Ciao ciao autunno! Oggi, 21 dicembre alle ore 10.21 diamo il benvenuto all’inverno. Per chi vive nell'emisfero boreale, inoltre, questa data coincide anche con il giorno con il minor numero di ore di luce di tutto il 2024. Al contrario, nell'emisfero australe il 21 dicembre segnerà l'arrivo dell'estate.
Per chi proprio non gradisce la stagione più fredda dell’anno, c’è una buona notizia: dopo il solstizio d’inverno le giornate ricominciano (molto lentamente) ad allungarsi, portando sempre un po’ più di luce. Sentiamo qualcuno esultare…
Il Solstizio in astronomia
Il fenomeno è dovuto all’inclinazione dell’asse di rotazione terrestre e coincide con il momento in cui il Sole, nel suo moto apparente nel cielo, si posiziona nel punto più basso.
I solstizi d’inverno e d’estate, così come gli equinozi di primavera e autunno, non cadono ogni anno nello stesso giorno. Nel 2023, ad esempio, il solstizio invernale è caduto il 22 dicembre, mentre sarà il 21 anche nei prossimi due anni. La causa è da ricercare nella sfasatura fra la durata dell’orbita intorno al sole e l’anno solare che rendono necessario un giorno supplementare ogni quattro anni.
La tradizione attribuisce al 13 dicembre, il giorno di Santa Lucia, la fama di giorno più corto: in quella data, in realtà, il Sole tramonta prima, ma sorge anche prima, e quindi resta sopra l’orizzonte 2-3 minuti in più rispetto al solstizio d’inverno. Questa credenza risale all’epoca che precede il 1582, quando la sfasatura fra il calendario civile e quello solare era tanto grande che il solstizio cadeva proprio fra il 12 e il 13 dicembre.
La sfasatura venne colmata da Papa Gregorio XIII che, riformando il calendario, tolse i 10 giorni di ritardo accumulati nei secoli precedenti.
Il Solstizio nell’antichità
Nell’antichità si festeggiava la nascita del dio Mitra, il Sol invictus, da cui potrebbe derivare anche la data del Natale. Generalmente il cambio delle stagioni era un momento importante nelle antiche culture pagane: a metà dicembre nell’antica Roma si celebravano i Saturnalia in onore di Saturno, il dio romano dell’agricoltura e del raccolto. Proprio in questo periodo la terra si prepara a un nuovo ciclo e i contadini sperano nell’arrivo della neve che protegge lo strato di terra che custodisce i semi dalle gelate. C’è anche un detto popolare molto curioso, ma significativo dell’importanza dell’inverno: «sotto la neve il pane».
Nella cultura cinese il solstizio d’inverno è sempre stato celebrato come fine della stagione di raccolto nei campi e cambiamento di stagione. Tra il 21 e il 23 dicembre si celebra il famoso festival di Dongzhi che prevede numerose feste in onore del ritorno dei giorni più lunghi e l’aumento dell’energia positiva nel nuovo anno. Ovviamente non mancano i piatti tipici a base di gnocchi cinesi e palline di riso chiamate tang yuan.
Nel tempio millenario di Stonehenge (il cui significato è “pietra sospesa”), il giorno dopo il solstizio, si organizzano raduni indimenticabili all’alba. Sveglia presto, certo, ma per un’ottima causa: ammirare il sorgere del sole attraverso le pietre al suono di trombe e tamburi. Questo patrimonio dell’Unesco è da mettere nella lista dei luoghi da visitare.
Solstizio, etimologia
In astronomia, il solstizio è quel periodo dell'anno in cui il Sole raggiunge il punto di declinazione massimo o minimo. Ciò avviene per via dell'inclinazione dell'asse di rotazione terrestre rispetto all'eclittica. Questo fenomeno si ripete due volte in un anno: nel mese di giugno, e poi nel mese di dicembre. Rispettivamente: il solstizio d'estate e quello d'inverno.
La parola solstizio deriva dal latino solstitium e significa “il sole si ferma”: in questo giorno il movimento apparente del percorso del Sole sembra fermarsi in cielo nel suo punto più meridionale. Durante il solstizio d’inverno si entra nel famoso inverno astronomico, che terminerà il 21 marzo con l’equinozio di primavera, quando le ore di luce e di oscurità si equivarranno.
Farvi regalare una candela
Il solstizio d'inverno celebra il ritorno della luce, anche in amore. Infatti è considerato il giorno migliore per rinnovare le promesse tra innamorati, e per mettere alla prova la voglia di impegnarsi degli uomini. Secondo un antico rito celtico, per provare che ci amano davvero e che sono disposti a continuare a farlo, dovrebbero sorprenderci durante la notte del 21 portando in dono una candela accesa.
Il pettirosso simbolo dell’inverno
Nel periodo più magico e suggestivo dell’anno, il Natale, non mancano racconti e fiabe. Una di queste è la leggenda del pettirosso, uccellino dal petto color rosso, il cui arrivo segna l’inizio dell’inverno. Nella mitologia celtica era infatti uno dei simboli del dio Thor, portatore di nuvole e tempesta.
