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Attualità | 04 ottobre 2024, 21:41

Bonifica ex Acna, Giacchino: "Non esistono soluzioni tecniche definitive, occorre convivere con il problema, concentrando gli sforzi sulla salvaguardia del sito"

L'ex presidente ALA ha scritto una lettera al Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica

Bonifica ex Acna, Giacchino: "Non esistono soluzioni tecniche definitive, occorre convivere con il problema, concentrando gli sforzi sulla salvaguardia del sito"

Pier Giorgio Giacchino, già Presidente ALA – Associazione Lavoratori Acna, scrive Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica. L'oggetto della missiva? La conferenza di servizi sulla ipotesi di riperimetrazione del SIN Cengio e Saliceto (ex Acna). 

"Intendo portare un contributo di conoscenza sull'effettivo stato del luogo, da cui alcuna decisione dovrebbe prescindere - commenta Giacchino - In premessa è sempre necessario ricordare che il sito in questione si trova in territorio ligure, esattamente al confine con la piemontese provincia di Cuneo, che ha subito la totalità di un inquinamento secolare. Tale collocazione ha da sempre costituito, e tuttora costituisce, un potere decisionale unilaterale su ogni aspetto burocratico, autorizzativo e di controllo, con effetti e conseguenze che ricadono immediatamente ed esclusivamente oltre il territorio di competenza, nella provincia di Cuneo, in Piemonte". 

"Questo secolare e aspro conflitto territoriale, attenuatosi con la definitiva chiusura e smantellamento degli impianti, aveva trovato una composizione e superamento grazie ad espliciti protocolli di intesa sottoscritti tra le Regioni e il Ministero dell’Ambiente, mai dismessi. A questi protocolli seguiva una fase di progettazione e la successiva attuazione delle opere di contenimento di quell’enorme insieme di scorie tossiche, milioni di tonnellate". 

"La positiva gestione commissariale di questo proficuo periodo di co-decisione venne interrotta nel 2010, con l'annuncio della proprietà di "bonifica terminata". Da quel momento iniziò una gestione pressoché unilaterale del sito, che ad oggi non è conclusa né risolta. Ogni mitigazione delle misure adottate in origine sul SIN dovrebbe derivare, a rigore, dalla risoluzione o, quantomeno, dal miglioramento delle condizioni che le avevano rese necessarie. Quanto richiamato in premessa dovrebbe non solo suggerire la conservazione dello status quo, ma anche offrire un'occasione per ulteriori considerazioni, le stesse che sono state variamente, ma inutilmente, segnalate a Syndial e successivamente a Eni Rewind". 

"Con immutato spirito di collaborazione, ma con migliori aspettative, le ripropongo in estrema sintesi a codesto Ministero, restando pronto ad ogni approfondimento e prova - prosegue - A differenza di quanto propagandato a lungo e ora taciuto, nel sito industriale dell’ex Acna di Cengio non è stata eseguita alcuna bonifica. Nulla è stato rimosso: quella montagna di scorie e l’intero sottosuolo di 55 ettari sono stati oggetto di una semplice messa in sicurezza, che, in quanto tale, obbliga a presidio, manutenzione e controllo senza limiti di tempo, costituendo un pericolo costante per le popolazioni della Valle Bormida". 

"Il contenimento di questo immane deposito è affidato a un muro di cinturazione perimetrale, confinante con l’alveo del fiume Bormida sui lati est, sud e ovest del sito, ma del tutto assente sul lato nord per un chilometro. Le acque sotterranee di falda, di cui non si conosce l'entità, e le acque meteoriche che filtrano attraverso il suolo si trasformano in percolato, che fuoriesce inevitabilmente dal perimetro nord, con destinazione sconosciuta". 

"Le quantità in gioco sono rilevanti. Ad esempio, nel corrente anno, alla data odierna, all'interno dei 55 ettari del perimetro sono caduti 1055 millimetri di pioggia, pari a 580 mila metri cubi, oltre 250 mila dei quali sulla sola area A2, destinata a insediamenti produttivi. Quest'area, non bonificata ma certificata sotto la condizione del mantenimento della falda al di sotto di 1,2 metri dal livello del suolo, ha sistematicamente superato tale limite, fino all’emersione, compromettendo l'intera area a causa della ri-contaminazione del suolo", sottolinea Giacchino. 

