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Attualità | 26 giugno 2024, 15:28

Le esperienze di don Ciotti e don Pozza aprono il West Coast Meeting: "Ricostruire non solo dai mattoni nuovi"

La manifestazione ha debuttato all'Auditorium "don Franco" dove, insieme a Desalvo di Cara Beltà e al professor Simoncini della Fondazione Meeting di Rimini, si è parlato di "ricostruire in luoghi abbandonati"

Le esperienze di don Ciotti e don Pozza aprono il West Coast Meeting: "Ricostruire non solo dai mattoni nuovi"

"In luoghi abbandonati costruiremo con mattoni nuovi". Da qui, da storie vissute di un'umanità nella sua versione più cruda e crudele, ma anche di impegno nella redenzione dell'essere umano anche in quei casi che superficialmente possono sembrare impossibili per i quali però basta cambiare prospettiva per vederle come "scommesse che si possono vincere", è partito il West Coast Meeting nella sua edizione di debutto a Finalborgo, nel complesso di Santa Caterina, dopo le prime edizioni alla Marina di Loano.

Una serata di debutto che ha declinato il tema di quest'anno, ossia "Siate realisti domandate l'impossibile", nell'approfondire quella definizione di "progetti che si possono modificare", per citare uno dei relatori sul palco insieme al presidente dell'associazione organizzatrice Cara Beltà, Paolo Desalvo.

"In luoghi abbandonati non sono soltanto dei luoghi fisici, geografici, delle periferie spesso anche disagiate, ma sono veramente i cuori, le vite delle persone" ha introdotto Desalvo. Vite che hanno avuto delle seconde opportunità, come hanno raccontato gli ospiti: don Luigi Ciotti di "Libera - Associazioni, Nomi, Numeri contro le mafie" e del "Gruppo Abele", don Marco Pozza, cappellano del carcere di Padova nonché scrittore, e il professor Andrea Simoncini, stimato docente di diritto e vicepresidente della Fondazione Meeting di Rimini.

Storie di vite che hanno deragliato e di incontri che hanno però permesso loro di svoltare. Da una di esse è partito don Ciotti raccontando la sua adolescenza e la sua vocazione, lanciando un augurio in tal senso: "Vi auguro di morire. È un augurio che va spiegato perché è molto profondo. Vuol dire rinascere, vuol dire prendere coscienza che molte cose che abbiamo fatto in passato sono state molto importanti, abbiamo lottato, sono state oggetto anche di grandi cambiamenti. Ma molte cose oggi non reggono più l'urto del tempo e allora è necessario morire a certi schemi, a certi linguaggi, a certe modalità che ci hanno accompagnato, per vedere cosa è possibile fare oggi per incidere di più, per graffiare di più la realtà, per rispondere ai bisogni e alle esigenze di oggi".

Chiara l'immagine, l'esempio portato da don Pozza: quello dei mattoni, non solo nuovi ma anche "sabbiati", rimessi a nuovo e anche, paradossalmente quasi, rinforzati. "Diciamo che se hai la possibilità di lavorare con mattoni nuovi, è una possibilità invidiabile - ha detto -. Nel caso tu non li avessi però, i mattoni vecchi sono tanta materia, ce lo insegna l'edilizia: sabbiandoli, tiri via la vernice, tiri via il calcare, tiri via la muffa e regali loro una nuova giovinezza, e soprattutto scopri che si sono rafforzati. Se al posto dei mattoni mettiamo le storie, quelle di persone che vivono l'esperienza del carcere, quelle che non si possono cambiare, anche e soprattutto per rispetto delle vittime. Ecco allora che non ci rimane che l'arte della sabbiatura: prendere queste storie, che tutti dicono siano perdute, impossibili, e farle rinascere e divertirci a sfidare l'impossibile, a colpi di tenerezza e con la Costituzione italiana in mano. Se poi c'è anche il Vangelo, ancora meglio".

L'altra immagine è quella dell'impossibile dell'uomo che diventa il possibile di Dio. Come può operare l'uomo per far sì che questo avvenga su questa terra? "Ricordandosi del muro di Berlino - ha continuato don Pozza - Questa è una cosa che non ho mai perdonato alla mia maestra: il muro di Berlino non è caduto come ci insegnano a scuola, il muro di Berlino l'hanno fatto cadere. E la storia va avanti perché ci sono delle persone che hanno il coraggio di far accadere delle cose. Ecco allora che l'impossibile non è un qualcosa di astratto, ma è un qualcosa che è alla portata di tutti, a patto che uno abbia il coraggio di metterci la faccia e, se è necessario, di pagare quello che c'è da pagare. Io da bambino rimanevo affascinato dalla storia di Don Luigi, dalla storia di un altro prete, Don Beppe, e questa è stata una felice scoperta: cioè, io ho questa fortuna ogni giorno di vedere persone che iniziano a fare cose che tutti gli altri dicono impossibili. Magari non arrivano a cambiarle, però anche quando non ce la fanno rimane la bellezza di averci provato".

Proprio sull'incontro si è soffermato il professor Simoncini, partendo dalla sua esperienza e da alcune considerazioni su quelle ascoltate: "C'è speranza fin quando nella nostra società ci sono luoghi nel quale incontrare persone come quelle che abbiamo ascoltato questa sera. L'idea di rendere possibile un incontro, facilitarlo: l'idea di una relazione, di un'amicizia, non c'è alternativa all'amicizia. L'amicizia è la legge dell'esistenza: vince chi riesce a combinare più cose diverse".

"Il nostro dovere è saper distinguere tra i reati e i peccati - ha aggiunto don Ciotti - Dei reati se ne occupano i tribunali, la giustizia; dei peccati se ne occupa la chiesa. E la chiesa, il nostro punto di riferimento è Dio, un Dio che è sempre misericordioso, che è disposto sempre a venirci incontro, ad assumerci la nostra parte di responsabilità se abbiamo sbagliato, e che ci invita a convertirci, a prendere coscienza del male che abbiamo fatto, a restituire se è possibile, ma soprattutto a convertirci, a cambiare, a rimetterci in gioco. Allora, non dimentichiamo questo".

M. Pastorino - R. Vassallo

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