’offerta, Goldman Sachs sottolinea come anche la domanda di petrolio presenti fattori di debolezza. Recenti dati economici dagli Stati Uniti, segnali di rallentamento in Cina e l’inasprimento delle tariffe commerciali stanno creando ulteriori incertezze. L’annuncio dell’OPEC+ ha già avuto un impatto immediato sul mercato, con un calo dei prezzi del petrolio di circa il 2%, raggiungendo il livello più basso delle ultime 12 settimane. Anche altre istituzioni finanziarie hanno rivisto le proprie prospettive sul mercato del petrolio. Citi Research ha dichiarato che la decisione dell’OPEC+ è più ribassista rispetto alle previsioni iniziali, che ipotizzavano un ritorno della produzione su livelli più alti solo nel 2025. Attualmente, Citi prevede che il Brent scenderà a una fascia compresa tra 60 e 65 dollari al barile nei prossimi 6-12 mesi. Barclays, invece, interpreta la mossa dell’OPEC+ come una risposta a pressioni politiche, in particolare dagli Stati Uniti, piuttosto che a un effettivo aumento della domanda globale.

Considerazioni geopolitiche ed energetiche

Negli ultimi 24 mesi, il contesto geopolitico ha giocato un ruolo cruciale nell’andamento del mercato energetico, in particolare sui prezzi del petrolio e sugli asset collegati. La guerra in Ucraina, le sanzioni imposte alla Russia e il conseguente riassetto delle catene di approvvigionamento hanno ridefinito gli equilibri globali. Nel frattempo, le tensioni in Medio Oriente e le politiche statunitensi sui combustibili fossili hanno ulteriormente influenzato la produzione e il commercio petrolifero. L’OPEC+, nel tentativo di bilanciare la domanda e l’offerta, si trova ora a dover navigare tra pressioni economiche e interessi politici contrastanti. Se l’aumento della produzione proseguirà senza un parallelo rafforzamento della domanda, il mercato potrebbe trovarsi di fronte a una fase prolungata di prezzi deboli, con conseguenze dirette sulle economie esportatrici di petrolio e sugli investitori nei settori energetici tradizionali.

Il prezzo del Brent è destinato a rimanere sotto pressione nei prossimi anni a causa di una combinazione di fattori strutturali e geopolitici. L’OPEC+ ha storicamente agito come regolatore del mercato, intervenendo con tagli o aumenti di produzione per stabilizzare i prezzi. Tuttavia, con la crescente concorrenza da parte dei produttori di shale oil statunitensi e la transizione energetica in corso, il cartello potrebbe avere difficoltà a mantenere il controllo assoluto sul mercato. Inoltre, la Cina e l’India, due dei principali consumatori di petrolio al mondo, stanno diversificando le proprie fonti di approvvigionamento, riducendo progressivamente la loro dipendenza dal greggio mediorientale. Questo trend potrebbe limitare l’efficacia delle strategie dell’OPEC+ e amplificare la volatilità del mercato. Al momento il prezzo del petrolio registra una lieve tendenza al rialzo, con il Brent a 69,29 dollari al barile e il WTI a 67,14 dollari. Tuttavia, il mercato resta volatile a causa di tensioni geopolitiche, decisioni dell’OPEC+ e timori di recessione. L’incremento della produzione di alcuni paesi OPEC ha inoltre esercitato pressioni al ribasso. Dopo aver raggiunto un picco annuale a gennaio, i prezzi si sono stabilizzati, mentre gli operatori continuano a monitorare le dinamiche globali per adeguare le proprie strategie. Nel contesto energetico globale, la spinta verso la decarbonizzazione e l’adozione di energie rinnovabili stanno riducendo la domanda strutturale di petrolio nel lungo termine. Gli investimenti in infrastrutture per l’energia pulita stanno aumentando rapidamente, con molte nazioni che mirano a ridurre le emissioni e la dipendenza dai combustibili fossili. Tuttavia, nel breve e medio termine, il petrolio rimarrà un elemento centrale dell’economia globale, influenzato non solo dalle dinamiche di domanda e offerta, ma anche da eventi geopolitici imprevedibili. Per i trader e gli investitori, monitorare le decisioni dell’OPEC+, le politiche energetiche delle grandi potenze economiche e le tensioni internazionali sarà cruciale per comprendere le future tendenze del mercato.

Richy Garino

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