- 28 ottobre 2024, 12:01

Sara Marzella e Luca Perri: “Il computer quantistico sarà la vera rivoluzione del futuro”

I due studiosi ospiti del Festival della Scienza: “Diventare divulgatori? Bisogna sempre studiare, studiare e studiare”

I computer quantistici rappresentano una delle frontiere più avanzate e affascinanti dell’informatica moderna. Diversamente dai computer classici, che elaborano informazioni in modo deterministico attraverso i tradizionali bit, i computer quantistici sfruttano le leggi della meccanica quantistica per processare dati in maniera probabilistica e parallela, utilizzando qubit anziché bit. Questo approccio apre possibilità di calcolo enormi, specialmente per problemi complessi come la simulazione molecolare per scoprire nuovi farmaci o la progettazione di materiali innovativi. Tuttavia, le sfide non mancano: si tratta di tecnologie delicate, costose e finora relegate a grandi laboratori di ricerca, anche se la speranza è che in futuro diventino accessibili tramite cloud, con implicazioni significative per l’uso quotidiano. Con le loro peculiarità, i computer quantistici incarnano una nuova era che potrebbe rivoluzionare settori come la scienza dei materiali, la medicina e persino la sicurezza informatica, avvicinandoci a una potenza di calcolo inimmaginabile.

Ma cosa sono i computer quantistici, a cosa possono servire e quali sono i concetti che ne costituiscono la base? Ancora, cosa c’entrano i principi della fisica con l’informatica?

A fare chiarezza ci hanno pensato Sara Marzella, matematica, impegnata come Quantum Computing e High-Performance Computing Specialist presso il CINECA, e Luca Perri, astrofisico e divulgare scientifico impegnato, tra gli altri progetti, nelle trasmissioni Rai Superquark+ e Noos.

Marzella e Perri sono stati i protagonisti della conferenza spettacolo ‘Quantum ne sai?’, accolta durante il Festival della Scienza.

Avete parlato di computer quantistico, cos'è un computer quantistico e cosa fa? 

M. - “Il computer quantistico, o meglio, i computer quantistici, perché ne esistono diversi tipi, sono dei nuovi tipi di computer che sfruttano la meccanica quantistica per fare dei tipi di calcolo che i computer classici fanno difficoltà a compiere.

Quindi possiamo sfruttare la meccanica quantistica, per esempio degli atomi che rispondono alle leggi della meccanica quantistica, per codificare le nostre informazioni proprio negli atomi e quindi sfruttare le proprietà di questi atomi per ,ad esempio, esplorare le proprietà della meccanica quantistica, esplorare le proprietà delle molecole che rispondono alla meccanica quantistica, quindi aiutarci a trovare nuove molecole per nuovi farmaci, nuovi materiali e così via”. 

P. - “Quindi costruisco dei computer che lavorano con le stesse leggi di quello che devo simulare, ad esempio, e questa cosa ovviamente può aiutarci”.

Nel corso della conferenza avete parlato anche di elettronica e meccanica quantistica. C'è una relazione? Usiamo quotidianamente qualcosa che ha a che fare con la meccanica quantistica? 

P. - “Assolutamente sì. I superconduttori, quindi praticamente ogni cosa elettronica che abbiamo, funzionano per probabilità. Non hanno una certezza che funzionino in un determinato modo, ma sappiamo che c'è una probabilità di un tot che funzionino se faccio tanti tentativi, sostanzialmente.

E così funziona la meccanica quantistica. Quindi noi abbiamo iniziato a un certo punto a smettere di porci dei problemi filosofici sulla meccanica quantistica, che abbiamo tuttora e che ogni tanto ce la fanno sembrare apparire illogica. Abbiamo smesso di porci questi problemi durante la Guerra Fredda e abbiamo iniziato ad applicare la teoria, quello che ci dicevano gli esperimenti ed effettivamente abbiamo scoperto tanta nuova tecnologia, tecnologia che poi a sua volta ci ha fatto scoprire nuova teoria.