Leggenda natalizia
Si narra che un uccellino si rifugiò nella stalla a Betlemme con la Sacra Famiglia. Maria, accorgendosi che il fuoco che li teneva al caldo stava per spegnersi, chiese aiuto agli animali presenti nella stalla, ma nessuno la sentì.
Da lontano, il pettirosso l’aveva sentita gridare e volle aiutarla. Il piccolo volatile si avvicinò alla brace e muovendo ininterrottamente le ali per tutta la notte, riuscì a tenere acceso il piccolo focolare. Così facendo, continuò ad alimentare il fuoco, cantando per tutto il tempo finché le ceneri non iniziarono ad accendersi, nel frattempo Gesù dormiva beato.
Al mattino seguente, l’uccelletto venne ricompensato da Gesù bambino che lo premiò con un petto rosso proprio come il fuoco che aveva tenuto acceso e che divenne simbolo del suo grande amore.
Leggenda pasquale
Tra le leggende popolari più affascinanti riguardo alla colorazione del piumaggio di petto e gola di questo uccellino, ce n’è un’altra che racconta come, in origine, tutti i pettirossi fossero di colore marrone-grigiastro dalla testa alla coda, del rosso, neppure l’ombra. Un giorno, uno di loro, sorvolando il Golgota, vide Gesù che pativa sulla croce e, per alleviarne l’immane sofferenza, cercò di liberagli il capo dalla corona di spine.
Mentre tentava di sollevarla con il becco, però, una goccia del sangue di Cristo gli macchiò il petto. Dio decise, allora, di lasciargli per sempre quel segno rosso addosso come “distintivo”, in modo che tutti, sulla Terra, avrebbero riconosciuto anche da lontano una creatura così generosa.
Un uccellino carino ma dal caratterino mica male...
Si potrebbe pensare che il pettirosso sia un uccello docile, ma non è affatto così. Il suo carattere è marcato proprio come il territorio che difende a spada tratta. Allontana senza pensarci due volte i simili di cui non gradisce la compagnia e nel periodo dell’accoppiamento dà il peggio di sé. Il pettirosso, il cui nome scientifico è Erithacus rubecula, è un piccolo uccello passeriforme, appartenente all’unica specie nota del genere Erithacus, diffusa in Eurasia e Nordafrica, con estensione ad Occidente sino alle isole Azzorre e ad Oriente sino alla Siberia Occidentale: nella mitologia norrena, questo grazioso volatile era consacrato a Thor, il dio delle nuvole e della tempesta, ma occupa da sempre un posto d’onore anche nella tradizione cristiana.
Perché è associato all’inverno ed alla neve
Semplice: durante l’inverno, quando si fa più forte la necessità di trovare cibo, pur essendo piuttosto schivo, il Pettirosso può avvicinarsi guardingo all’uomo, ad esempio quando, lavorando in giardino, smuove dalla terra vermi e insetti, di cui la specie è ghiotta. Più fa freddo più si avvicina a noi ed è per questo che è associato all’arrivo della neve.
Ai primi segnali di primavera scompare improvvisamente così come era apparso, ritornando a popolare le pendici delle montagne e colline. Allora diamoci da fare e lasciamo delle briciole su balconi e terrazzi, che possono sicuramente nutrire non solo i pettirossi, ma anche altre specie di volatili, come cinciallegre, merli e passerotti, che in cambio allieteranno le nostre giornate con il loro melodioso canto.
Il pettirosso in musica
Il particolare canto gorgheggiante del pettirosso incantò il grande compositore Fryderyk Chopin, che cercò di imitarlo nella melodia portante della “Grande Polonaise brillante”: da allora, quest’onore valse all’uccellino il soprannome di “Chopin dell’aria”.
I pettirossi-postini dell’epoca vittoriana
In Gran Bretagna, questi uccellini sono considerati un emblema nazionale associato soprattutto al periodo natalizio e compaiono su decorazioni, biglietti di auguri e confezioni regalo, fin dal regno della Regina Vittoria, periodo in cui comparve l’usanza di scambiarsi gli auguri, spedendo via posta delle cartoline di Natale: secondo il British Trust for Ornitology, la popolarità dei pettirossi ebbe un vero e proprio boom verso la metà del XIX secolo, quando qualcuno notò quanto i postini della Royal Mail dell’epoca, che per divisa portavano un cappotto rosso, ricordassero proprio quei pennuti colorati.
Questa somiglianza valse loro il soprannome di “robin” o “redbreast”, in entrambi i casi traducibili con “pettirossi”. Di solito, gli artisti illustravano le cartoline di Natale proprio con immagini relative alla consegna della posta, come cassette postali o portalettere, finché nel 1860 comparve la prima cartolina natalizia con l’effige di un pettirosso che portava nel becco una busta.
E quindi senza indugio tirate fuori giacche, maglioni e indumenti pesanti, quando in giro c’è il pettirosso significa davvero che il tempo sta cambiando.