Cronaca - 21 novembre 2024, 17:05

Mascherine non a norma, scatta il processo per Irene Pivetti: l'inchiesta prese il via da Savona

Stando a quanto attestato dai periti del pm le mascherine, che avrebbero dovuto proteggere gli operatori sanitari dal Coronavirus, all’esito della prova avrebbero retto massimo tre minuti prima di “sciogliersi”

È scattato in Tribunale a Busto Arsizio il processo nel quale è imputata di 82 capi d'imputazione Irene Pivetti, rinviata a giudizio per l’importazione dalla Cina di un carico di mascherine Ffp2 che si sarebbero rivelate contraffatte e di scarsa qualità.

L'ex presidente della Camera e amministratore unico della Only Italia Logistics Srl, nel savonese era infatti finita al centro delle indagini della Procura di Savona coordinate dal Pubblico Ministero Giovanni Battista Ferro.

Secondo quanto era stato accertato dal Pm della Procura della Repubblica di Busto Arsizio, Ciro Vittorio Caramone, sarebbero stati 35 milioni i milioni di euro incassati per la vendita di 10 milioni di dispositivi di protezione, che erano destinati agli  ospedali e agli operatori impegnati nella gestione dei pazienti Covid.

Il Pm, dopo aver ricevuto la consulenza tecnica richiesta alla Italcert, società di certificazione milanese ritenuta leader in materia, aveva disposto il sequestro preventivo di un conto corrente, aperto in una filiale romana, alla banca Sella Patrimoni.

La guardia di Finanza di Savona, su coordinamento del colonnello di allora Giovanni Palma, avevano sequestrato un milione e duecento mila euro. Stessa cifra trovata ad aprile scorso proprio dalle fiamme gialle delegate dalla Procura di Savona. In quella occasione il pm Ferro aveva disposto un ‘blocco’ probatorio delle somme. Con la Procura di Busto Arsizio che aveva poi proceduto proprio con il sequestro. 

All’esito del deposito della consulenza, e alle risultanze della Guardia di Finanza di Savona e Roma, il pm Caramone inoltre, aveva integrato l’accusa per Irene Pivetti con quella di ‘frode in pubbliche forniture’. Che si aggiungerebbero alle accuse di frode in forniture pubbliche, bancarotta, appropriazione indebita, riciclaggio e autoriciclaggio.

Dalla consulenza infatti, sarebbe emerso che le mascherine vendute alla protezione civile, e anche smerciate alla farmacia di Savona, circostanza questa che ha fatto scattare l’inchiesta, “non sono qualificabili come Ffp2, anzi neppure come Ffp1”. Stando a quanto attestato dai periti del pm le mascherine, che avrebbero dovuto proteggere gli operatori sanitari dal coronavirus, all’esito della prova avrebbero retto massimo tre minuti prima di “sciogliersi”.

Nel 2020 l’Asl2 savonese aveva espresso un parere negativo, sempre all’esito della consulenza richiesta all’Italcert,  sull’efficienza e integrità di questi dispositivi, venduti dalla farmacia di Savona e sequestrato a fine marzo e dato anche alle Protezione Civile. Per i pm savonesi si trattava di “ poco più semplici fazzoletti” e non quindi di dispositivi efficaci che avrebbero dovuto proteggere i sanitari dall’esposizione al virus. Atti e risultanze questi inviati dalla Procura di Savona, ma anche dagli inquirenti di Siracusa, a quella di Busto Arsizio, competente per l’aeroporto di Malpensa ossia dove era sbarcati materialmente i carichi di mascherine.

In totale, per la vendita alla protezione civile la Only Italia Logistics della Pivetti aveva infatti stipulato, il 17 marzo del 2020, due atti negoziali. Il totale era di 28 milioni di euro, già saldato, per un carico di 15 milioni di mascherine. Per l’accusa la Pivetti, che avrebbe agito per importare dispositivi da destinare al mercato privato, non avrebbe pagato l’Iva.

Irene Pivetti in aula quest'oggi si è detta totalmente estranea alla vicenda, convinta durante il processo di poter dimostrare la sua innocenza.

A giudizio anche la figlia, il genero, l'imprenditore Luciano Mega e alcuni collaboratori.

I legali difensori di Irene Pivetti e di Mega hanno riproposto alla Corte il tema della competenza territoriale del processo che secondo loro dovrebbe tenersi a Milano o a Roma.