Sanità - 15 ottobre 2024, 11:51

Il declino della sanità ligure nel rapporto 2024 della Fondazione Gimbe: strutture in ritardo, mancano medici e non si fa prevenzione

Il risultato è un costante aumento dei liguri che rinunciano alle cure, mentre chi se lo può permettere si rivolge al privato

Il costante aumento delle persone che rinunciano alle cure, la fuga verso altre regioni o la virata verso il privato, la cronica carenza di medici di medicina generale, una Casa di Comunità aperta sulle trentadue annunciate, due Ospedali di Comunità aperti sugli undici annunciati, un sistema di prevenzione penultimo tra le regioni del Nord.

Il settimo Rapporto Gimbe sul Servizio Sanitario Nazionale scatta una fotografia non certo rassicurante di una sanità ligure che sembra sempre più un malato incurabile. Ne avevamo parlato con l’assessore regionale alla Sanità, Angelo Gratarola, ma oggi la Fondazione Gimbe mette su piazza dati reali e oggettivi che non possono lasciare spazio a opinioni o strumentalizzazioni politiche.

Un documento di strettissima attualità dopo il dibattito tra i candidati alla presidenza di Regione Liguria nella Sala Quadrivium, organizzato dalla Diocesi di Genova, con Andrea Orlando che è tornato ad attaccare il centrodestra sul tema sanitario, uno dei maggiormente sentiti su scala regionale, specie dalle fasce più deboli della popolazione.

Il capitolo che, più di ogni altro, genera apprensione è quello che analizza la percentuale di persone che rinunciano alle cure. Dal 2022 al 2023 in Italia il dato è cresciuto dello 0,6% (dal 7% al 7,6%) con dieci regioni che si collocano al di sopra della media nazionale. Tra loro c’è, ovviamente, la Liguria con un +2% che la fa balzare dal 5,8% al 7,8%. Sono otto le regioni che, invece, hanno visto un decremento con valori che superano il punto percentuale solo in Toscana (-1,2%) e Friuli Venezia Giulia (-2,6%).

Anche alla voce ‘adempimenti’ la Liguria si distingue per una posizione non certo lodevole nell’area prevenzione: penultimo posto tra tutte le regioni del Nord Italia (61,41 punti su 100), peggio ha fatto solo la Valle D’Aosta. Sale poi al sesto posto nazionale (con 86,81 punti) per l’area distrettuale, e scende al tredicesimo per l’area ospedaliera (77,49 punti).

La Fondazione Gimbe, inoltre, ha analizzato le differenze tra gli adempimenti 2021 e quelli 2022 misurando i punteggi totali delle Regioni e le performance nazionali sui tre macro-livelli assistenziali. Nel 2022 quasi la metà delle regioni registra performance inferiori al 2021, seppure con gap di entità notevolmente diversa. Tra quelle che mostrano il segno ‘meno’ non può mancare la Liguria con il suo -6,86 che la colloca tra Campania (-4,47) e Lazio (-8,06).

Particolarmente delicato il tema del privato che si contrappone al servizio pubblico. “Il volume dell’erogazione di ricoveri e prestazioni specialistiche da parte di strutture private varia notevolmente tra le Regioni ed è un indicatore sia della presenza e della capacità attrattiva del privato accreditato, sia dell’indebolimento delle strutture pubbliche” così si legge sul report di Gimbe. 

Alcune regioni vedono la sanità privata erogare oltre il 60% del valore totale della mobilità attiva, come Molise (90,5%), Puglia (73,1%), Lombardia (71,2%) e Lazio (64,1%). Al contrario, in altre regioni le strutture private erogano meno del 20% del valore totale della mobilità. Tra loro c’è la Liguria con il suo 10% di prestazioni erogate dal privato. È nel gruppo con: Valle D’Aosta (19,1%), Umbria (17,6%), Sardegna (16,4%), Provincia autonoma di Bolzano (9,7%) e Basilicata (8,6%).

Altra nota dolente, e lo sa bene soprattutto chi vive in realtà urbane più piccole, è quella dei medici di medicina generale, il cosiddetto ‘medico di base’.
“Tenendo conto dei pensionamenti attesi e del numero di borse di studio finanziate per il Corso di Formazione Specifica in Medicina Generale - si legge sul report - è stata stimata la carenza di medici di medicina generale al 2026, anno in cui dovrebbe “decollare” la riforma dell’assistenza territoriale prevista dal PNRR”. Una piaga che colpisce, in particolare, le regioni del Sud (ad eccezione del Molise) e che non risparmia nemmeno la Liguria con un -26.

