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Attualità | 19 marzo 2024, 07:26

Oggi, 19 marzo, si festeggia San Giuseppe e la Festa del Papà

Celebriamola nel migliore dei modi, cucinando e mangiando le zeppole

Zeppola di San Giuseppe

Zeppola di San Giuseppe

Tutto il mondo cattolico festeggia oggi, 19 marzo, in concomitanza con la Festa del Papà, la solennità di San Giuseppe, il padre putativo di Gesù. I vangeli lo definiscono un uomo giusto e per volere del Papa Pio IX è anche diventato patrono della Chiesa Cattolica.

Tra gli altri, San Giuseppe è il patrono e protettore di falegnami, operai, ebanisti e padri di famiglia. Onomastico o Festa del papà, scegliere un regalo è semplice. Le idee possono essere tantissime e vanno dalla cravatta al dopobarba, fino al film preferito. Tutti belli, certo, ma volete mettere un dono fatto a mano, per di più buonissimo? Se quest’anno volete dedicare un dolce momento ai vostri papà, potrete viziarli e coccolarli con le zeppole di San Giuseppe, i dolci che per tradizione si preparano per il 19 marzo. Le zeppole sono dei gonfi bignè di dimensione più grande, ricoperti di crema pasticcera e farciti infine con un’amarena candita.

La storia delle zeppole di San Giuseppe

Le zeppole di San Giuseppe sono una tradizione nata nel napoletano e conosciuta grazie al “Trattato di Cucina Teorico-Pratico” del celebre gastronomo Ippolito Cavalcanti, Duca di Buonvicino, che nel 1837 mise nero su bianco la ricetta di questa prelibatezza della pasticceria classica italiana. Secondo quanto riportato da Cavalcanti, in dialetto napoletano, gli ingredienti della ricetta erano pochi e semplici: farina, acqua, vino bianco (che oggi viene spesso sostituito da liquore o marsala o semplicemente omesso), sale, zucchero e olio per friggere.

Secondo altre fonti, le origini delle zeppole di San Giuseppe sono molto più antiche, perché già erano presenti alla corte del Viceré di Napoli, Juan II de Ribagorza, nel 1400. E c’è addirittura chi pensa che siano nate nel 500 a.C..

Come ogni altra pietanza della cucina italiana, le vere origini di questo dolce sono avvolte nel mistero, ma ricondotte a leggende antiche, due in particolare. La prima, cristiana, racconta come San Giuseppe, dopo la fuga dall’Egitto, dovette lavorare come friggitore ambulante (oltre che come falegname) per mantenere Gesù e Maria. Tra i napoletani è nata così l’usanza, in devozione al Santo, di friggere zeppole per strada. Gli zeppolari in questione sono stati raccontati anche da Goethe verso la fine del 1700, che definì San Giuseppe il «Patrono di tutti i frittaroli».

Protagonista della seconda leggenda sono invece l’Antica Roma e le celebrazioni delle Liberalia, feste organizzate in onore delle divinità protettrici di vino e grano. Durante queste feste, che si celebravano il 17 di marzo per omaggiare Bacco e Sileno, si beveva vino e si mangiavano deliziose frittelle di frumento cotte nello strutto bollente. Dopo il divieto delle feste pagane imposto dall’Imperatore Teodosio II, pare che queste deliziose frittelle siano state associate ad una festività cristiana, che cade due giorni dopo, ovvero il giorno di San Giuseppe, che nel 1968 è stato dichiarato Festa del papà.

La ricetta delle zeppole di San Giuseppe

Non si sa esattamente quando e chi abbia deciso di impreziosire la ricetta originale con crema pasticcera e un’amarena candita. Sappiamo però che mai scelta fu più azzeccata: la fragranza della pasta choux (quella dei bignè appunto) insieme alla dolcezza della crema pasticcera e al leggero tocco acidulo dell’amarena rendono questo dolce equilibrato e irresistibile. Ve lo dico subito: preparare le zeppole di San Giuseppe non è semplicissimo. La pasticceria tradizionale richiede precisione, nelle dosi e nei passaggi. Ma, ricordatelo, stiamo cucinando per una buona, buonissima, causa. Ogni sforzo sarà ricompensato!

Procedimento

Quella che vi regaliamo è la ricetta originale napoletana, messa in pratica dal lettore braidese, ma di origine campana, Lorenzo Cirma. Fate bollire in un tegame 250 ml di acqua e 70 g di burro. Quindi, togliete dal fuoco ed aggiungete 150 g di farina. Amalgamate gli ingredienti e rimettete sul fuoco bassissimo, mescolando fino ad ottenere un composto liscio ed omogeneo. Spegnete, lasciate intiepidire e poi aggiungete 3 uova, 40 g di zucchero, la scorza grattugiata di un limone, 1 bustina di vanillina e lavorate il tutto.

Fate riposare la pastella, coperta da un panno, per 40 minuti e, trascorso questo tempo, ricavate delle specie di ciambelle. Una forma che ricorda quella di un piccolo serpente attorcigliato su se stesso, “serpula” il termine latino da cui è quasi certo che sia poi derivato il nome di zeppola (altri invece ritengono che questo nome derivi, sempre dal latino, “cippus”, zeppa. Nel napoletano, infatti, la zeppa è il fermo di legno che si usava per i difetti dei mobili. Va da sé il legame con San Giuseppe che di professione era falegname).

Tradizione vuole che siano gonfie, alte e morbide, ma soprattutto rigorosamente fritte. Quindi, friggetele, una per volta, in abbondante olio di arachidi moderatamente caldo. Quando si gonfieranno fatele dorare delicatamente, rigirandole più volte nell’olio e scolatele su carta assorbente.

Ovviamente per chi non vuole friggere è possibile farle anche al forno, sono ugualmente deliziose e sicuramente più leggere. Usando la sac à poche ripiena di impasto, formate sulla carta forno dei cerchi con movimento a spirale, per ottenere zeppole di diametro di 6 cm. Preriscaldate il forno ventilato a 200°C, infornate per 10 minuti. Successivamente abbassate la temperatura a 180°C per 15 minuti e terminare con altri 15 minuti a 150°C.

Il risultato in entrambi i casi è impeccabile. Appena fredde si possono spolverare con zucchero a velo e decorare con un ciuffetto di crema ed un’amarena sciroppata al centro. E ora? Assaggiatene una prima di regalarle al vostro papà… non vorrete mica fare brutta figura!

Silvia Gullino

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