"E' curioso che se qualcuno interviene in un dibattito vuol dire che vuole candidarsi, il che significa, al contrario, che se non vuole candidarsi deve stare zitto".
Marco Russo, sindaco di Savona, città capoluogo strappata al centrodestra nel 2021 è stato più volte indicato come possibile candidato alla presidenza della coalizione di centrosinistra rivendica il diritto di poter entrare nel dibattito politico sulle elezioni regionali senza essere necessariamente considerato un aspirante alla presidenza della Regione.
Sindaco Russo, il presidente Toti ha dato le dimissioni e c'è una data ipotetica delle elezioni. Il suo nome è stato fatto più volte come possibile candidato del centrosinistra alla presidenza della Regione.
"Sono il sindaco di Savona, sto portando avanti un progetto molto impegnativo e ambizioso, che è parte integrante dell'intero progetto politico da che ha dato vita a questa amministrazione, e che si è composto dalla fase elettorale, ma poi deve comporsi anche dalla fase attuativa. Abbiamo tante cose che stiamo seguendo: c'è il progetto di Capitale italiana della cultura, quindi io sono pienamente immerso in questo ruolo e in queste attività.
Ho sempre detto, però, che da sindaco di Savona, nell'interesse della comunità savonese, sia della città che del territorio savonese, sento il dovere di entrare nella discussione sul futuro della Regione in termini positivi, costruttivi, di apporto di idee come credo di aver sempre provato a fare. Questo è ciò che ho sempre pensato di fare e ciò che continuerò a fare. Credo che nell'attività, nel ruolo istituzionale che ricopro e nell'attività politica sia utile, necessario e doveroso portare delle idee. Quindi questa è la mia collocazione in questa fase, l'ho sempre detto e continuo a dirlo prescindendo da altre prospettive”.
Questo porta un po' a quello che è stato definito il 'modello Savona', anche se a lei non piace molto chiamarlo così. Come impostazione può essere esportato alla Regione?
"Questa esperienza si colloca ed è stata calibrata per il contesto Savonese perché è quello a cui voleva parlare. Però penso che dica qualcosa alla politica in generale e quindi fornisca un contributo, uno stimolo che deve essere considerato anche a livello più ampio".
Tornando ai nomi per la candidatura del centrosinistra alla presidenza della Regione, uno è quello di Andrea Orlando. Come vedrebbe questa candidatura?
"Penso che chiunque si metta a disposizione di una comunità vada ringraziato, soprattutto se ha un curriculum importante e una esperienza di governo molto significativa come quella di Orlando. Credo che la sua disponibilità a candidarsi sia sicuramente un valore ed un contributo importante. Però continuo a pensare che il nodo non sia il nome, ma il progetto politico che si vuole portare avanti. Sono convinto che se a Savona mi fossi candidato senza il progetto che abbiamo messo in atto, probabilmente non avrei vinto. Se abbiamo vinto è perché avevamo un progetto, che in quel momento lì rappresentavo io ma che coinvolgeva tante persone. Allora, io credo che il punto sia questo".
Quindi il progetto prima dei nomi?
"Spesso si confonde progetto con programma. Il progetto è qualcosa di più profondo, che guarda più lontano, si compone di elementi di fondo sostanziali. Noi avevamo detto, in campagna elettorale, comunità, cultura, sviluppo sostenibile e città strategica. Abbiamo perso due mesi e mezzo da quando si è aperta la crisi in Liguria. Si è rimasti fermi. Dobbiamo cominciare a far crescere le idee, a tessere le relazioni, anche nei territori. Ho lanciato l'idea della Liguria Policentrica: ci sono dei singoli territori, delle idee, delle esperienze di governo, delle progettualità, che sono utili non solo per quel singolo territorio che le porta avanti, ma perché compongono la Liguria.
Noi dobbiamo cominciare a tessere una rete tra tutti questi focolai che illuminano la nostra regione, metterli insieme. La stessa cosa vale per le eccellenze nel campo dell'economia, della cultura, del sociale. Questa è l'attività politica che io conosco ed è questo quello che può cambiare le sorti di un territorio. Questo secondo me va fatto per fare cambiare alla nostra Regione il modello di governo e di sviluppo che deve guardare avanti".