"Il superamento sistematico e non episodico di questo vincolo emerge dal monitoraggio del reticolo piezometrico nelle aree A2 e A2bis, a cura del Centro di Competenza Idrologica della Provincia di Savona. Ciò è stato certificato in centinaia di riscontri dal 2010 al 2022, accompagnati da notazioni fortemente critiche. Di fronte a queste evidenze, ENI Rewind ha chiesto e ottenuto una più favorevole modalità di valutazione delle misurazioni, nonostante il sedime resti non fruibile, continuamente contaminato da livelli di soggiacenza in tutta evidenza incontrollabili". 

"Inoltre, la rilevante presenza di inquinanti tipici delle produzioni Acna è riscontrabile in profondità, sia oltre il muro di contenimento lungo il fiume, sia dal lato opposto, oltre la ferrovia Torino-Savona, nella cosiddetta “Area Merlo”, dove non ci sono mai stati impianti produttivi. Quest'area, già inclusa nella perimetrazione del SIN in quanto confinante con il sito e, come dimostrato da prove fotografiche, con gli enormi depositi di benzene, materia prima principale di Acna, è stata inopinatamente venduta a un privato nel 2001. Nonostante la vendita, l'area è stata immediatamente abbancata con 90 mila metri cubi di inerti, complicando le analisi, ma non impedendo la rilevazione di valori di benzene migliaia di volte superiori ai limiti di legge, la cui migrazione è sconosciuta. Syndial prima, ed ENI Rewind tuttora, continuano a disporre di detta area senza interruzioni". 

"Ulteriori e rilevanti problematiche su altre zone del sito, tutte rappresentabili a seguito di manifestazioni di interesse, riducono il concetto di “bonifica” del SIN Cengio-Saliceto a una millanteria, comprensibile per una baldanzosa start-up, ma non per una società che fa del prestigio internazionale il suo biglietto da visita. È pertanto incomprensibile la progressiva riduzione del presidio su un sito di tali dimensioni e complessità, sia in termini di frequenza dei controlli sia di personale. Tali osservazioni sono state già dettagliate al sindaco di Cengio e rese pubbliche per suo tramite". 

"Non meno sorprendente è l’intenzione di procedere alla demolizione della diga a stramazzo sul Bormida a monte del sito, un manufatto esistente da quasi un secolo, il cui assetto fluviale ha salvaguardato il sito Acna anche durante le alluvioni più catastrofiche. Non si dovrebbe in alcun modo modificare lo stato del luogo, soprattutto considerando la cartografia idrogeologica ligure che segnala il ripido versante collinare di sponda sinistra del Bormida in frana attiva. Le conseguenze di un'inondazione del sito, per quanto contiene, sarebbero inimmaginabili per la Valle Bormida piemontese, configurando responsabilità omissive non solo colpose". 

"È giunto il momento di prendere piena coscienza del fatto che non sarà possibile, né concesso, lasciarsi alle spalle un disastro di tali proporzioni confidando semplicemente nel rapido scorrere del tempo, nella perdita di memoria storica (sia essa reale, omertosa o compiacente), o nella progressiva diminuzione della consapevolezza politico-amministrativa ad ogni ciclo elettorale". 

"Bisogna piuttosto prendere atto dell’impossibilità di trovare soluzioni tecniche reali e definitive, indipendentemente dall’entità delle risorse ancora disponibili. Di questo è necessario acquisire piena consapevolezza, senza esclusioni, per arrivare a una convivenza inevitabilmente consapevole, destinando ogni ulteriore sforzo a un piano di protezione e salvaguardia del sito come unica misura realistica e doverosa per la tutela della Valle. In assenza di tale piano, e considerando le manifestazioni meteorologiche sempre più esplosive e frequenti, bisogna fin da ora mettere in conto conseguenze anche catastrofiche, incerte solo quanto a data, ma certe quanto a evento". 

"Al punto in cui si è giunti con la situazione del SIN, o meglio, al punto in cui si è lasciato arrivare, non esistono margini di composizione diversi o migliori per superare un conflitto ultra-secolare, la prima e unica guerra ambientale per dimensioni e mobilitazione. Il Ministro dell’Ambiente, in concerto con le Regioni, ha ora l’opportunità di portare a conclusione questo conflitto come nessuno prima ha mai nemmeno tentato". 

"Sono disponibile a illustrare compiutamente le soluzioni solo accennate, la loro praticabilità, efficacia, condivisione e consenso sociale", conclude Giacchino.

Redazione

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