Quindi diciamo che è un circolo virtuoso, noi applichiamo delle teorie e una fisica che ancora non comprendiamo perfettamente, troviamo nuova tecnologia alla quale poi ci mostra nuova fisica. Questa è l'idea con cui noi progrediamo e funziona. Banalmente, probabilmente, senza non avremmo la possibilità di registrare questa intervista in questo momento”.

Avremo mai computer quantistico in casa? È possibile? 

M. - “Allora, attualmente è difficile perché sono dei sistemi molto grandi, molto costosi, molto complessi.

Secondo me è possibile nel futuro. Anche di computer classici si diceva che non sarebbe stato possibile, quindi perché no? C'è chi sta già sviluppando dei computer quantistici molto piccoli e quindi secondo me sarà possibile. Bisognerà vedere se avrà senso, perché se le capacità del computer quantistico non avranno senso con l'applicazione in una vita quotidiana in casa, semplicemente non li avremo”.

P. - “Esatto, magari sarà più comodo, come già accade, lavorare in cloud senza avere i dati fisici, collegarsi in cloud a dei computer quantistici molto più performanti da un'altra parte e quindi semplicemente sfruttare quelli. Però diciamo che il privato cittadino lo fa poco. Ma diciamo che si potrebbe fare, si potrà magari fare, piuttosto che avere un computer che magari per lavorare correttamente al meglio delle sue possibilità deve stare a meno duecentosettanta gradi, invece che averlo sulla scrivania, ce l'ho in lontananza e mi ci collego via cloud. Ecco, questo io lo vedo più fattibile, mettiamola così. Lei è ottimista, è una ragazza piena di entusiasmo, le passerà”.

Le materie STEM coinvolgono meno studentesse e studiose ma si sta facendo tanto per far sì che che queste si avvicinino sempre di più al settore. Come si può fare per migliorare in questo?

M. - “Esistono moltissime iniziative sia all'interno dell'università che all'interno delle aziende per aiutare le ragazze e le donne ad avvicinarsi alle materie scientifiche. Far vedere donne che si occupano di scienza, secondo me, è molto utile perché a volte le ragazze stesse si sentono in soggezione davanti alla scienza per via appunto della struttura sociale e di alcuni pregiudizi, invece vedere un esempio io l'ho trovato molto utile. Comunque ci sono appunto molti libri di tante scrittrici e scienziate che sono molto utili per capire come potersi costruire il proprio percorso dentro un mondo scientifico e accademico”.

Fare della divulgazione una carriera non è certo semplice. Cosa si può suggerire ai ragazzi e alle ragazze che vorrebbero avvicinarsi a questo mondo a diventare divulgatori e divulgatrici credibili?

P. - ”È una domanda da 100 milioni di dollari.

Come si fa a iniziare? A tentativi. Banalmente, si fa magari partecipando a dei festival come volontari o come animatori come ad esempio il Festival della Scienza di Genova. Io ho cominciato così, tra il Festival della Scienza di Genova e Bergamo Scienza, che è il festival della città in cui sono cresciuto. Il consiglio che posso dare è guardare gli altri, magari ispirarsi agli altri, però non troppo. Ognuno ha una propria voce non è detto che il modo in cui qualcuno fa divulgazione e che fa bene divulgazione sia adatto a tutti, ognuno deve trovare la propria voce. Per quanto riguarda invece la correttezza, il consiglio è sempre quello studiare, studiare, studiare in continuazione , raccogliere feedback. Il motivo per cui a me piace fare degli incontri col pubblico dal vivo è che se io faccio un'analogia una spiegazione e vedo nel volto delle persone che non sono stato chiaro, la volta dopo cerco di farla meglio, o sul momento cerco di trovarne una migliore. Questa cosa aiuta molto quindi tentate, sperimentate e siate molto autocritici, non pensate che solo perché magari dei numeri vi stanno dando ragione in quel momento allora siete perfetti, anzi dovrete migliorarvi sempre di più almeno io cerco di farlo in continuazione e rimanere aggiornati e essere i primi critici di se stessi”.