Però il tempo per lavorare ad un progetto simile è poco, si dovrebbe andare al voto a fine ottobre
"Il tempo è poco, d'altra parte si fa quello che si può con il tempo che si ha a disposizione, però è anche vero che non si parte da un foglio bianco. Ci sono delle cose che sono avvenute sui territori, pensiamo al tema delle infrastrutture, il tema della sanità, della transizione energetica, dello sviluppo industriale, del complesso dello sviluppo turistico. Pensiamo al ruolo della cooperazione. Ci sono dei settori già molto avanzati nella elaborazione di idee e di progetti,. Bisogna sapere costruire, quindi se il tempo a disposizione è meno bisogna fare più un lavoro di cucitura ma anche di nuovi obiettivi, di nuove visioni. E se c'è poco tempo si deve fare più in fretta".
Le segreterie stanno lavorando al cosiddetto campo largo, ma ci sono delle resistenze, ad esempio da parte della sinistra su Italia Viva. Come vede l'idea politica del campo largo per la Regione Liguria?
"Credo di essere anche testimone del fatto che nella politica bisogna lavorare per un'aggregazione sempre più ampia possibile. La maggioranza che mi sostiene è molto larga, quindi è chiaro che bisogna lavorare a quell'obiettivo. Ma anche qui, nell'esperienza savonese, ci siamo arrivati attraverso l'aggregazione intorno a un progetto. L'aggregazione che si basa sulla disponibilità a mettersi in gioco, ciascuno per costruire questo progetto insieme. E' un passaggio non secondario: il fatto di aggregare per costruire insieme e non fare dei patchwork ci consente di avere da un lato un'aggregazione ampia ma dall'altro anche una coesione che supporta l'azione di governo. Credo che questo sia l'approccio più corretto. Nella nostra esperienza non c'è mai stato nessun veto preventivo ma c'è stata l'apertura. L'unica cosa che veniva richiesta era la disponibilità a lavorare insieme. Chi ha dato la disponibilità a lavorare insieme e ha lavorato ha dato un apporto fondamentale. L'esito elettorale delle quattro liste era stato molto equilibrato perché ogni parte dell'aggregazione si era riconosciuta nel progetto di costruire un meccanismo di questo genere".
David Ermini ha deciso di lasciare la direzione nazionale del Partito Democratico per le polemiche scaturite a seguito della sua nomina a presidente della holding del Gruppo Spinelli. Qual è la sua opinione su questa vicenda?
"Penso che sia una buona cosa che non faccia parte degli organi di un partito politico e non svolga un ruolo politico"
Nel caso del rigassificatore lei si è fatto portavoce delle istanze degli altri Comuni ed elemento aggregatore. Secondo lei quanto può incidere sul risultato elettorale della Regione, la questione del rigassificatore?
"Gli effetti di questa vicenda sulle elezioni sono di due generi. Il primo è specifico: certamente in questo territorio chi ha sostenuto, al di là delle posizioni più recenti, il progetto è possibile che non verrà premiato. Però mi auspico che ci sia anche un secondo livello".
Che sarebbe ?
"La messa a fuoco di quello che è accaduto perché, al di là del progetto, la decisione sul rigassificatore è stata presa sulla testa dei territori e anche nella volontà di ignorare le progettualità dei territori. Quello che si è verificato è stata proprio una collisione netta tra un progetto che non teneva minimamente conto di quella che è la realtà con ciò invece ciò che questa realtà intendeva portare avanti. Ecco, io credo che forse questo è quello che dobbiamo augurarci, cioè che si prenda definitivamente atto che questo modo di governare una regione non vada bene e che invece bisogna mettere in atto un modo diverso di rapportarsi con i territori e come dicevo prima anche valorizzando gli apporti che i territori possano portare avanti. La settimana scorsa abbiamo fatto di nuovo una riunione del tavolo territoriale e socialità, ma pensiamo al lavoro sulle infrastrutture, sulla portualità. Sono tutti temi sui quali si costruisce il futuro della regione, ma che però vengono già affrontati e declinati nei vari territori".
A che punto è il progetto? Secondo lei si potrà fermare come chiedono i territori?
"Oggi la questione non è affatto risolta. Il fatto che non ci sia più la Regione che spinga per andare avanti nel progetto e addirittura abbiamo manifestato la contrarietà è sicuramente un elemento positivo, ma la vera partita oggi si gioca a Roma. Deve essere la Presidenza del Consiglio e il Ministero a convincersi che il progetto di trasferimento non deve essere portato avanti. Ad oggi non abbiamo elementi per prevedere se e quando accadrà. Abbiamo una macchina che sta andando avanti perché l'iter è avviato, quindi l'inerzia lo fa andare avanti e ci manca un pilota che freni. Noi dobbiamo far sì che qualcuno salga su questa macchina e imponga l'alt, finché questo non accade l'iter va avanti, quindi non bisogna abbassare l'attenzione e continuare con un impegno molto forte affinché Roma decida per il meglio".