Per ogni via libera che si apre c’è un fermo che va sbloccato: la Commissione UE ha approvato la proroga del quadro temporaneo Ucraina sugli aiuti di stato per altri sei mesi, quindi fino al 31 dicembre. La buona notizia, tuttavia, per essere applicata nella sua interezza, necessita di un approccio trasversale, che tocchi gli ambiti di prioritario interesse e possa così valere come vero sostegno e aiuto concreto alle imprese. In primis, ora più che mai è necessario arrivare a una moratoria dei debiti per le aziende agricole colpite dagli effetti delle tensioni internazionali, con i costi di produzione balzati alle stelle e – in contemporanea – il crollo dei prezzi agricoli.
“Siamo contenti che le mobilitazioni di carattere pacifico organizzate da Coldiretti al Brennero stiano portando i primi risultati,” commentano Gianluca Boeri e Bruno Rivarossa, Presidente di Coldiretti Liguria e Delegato Confederale.
“Tuttavia, tale flessibilità degli aiuti di stato deve essere in primis applicata a una possibilità di sospendere le rate dei mutui per venire incontro alle difficoltà economiche che le imprese agricole stanno vivendo, ossia la moratoria sui debiti”.
Al posto di un approccio orizzontale, dunque, che pone al centro dell’attenzione da parte della Commissione Europea una questione per volta, Coldiretti risponde con il bisogno di verticalità, ossia affrontare in sinergia diverse questioni che toccano e influenzano la catena produttiva.
Queste le questioni urgenti su sui occorre ancora intervenire:
La difesa del made in Italy
Prima fra tutte la raccolta firme per una legge popolare europea sull’etichettatura di origine. “Tutto parte da questo: la difesa del Made in Italy, anzi, meglio: la consapevolezza del Made in Italy. Non esiste aiuto che tenga se i nostri produttori si trovano a dover competere con prodotti provenienti da fuori che il consumatore non ha la possibilità di distinguere e anzi, che spesso e volentieri vengono etichettati come prodotti in Italia. Come possiamo garantire trasparenza se non aboliamo l'attuale codice doganale per l’origine dei cibi?”.
La fauna selvatica incontrollata
Tra le questioni all’ordine del giorno, fondamentali da affrontare per un approccio intersezionale, serve inoltre uno stop alla fauna selvatica incontrollata. Per difendere il lavoro dei contadini e la potenzialità delle nostre terre rurali, è necessario mettere in atto interventi specifici, volti a ridimensionare, in primis, l’impatto della fauna selvatica sulle produzioni agricole. Le aree più colpite, in Liguria, sono quelle montane e dell'entroterra, anche se i cinghiali hanno ormai da mesi raggiunto le coste. Le deturpazioni alle coltivazioni sul territorio ligure si verificano principalmente ai danni delle aziende orticole e zootecniche; soprattutto, si assiste sempre più a numerose predazioni di vitelli e animali al pascolo da parte di lupi e danni a coltivazioni e a muretti a secco da parte di ungulati e cinghiali. “Per non parlare dei danni dati dalla Peste Suina Africana (PSA),” commentano Boeri e Rivarossa. “La Regione Liguria nel 2023 aveva promesso di abbattere oltre 12.000 cinghiali: in realtà ne sono stati abbattuti appena 1807. Nel 2024 per ora siamo a quota 713. Ciò che chiediamo sono misure straordinarie da parte della politica per affrontare un problema che è invece ordinario per chi vive quotidianamente il primo settore”.
Il fotovoltaico selvaggio
Al fianco di ciò, serve fermare la copertura di intere aree agricole di pannelli fotovoltaici. Coldiretti è contro le rinnovabili? No, ed ecco perché l’utilizzo del termine “selvaggio”: è fondamentale sottolineare come ettari su ettari di distese di pannelli a terra stiano mettendo in ginocchio la produzione interna di svariate aree del paese. Come mai? Ciò è reso possibile da un vero e proprio Far West normativo che deriva dall’assenza di regole di governo del territorio. Come fare? “Siamo assolutamente a favore dei pannelli,” aggiungono Boeri e Rivarossa, “la forte partecipazione alla misura del Pnnr da parte di Coldiretti non può che confermare la nostra posizione favorevole all’uso delle rinnovabili. Il nostro impegno, tuttavia, spinge su un investimento specifico da parte del paese: indirizzato e non selvaggio, per la precisione con la costruzione di impianti fotovoltaici sui tetti di stalle e cascine. Solo che in Liguria, sono tantissime le serre abbandonate su cui si potrebbero posizionare pannelli fotovoltaici. Quando la scelta è tra la cancellazione sistematica di un campo coltivato e il riutilizzo di una struttura in disuso, come potremmo scegliere la prima e scartare la seconda?