- 16 agosto 2024, 15:47

I Giardini Luzzati, dove un altro centro storico è possibile

Parla il presidente del Ce.Sto Montoli: "All’inizio erano dieci tavolini, abbiamo tenuto lontani i tossici. Serve rivedere il Piano Caruggi"

Leggere il centro storico come un insieme di spazi e di necessità diverse che si devono affrontare con ipotesi e soluzioni diverse.

Le ipotesi e le suggestioni di Marco Montoli, presidente della cooperativa il Ce.Sto che da anni opera nel centro storico di Genova, sono molteplici e raccontano di un tessuto urbano e sociale che ha fame di aggregazione e di spazi comuni per tornare a ricostruire la vivibilità di un luogo.

Il centro storico ha luoghi e dinamiche diverse - esordisce Montoli - è così da anni e invertire la rotta è un lungo lavoro da fare. La decadenza che stiamo vivendo porta a episodi di violenza come quello della settimana scorsa”.

Sprazzi di interventi, coordinati da una regia ancora troppo sconnessa che coinvolge il Comune, però, non ha inciso in maniera significativa. 

Occorre un pensiero strategico e interventi congiunti nel centro storico. Si possono fare presidi territoriali, di comunità, come per esempio nel Sestiere del Molo dove ne abbiamo aperti dieci e funzionano così come sta accadendo negli altri sestieri, ma serve un piano sistemico”.

Per Montoli, infatti, serve una correlazione tra le politiche sul territorio e quelle sulla sicurezza: “Quante volte si è detto che i vigili non bastano in funzione sostitutiva alle forze di polizia classica, perché non sono preparati, o girano corazzati o non sanno dove sono collocati, intervengono in maniera dura in situazioni in cui non è necessario oppure rimangono coinvolti come nell’ultimo episodio in situazioni pericolose e senza una competenza al di fuori di quelle ordinarie. Tutto può evolvere ma serve una strategia comune condivisa da chi vive e frequenta il centro storico. Bisogna ripensare a un pano Carruggi che, attualmente, ha fallito e va riprogettato”.

Fondamentali per la comunità, nella visione di Montoli, sono gli spazi pubblici che, oltre a rendere piacevole il paesaggio urbano, contribuiscono in modo considerevole a contrastare episodi violenti e criminalità grazie alla presenza costante e continua delle persone: “Uno spazio che non è percepito come spazio pubblico, che sia un vicoletto o simili, non è curato e non è vissuto dagli abitanti, dà spazio alla microcriminalità, autoctona o esterna, che vive quel luogo come una zona franca senza regole e rispetto”.

Interrogandosi su chi governa le piazze di spaccio, tema sparto dalle cronache, il presidente del Ce.Sto prosegue: “C’è un disagio sociale dilagante, il diffondersi del crack risparmia pochi vicoli. È una droga che crea una dipendenza altissima, gli stessi spacciatori diventano a loro volta consumatori e si entra in giro devastante. Se vogliamo risolvere i problemi, la situazione va presa seriamente anche intervenendo a livello più alto, da dove parte la gestione organizzata dell’illegalità”. 

La cooperativa lavora a stretto contatto con le Politiche Sociali del Comune di Genova per garantire la presa in carico delle problematiche sociali e Montoli ribadisce a più riprese che serve creare coesione tra gli abitanti per rigenerare il centro storico: “È un punto fermo su cui lavoriamo con le Politiche Sociali ma non posso non dire che manca una visione condivisa per mettere insieme tutti gli interventi. Partendo da questo, bisogna far seguire un’altra riflessione: il disagio sociale è un problema cittadino. Magari nel centro storico è più visibile perché non esiste più lo spazio pubblico, ci sono molti dehor ma non luoghi pensati come spazio pubblico e in questo vuoto urbano le vie vengon vissute come terra di nessuno”.

L’abbandono dello spazio pubblico non è certo notizia dell’altro giorno, sono diversi anni infatti che si assiste a un tracollo in questo senso e, nonostante diversi tentativi di contrasto, non sembra si riesca a mettere in atto una strategia tale da arginare la deriva.

Un esempio che spesso viene citato è quello dei Giardini Luzzati, realtà capace di richiamare centinaia di persone ogni giorno che, nell’arco degli ultimi dodici anni, ha visto una crescita portata proprio da una strategia condivisa: “Lo spazio pubblico è cura, vita, significato, senso di appartenenza e frequentazione. Quando abbiamo iniziato ai Luzzati, avevamo dieci tavolini e ci mangiavamo solo noi del Ce.Sto. È stato così per i primi due anni e quando arrivavano pusher e consumatori rivendicavano lo spazio come loro. Oggi, a ogni ora, lo spazio è sicuro per tutte e tutti coloro che lo frequentano. Diffondere questo senso di spazio pubblico in tutto il centro storico sarebbe fondamentale. È un lavoro lungo ma va fatto”.

Riconoscere il problema come complesso e suggerire l’adozione di strategie differenziate, dunque, appare come il primo passo da attuare: “Servirebbero gli stati generai del centro storico, coinvolgendo tutti e ripensando il piano carruggi, dicendoci finalmente quali sono le priorità. Il turismo? La valorizzazione storico artistica? Il commercio? La qualità dell’abitare oppure un complesso intreccio di queste attività? Bisogna dirlo, qualche azione è andata bene, sono molto soddisfatto del lavoro con le Politiche Sociali ma è insufficiente”.

La criminalità certamente fa paura ma gli episodi violenti si possono contrastare: “Don Gallo - continua Montoli - chiamava queste persone ‘pecorelle smarrite’, sono i reietti della società che si trovano in situazioni di disagio e diventano facile preda della criminalità. Questo vuol dire che ci sono condizioni perché questo accada, vuol dire anche che bisogna chiarire chi deve prendere in carico queste persone”.

Il presidente della cooperativa prosegue: “Quando cresce un bambino ci sono regole e comportamenti che, in qualche modo, sono comuni a quelli della società: si gioca, ma si convive, si parla di rispetto e si stabiliscono dei limiti da non superare. Tutto va rimesso in discussione e rivisto. Non si può isolare la complessità, occuparsi solo di un pezzo della stessa, occorre ampiezza di pensiero, servono nuove politiche. La presenza delle corazze dell’ordine ha un senso in alcune aree ma non sarà mai la risposta al problema”.