Curiosità - 05 dicembre 2024, 16:51

Loano dice addio a Mario Tessuto: il cantante di "Lisa dagli occhi blu"

Aveva 81 anni. Uno dei simboli degli anni sessanta, era spesso in vacanza in Liguria L'intervista di 10 anni fa

Chi non ha mai ascoltato almeno una volta Lisa dagli occhi blu?

All’epoca dell’uscita del 45 giri non ero ancora nata, dato che correva l’anno 1968, ma quella canzone è entrata in ciò che si definisce “immaginario collettivo” e le sensazioni che mi porto dentro sono quelle che leggevo negli occhi di mio padre.

La cantava Mario Tessuto, un artista «Con la stoffa», che esordì nel Clan di Celentano e che si fece conoscere al Cantagiro del ’67. Lisa dagli occhi blu venne smerciato in due milioni di copie e rimase per tre mesi al primo posto della hit parade italiana, seguita da altri travolgenti successi, come Gli occhi verdi dell’amore e Chi mi manca sei tu.

Oggi, giovedì 5 dicembre, il mondo della musica gli ha detto addio. Mario Tessuto, è morto all’età di 81 anni, lasciando un patrimonio umano e artistico formidabile e resterà per sempre uno dei simboli degli anni Sessanta.

Avevamo incontrato Mario Buongiovanni (questo il vero cognome dell’artista, battezzato Tessuto da Ricky Gianco, ndr) in vacanza con la moglie Donatella a Loano nell’estate del 2014, quando aveva 71 anni. Canotta nera, fisico asciutto, i capelli che sono il perfetto richiamo del fitto cespuglio dei suoi anni ‘70.

In una bella terrazza del Florida Beach con vista mare, ci aveva concesso una piacevole chiacchierata, in cui l’entusiasmo del presente si mescolava ai ricordi del prestigioso passato e ai progetti futuri. Vogliamo riproporre l’intervista come tributo ad un grande cantante che ci mancherà tantissimo.

Come si sente oggi?

«Benissimo. Il lavoro mi tiene in forma. Il segreto è stare in equilibrio tra il palco e la vita ed è questo che mi mantiene giovane».

Mario, però sono 71 anni.

«L'età migliore è quella che si ha. E non ne sento il peso nel modo più assoluto».

Come ha scoperto la musica?

«Da bambino facevo il chierichetto nella Chiesa del paesino dove sono nato (Pignataro Maggiore, Caserta, ndr). Servivo la Messa e cantavo. Una domenica, nel corso della liturgia solenne, presieduta da Monsignor Zoppas, feci un assolo cantato. La prestazione mi meritò i complimenti del vescovo veneto, che, alla fine della celebrazione, mi volle conoscere. Dopo il successo di Lisa dagli occhi blu, parlando di quell’aneddoto in varie interviste, con grande sorpresa, ricevetti una lettera proprio dalla nipote di quell’alto prelato».

Che cosa prova quando canta?

«Tutto l’amore del mondo, perché il canto è la mia droga. Per me, cantare è vita, dò tutto e il pubblico me lo restituisce». Nel 1968 canta “Lisa dagli occhi blu”.

Che cosa ha rappresentato per lei?

«Si tratta di una canzone bellissima, più che mai attuale, cantata da tutti, persino dai bambini. Così meravigliosa, che sembra fatta ieri. Senza dimenticare che ho vinto il disco d’oro e mi ha permesso di girare l’omonimo film al quale si sono poi aggiunte altre pellicole, come Fatti di gente perbene per la regia di Mauro Bolognini e L’immoralità con l’attrice Lisa Gastoni. Insomma, Lisa mi ha dato di tutto e di più».

Una canzone che la portò in cielo. Come nacque?