“La stima dell’entità della carenza è influenzata da diversi fattori - continua il report - in particolare, è sottostimata dall’eventuale scelta dei medici di medicina generale di andare in pensione prima dei 70 anni, dal numero di borse non assegnate e dall’abbandono del Corso di Formazione Specifica in Medicina Generale (almeno il 20%). Al contrario, è sovrastimata dall’eventuale decisione dei medici di medicina generale di prolungare l’attività sino ai 72 anni e dalla possibilità dei medici iscritti al Corso di Formazione Specifica in Medicina Generale di acquisire già dal primo anno sino a mille assistiti. Una ‘desertificazione’ che lascerà scoperte milioni di persone, aggravando i problemi nell’organizzazione dell’assistenza sanitaria territoriale e soprattutto per la salute delle persone, in particolare anziani e fragili”.

Liguria fanalino di coda anche per l’apertura di Case della Comunità e Ospedali di Comunità.

Su scala nazionale, rispetto alle 1.421 Case della Comunità da attivare entro il 2026 ne sono state dichiarate attive dalle regioni (con standard non sempre completi) solo 268, il 19% del totale. Solo cinque regioni sono sopra la media nazionale: Lombardia (66%), Veneto (62%), Emilia-Romagna (52%), Molise (38%), Piemonte (21%).

La Liguria è desolatamente sul fondo della classifica con il 2% di Case della Comunità attivate. Per capire meglio la situazione: ne è stata attivata una sulle 32 annunciate.

La cosa non cambia se si passa al capitolo Ospedali di Comunità. Dei 429 da attivare in tutta Italia ne sono stati dichiarati attivi solo 56, il 13% del totale. Il Molise ha raggiunto il 100%, il Veneto il 43% e la Lombardia il 33%. La Liguria arriva a quota 18% con due Ospedali di Comunità attivi sugli undici annunciati.

Altro dato preoccupante è quello del Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE). In base ai target dell’Unione Europea del PNRR entro il 31 dicembre 2025 almeno l’85% dei medici di medicina generale dovrà alimentare il FSE, la cui implementazione presenta notevoli differenze regionali. Nel maggio 2022 sono state emanate le “Linee Guida per l’attuazione del nuovo Fascicolo Sanitario Elettronico” sulla base delle quali, nel giugno 2022, il Ministero per l’innovazione tecnologica e transizione digitale ha rilevato che, oltre ad un’implementazione disomogenea nelle Regioni in termini di contenuti e standard, il nucleo minimo dei documenti clinici non era pienamente implementato ovunque: solo Emilia-Romagna, Lombardia, Toscana e Piemonte avevano una percentuale di alimentazione del FSE superiore al 50%, mentre Campania, Liguria, Sicilia e Calabria non superavano il 5%.

Tramite il portale realizzato dal Ministero della Salute e dal Dipartimento per la trasformazione digitale della Presidenza del Consiglio dei Ministri è possibile monitorare i dati di utilizzo del FSE da parte di cittadini, medici e aziende sanitarie.
I cittadini che nel periodo gennaio-marzo 2024 hanno effettuato almeno un accesso al FSE, sul totale di coloro ai quali nello stesso periodo è stato messo a disposizione sul fascicolo almeno un documento sono il 18%, con un range che varia dall’1% di Calabria, Marche e Sicilia al 64% della Provincia autonoma di Trento. Tutte le Regioni del Mezzogiorno, ad eccezione della Campania (21%), si collocano al di sotto della media nazionale, con percentuali di utilizzo ≤3%, fatta eccezione per la Sardegna (8%). E la Liguria? In fondo alla classifica con il 2%.

I cittadini liguri che al 31 marzo 2024 hanno espresso il consenso alla consultazione dei propri documenti a medici e operatori del SSN per le finalità previste dal DM 7 settembre 2023 sono l’8%.

Infine, in Liguria la percentuale di medici specialisti delle Aziende sanitarie abilitati alla consultazione del FSE al 31 marzo 2024 è clamorosamente dello 0%.

Nel rapporto Gimbe, però, c’è anche qualche rara nota positiva per il servizio sanitario ligure.

La nostra regione è al top in Italia per il numero di infermieri che lavorano nelle strutture sanitarie. In totale, su scala nazionale, sono 268.013 come dipendenti del servizio sanitario pubblico e 34.828 come dipendenti delle strutture equiparate. La media nazionale è di 5,13 ogni mille abitanti, mentre la Liguria si colloca in vetta alla graduatoria con 7,01.

Soddisfacente anche il monitoraggio dei LEA (Livelli essenziali di assistenza) con la Liguria che rientra nelle tredici regioni risultate adempienti nel 2022 insieme a: Basilicata, Emilia-Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Lombardia, Marche, Provincia autonoma di Trento, Piemonte, Puglia, Toscana, Umbria e Veneto.