Il 19 gennaio 2025, le autorità italiane hanno arrestato a Torino Njeem Osama Almasri Habish, alto ufficiale della polizia giudiziaria libica, in esecuzione di un mandato di arresto emesso dalla Corte Penale Internazionale (CPI) accusato di crimini contro l'umanità e crimini di guerra, inclusi omicidio, tortura, stupro e persecuzione, commessi nella prigione di Mitiga, Libia dal febbraio 2015 in poi.
"Tuttavia, il 21 gennaio, la Corte d'Appello di Roma ha ordinato la sua liberazione - spiega Maria Gabriella Branca, Responsabile Nazionale Giustizia Sinistra Italiana - a causa di una procedura di arresto ritenuta non conforme, poiché sarebbe mancata una comunicazione immediata al Ministero della Giustizia. Successivamente, il Ministro dell'Interno Matteo Piantedosi ha emesso un decreto di espulsione per motivi di sicurezza dello Stato, e Almasri è stato rimpatriato su un volo di Stato in Libia, dove è stato accolto come un eroe al suo ritorno, con sostenitori che lo hanno festeggiato all'aeroporto di Mitiga".
"Non vi è dubbio - prosegue Branca - che si tratta di un cavillo burocratico e che la decisione sulla sua liberazione è stata solamente politica. Il ministro della Giustizia avrebbe avuto strumenti sia per rimediare alla mancanza della sua “approvazione” all’arresto, sia per ordinare che venisse di nuovo arrestato dopo la sua liberazione".
"Ma Nordio non ha voluto ottemperare all’ordine della Corte Penale- spiega la Responsabile Nazionale Giustizia di Sinitra Italiana - con gravissime implicazioni: violazione degli obblighi internazionali: la mancata esecuzione del mandato di arresto emesso dalla Corte Penale Internazionale (CPI) rappresenta una grave violazione degli obblighi internazionali dell'Italia ( l'articolo 1 della Legge 20 dicembre 2012, n. 237 che disciplina la cooperazione tra l'Italia e la CPI stabilisce che "lo Stato italiano coopera con la Corte penale internazionale conformemente alle disposizioni dello statuto della medesima Corte"); gestione opaca e decisioni politiche discutibili: la gestione del caso da parte del governo, evidenzia una mancanza di trasparenza nelle decisioni che hanno portato all'espulsione di Almasri, e tali azioni paiono motivate da interessi politici legati ai rapporti tra Italia e Libia, in particolare riguardo alla gestione dei flussi migratori (con quel governo l’Italia ha dal 2017 un accordo per fermare con la violenza le persone migranti che tentano di arrivare in Italia via mare); liberazione di un pericoloso criminale: il governo ha stabilito di liberare un individuo accusato di gravi crimini, compromettendo così la reputazione internazionale dell'Italia e la sua adesione agli obblighi derivanti dallo Statuto di Roma".
"Questa - conclude Branca - è una vicenda molto grave ed evidenzia una scelta politica deliberata, maturata in seno al governo, di non dare seguito alla richiesta di consegna del criminale libico alla Corte Penale Internazionale".