«Fu un’intuizione dei miei autori, purtroppo entrambi scomparsi, Giancarlo Bigazzi, per il testo e Claudio Cavallaro, per la musica. All’inizio, le case discografiche non credevano nella canzone, nemmeno la CGD di Caterina Caselli. Oggi, come allora, Lisa si può ascoltare in tantissime lingue, come lo spagnolo. Molti discografici dovrebbero cambiare mestiere, perché fu così anche per il mio primo successo: Ho scritto fine di Don Backy. Mi dicevano: “Ti diamo una possibilità e se non va bene vai a fare il ragioniere”. Dissi che non c’era problema. Di quel singolo vendetti trecentomila copie circa e, per essere un giovane esordiente, fu una bella soddisfazione».

Che cosa non le piace della musica di oggi?

«Non mi permetto di fare il critico, ma oggi non si scrivono più le nostre melodie. Le canzoni degli anni ’60 e ’70 sono rimaste impresse nel cuore e la gente se le ricorda ancora molto bene. I pezzi di oggi, il giorno dopo, non si ricordano più, perché mancano di quella melodia, che ti rimane dentro».

Qual è stato il suo incontro più fortunato?

«Quello con Adriano Celentano. Ho mosso i miei primi passi nel Clan Celentano, ma dopo due anni di collaborazione c’era la delusione per non aver ancora inciso un disco e la voglia di volare era tanta. Così lo abbandonai ed entrai in CGD, dove iniziò la mia carriera».

Un momento della sua carriera da ricordare?

«Certamente il momento del trionfo di Lisa. E poi vengono tutti gli altri, pieni di emozioni bellissime, come il Cantagiro o il programma Settevoci, presentato da Pippo Baudo».

...E da dimenticare?

«Posso dire ad alta voce che Adriano (Celentano, ndr) mi fece un grave torto. Oltre a cantare sono anche autore e ho scritto canzoni, tra gli altri, per la Bertè e Tony Dallara. Realizzai anche un pezzo dal titolo 30 donne del West che Celentano cantò insieme alla moglie (Claudia Mori, ndr), prima di diventare anche la sigla di un programma televisivo western. All’epoca ero giovane e non avevo diritto alla firma SIAE. Mi fu garantito tutto, ma alla fine non mi venne riconosciuto nulla».

Quali canzoni avrebbe voluto cantare lei?

«Gli occhi verdi dell’amore ed Eternità. Brani che, comunque, sono successivamente entrati nel mio repertorio». A che cosa non rinuncerebbe mai? «Alle donne!».

Che cosa guarda in tv?

«Non seguo molto la tv di oggi, la trovo poco interessante. Mi limito a guardare il telegiornale e “La vita in diretta”. I nostri anni proponevano grandi programmi, basta pensare a Canzonissima».

Dopo tutto quello che ha vissuto che cosa riesce ancora a farla emozionare?

«Il mio pubblico. Perché quando canto, durante i concerti, vedo la gente piangere dall’emozione. Dopo tanti anni non saprei che cosa chiedere di più».

Che cosa pensa dei talent show?

«Sono ottime opportunità per i giovani. Ci sono delle belle voci, ma servono delle canzoni che abbiano una melodia e un ritmo accattivante». Qual è il luogo dell’anima in cui si rifugia? «La Madonna. Da piccolo volevo diventare prete e passai quattro anni in seminario. Poi è successo che con i miei genitori ci trasferimmo a Milano e quando cominciai a vedere donne e minigonne mi dissi: Alt, fermi tutti. Si ricomincia da capo! (ride, ndr)».

E il suo prossimo viaggio?

«La musica mi porta in giro per l’Italia e la prossima serata è in programma a Bologna».

Sogno ricorrente? «Poter continuare a cantare, perché la musica è passione, ma anche lavoro e fonte di sostentamento».

Quali insegnamenti vuole passare ai giovani?

«Fare i furbi non serve a nessuno. Bisogna cercare di essere sempre persone oneste, pulite, che sanno guardare gli altri negli occhi». E magari accorgersi che hanno lo stesso colore del mare e l’anima di Lisa.

Silvia Gullino