“Apprendiamo che l’Istituto Falcone di Loano ha deciso in consiglio d’istituto di non mandare i ragazzi delle classi quinte a visitare la mostra Cento per Cento Inferno, organizzata dal 29 gennaio prossimo presso il Comune di Loano e con il patrocinio di questo e della Regione Liguria. La mostra, che si inserisce nel ciclo delle celebrazioni della Memoria della Shoah e della lotta all'antisemitismo, partita dal prestigioso museo Maxxi di Roma arriva a Loano con fotografie scattate dal reporter Ziv Koren subito dopo il massacro del 7 ottobre scorso e con illustrazioni a colori dell’artista israeliano Shoshke che rappresentano il dolore dei 136 ostaggi ancora in mano di Hamas e l’angoscia delle famiglie che li attendono a casa. Se l’arte ha la funzione di far riflettere sulla storia, sull’attualità e soprattutto sull’umanità, questa mostra è un’occasione per costruire una coscienza civile e una coscienza individuale, per far comprendere a cosa porta l’odio razziale, religioso, a cosa porta l’antisemitismo ancora oggi. Senza nessuna presa di posizione rispetto al conflitto in atto, che non viene nemmeno minimamente sfiorato nell’esposizione, la mostra rappresenta solo un’umanità tradita, nelle proprie case, per strada, ad un festival musicale. Uomini, donne, bambini, neonati, anziani, sopravvissuti alla Shoah, disabili, tutti coinvolti, per la sola colpa di essere Ebrei, in un atroce, indescrivibile destino, figlio di intolleranza e odio antisemita. Al grido di ‘morte agli Ebrei’, si è replicato un orrore che ha inghiottito comunità pacifiche e pacifiste, comunità modeste economicamente ma ricche di cultura e di voglia di dialogo e convivenza. Anche questo si poteva vedere nella mostra, la voglia di dialogo”.
Lo afferma in una nota stampa la presidente Cristina Franco dell’associazione Italia-Israele Savona.
“In un mondo quasi anestetizzato, in un mondo in cui l'antisemitismo sta nuovamente e prepotentemente corrompendo gli animi, come denunciano tutti gli osservatori internazionali, sarebbe stato opportuno aiutare i ragazzi a coltivare gli anticorpi verso odio e intolleranza e a coltivare umana compassione ed empatia – prosegue Franco -. Senza aver paura di essere tacciati di parzialità. Avvolgere i ragazzi in una neutralità forzata che porta solo all’indifferenza è scelta che non ci si aspetterebbe da un istituto scolastico. E non può essere in gioco la neutralità ma solo e soltanto la compassione, la pietà umana di fronte all'indescrivibile massacro di 1400 innocenti, di fronte al parimenti indescrivibile stupro di massa di centinaia di donne, anche anziane e bambine, di fronte al rapimento di molti bambini e di neonati. Che scelgano poi una parte o l’altra, i giovani, a parer nostro, devono però imparare a scegliere e devono avere gli strumenti per comprendere per scegliere. Insegnare ai ragazzi a non esporsi, in un senso o nell’altro, non è educarli. Significa traghettarli verso l'indifferenza, il male peggiore dell'umanità.’È avvenuto, quindi può accadere di nuovo: questo è il nocciolo di quanto abbiamo da dire’. Questo il messaggio di Primo Levi ai ragazzi delle scuole, ai quali chiedeva di non restare indifferenti”.
“E’ abdicare alla importante funzione formativa della scuola – continua -. Nessuno chiedeva alla scuola di prendere posizione, ma ci si aspettava sicuramente una disponibilità a far conoscere per costruire, conoscere per riflettere e dialogare, conoscere per giudicare e pure eventualmente criticare. La scuola ha scelto senza nemmeno voler approfondire i contenuti e il messaggio della mostra. Difficile comprendere che educatori abbiano detto di no alla possibilità di far conoscere e contrastare l'antisemitisimo vivo e vegeto anche ai giorni nostri. Alcuni dei massacrati erano riusciti a sopravvivere alla Shoah per trovarsi di nuovo vittime predestinate di antisemitisimo violento. Una grande occasione persa e soprattutto per i ragazzi che confidiamo vorranno venire a vedere la mostra indipendentemente dalla scuola, magari con le famiglie, magari anche per contestare, sempre meglio che essere costretti fra le mura dell’indifferenza o dell’ipocrisia”, conclude la presidente di Italia-Israele Savona.