Andrea Ranocchia, ex difensore dell’Inter, è un fiume in piena e ha voglia di parlare del suo amore per i nerazzurri, di quanto sia bravo Inzaghi, della figura dell’allenatore moderno, del problema del razzismo e della pressione enorme sui giovani calciatori. Vediamo cosa ha deciso di raccontarci.
Andrea Ranocchia si racconta senza filtri e per ascoltare il suo podcast ci vuole cuore, passione e un grande amore per l’Inter, lo stesso che, fin dalla prima domanda, viene fuori dal suo parlato. Lo scudetto, infatti, per l’ex difensore, è sempre stato il primo obiettivo della squadra quindi “diciamo che l’importante era vincere, però vincere nel derby è ancora più speciale.” Proprio sulle stracittadine ha un ricordo preciso: l’anno che è arrivato a Milano, nel 2011, i nerazzurri hanno vissuto una stagione strana, con una grande rimonta finale. Arrivati al derby decisivo con due punti sotto i rossoneri hanno, però, perso l’incontro. Ranocchia è, su questo, molto diplomatico: “purtroppo è finita male, ma nel calcio funziona così, non può andar sempre tutto bene.”
Andrea ha il cuore interista e, conoscendo parecchi tra staff e giocatori, ha parlato spesso, anche con Inzaghi, della supremazia dell’Inter in questa stagione: “la rosa dell’Inter per me è ineguagliabile in Italia perché ha una rosa molto lunga, giocatori molto forti”. Peccato, però, che in Champions le cose non siano andate nello stesso modo. Anche su questo, però, Ranocchia ha le idee chiare: “C’è rammarico perché una squadra come l’Inter è costruita comunque per vincere. Quando non si raggiunge l’obiettivo c’è del rammarico.”.
Dirigenza, giocatori sorprendenti e sua esperienza personale
Sul futuro dell’Inter, Ranocchia ha idee molto chiare: il lavoro fatto da Marotta, Ausilio e Baccin è incredibile. Aver acquistato, a poco prezzo o a parametro zero, giocatori di qualità è qualcosa di impensabile. Anche l’impegno di Zhang è davvero pazzesco: “quando ha preso l’Inter era una squadra in difficoltà e in pochi anni è riuscito a riportarla ai vertici del calcio europeo e mondiale e ha fatto un lavoro strepitoso.”I giocatori, ad esempio, più sorprendenti, per Ranocchia, sono Thuram e Sommer. Thuram, il figlio di Lilian, l’incognita di questo mercato, è stato piazzato in un ruolo non suo, a sopperire alla mancanza di un carrarmato come Lukaku e ha fatto molto meglio di quanto ci si aspettasse. Tanti gol, tanti assist, tanta velocità e anche tanto altruismo, non da poco.
Sommer, arrivato quasi in sordina dal Bayern Monaco per sostituire Onana, ha fatto tutto bene, dando ancora più sicurezza a una difesa di grandissima qualità e, come dice Andrea, “quando c’era il momento in cui doveva parare ha sempre parato”.
Cambiando argomento, e proseguendo con l’intervista sempre parlando di nerazzurri, l’esperienza personale di Andrea all’Inter inizia sei mesi dopo il Triplete, in una squadra piena zeppa di campioni che non ha mai dimostrato superiorità nei confronti di Ranocchia. Subito ben accolto, apprezzato, messo a suo agio, Andrea ha giocato con gente del calibro di Zanetti, Cambiasso, Samuel, Materazzi, Milito. E non solo: ha giocato contro gente come Ibra, Totti, Del Piero, gente che ha cambiato il mondo del calcio, che è un mito ancora oggi.
Questo lo ha reso l’uomo che era, fino ad arrivare a diventare capitano dell’Inter, appena andato via Zanetti. Fu proprio in quel momento che, nonostante una bella e danarosa offerta da parte della Juventus, Ranocchia fece la sua scelta e decise di rimanere all’Inter. Nessun rimpianto, però, e sottolinea: “essere ricordato ad oggi dai tifosi interisti per come sono ricordato, per come sono accolto, per l’esperienza che ho avuto all’Inter e per il fatto che sono riuscito a vincere anche solo un campionato con l’Inter, per me ha ripagato tutto.”.
Inzaghi, Azzurri, razzismo, pressione sui giocatori attuali
Fermo restando che Ranocchia ha un’idea ben precisa sull’allenatore moderno che, per l’ex calciatore, è una sorta di tecnico a tutto tondo in grado, non solo di gestire i moduli di gioco ma di migliorare, grazie a GPS, strumenti tecnologi e altro, le prestazioni dei giocatori, Simone Inzaghi è stato in grado di tirare fuori il meglio da ciò che gli è stato concesso.Ranocchia dice che Inzaghi è “un allenatore che, insieme al suo staff, prepara bene le partite, dà indicazioni che cambiano anche a seconda dell’avversario che incontra.” E inoltre: “il giorno in cui il giocatore non sta bene o ha un problemino, lui capisce come può gestirlo, non con le bastonate ma mettendosi nei panni del giocatore, aiutandolo in quel momento lì.”. L’empatia, quindi, il creare un legame (come è successo nella Roma con De Rossi), è importante almeno quanto la preparazione atletica.
Un altro grande allenatore, Luciano Spalletti, ha in mano il futuro della nazionale azzurra e Andrea dice che adesso, anche in attacco, abbiamo delle buone soluzioni come Scamacca. In generale, abbiamo alcune squadre decisamente forti come Spagna, Inghilterra e Francia ma mai dire mai per gli Europei.
Il razzismo, invece, tranne in casi specifici come il caso Acerbi/Juan Jesus o quello che è accaduto con Maignan e la curva dell’Udinese, è, per Ranocchia, un problema meno inquietante di quanto potesse esserlo una decina d’anni fa. Tanto è stato fatto per sensibilizzare sull’argomento da parte di Governo e società calcistiche e tanto è migliorato anche dal punto di vista educativo. Ciò che è peggiorato, a detta del difensore, è il rapporto tra social, stampa e calciatori. I calciatori sono stressati da 60 milioni di allenatori e leggono commenti positivi e negativi ogni giorno attraverso i canali di informazione. Questo vale, ovviamente, sia nel bene che nel male: “appena un ragazzo giovane fa due partite bene o viene convocato con la prima squadra o fa un gol tra i professionisti, viene subito paragonato da centinaia di migliaia o anche di milioni di appunto pseudo giornalisti, pseudo tifosi o tifosi al top player.”. Questo, per Ranocchia, è un errore madornale che porta il giocatore a considerarsi già arrivato.
Proprio per questa ragione, e conscio di una bellissima esperienza nell’Hull City in cui la curva ha sempre tifato per la squadra nonostante la retrocessione, Andrea si augura che il figlio, già bravo a calcio, si diverta soltanto e non voglia per forza arrivare in Serie A. Anche per se stesso, inoltre, si augura di restare a lavorare come podcaster e commentatore senza ragionare di tornare nel calcio. Per ora, comunque, non c’è né voglia e né passione, poi si vedrà.