«L’Epifania tutte le feste si porta via». Proprio così. Anche l’ultimo atto del presepe è andato in scena: sono arrivati i Re Magi ad adorare Gesù Bambino.
Grandi e piccini posizionano le tre statuine davanti alla grotta e, per l’occasione, si può raccontare la storia di questi uomini saggi arrivati da molto lontano, seguendo una stella cometa.
Storia dei Re Magi
La storia dei Re Magi parte da molto lontano, in terre esotiche e ricche di antiche tradizioni, ispirata all’oracolo di Balaam, identificato con Zoroastro, che aveva annunciato che un astro sarebbe spuntato da Giacobbe e uno scettro da Israele. I tre misteriosi personaggi sono menzionati solo nel vangelo di Matteo (nei primi 12 versetti del secondo capitolo) in cui si parla dei Magi che dall’Oriente arrivarono a Gerusalemme durante il regno di Erode alla ricerca del neonato Re dei Giudei. Tuttavia, attraverso la storia e grazie ai vangeli apocrifi (cioè non considerati parte del canone cristiano ufficiale) si è diffuso il mito dei Re Magi come è conosciuto oggi.
Storicamente, il termine “Magi” viene dal persiano antico e si riferisce a dei sacerdoti del popolo dei Medi, che abitava il moderno Iran. In particolare si tratta di sacerdoti dello zoroastrismo, una religione basata sugli insegnamenti del profeta Zarathustra (oggi ancora praticata dalle comunità Parsi soprattutto in India). Per alcuni studiosi, infatti, la storia dei re Magi è ispirata all’oracolo di Balaam, identificato con proprio Zoroastro, che aveva annunciato che un astro sarebbe spuntato da Giacobbe e uno scettro da Israele.
Il nome dei Re Magi
Nel vangelo di Matteo non vengono riportati i nomi dei Magi. Si pensa che questi siano stati aggiunti al mito secoli dopo. In particolare i nomi Melchiorre, Baldassarre e Gaspare (i più usati nella leggenda raccontata dai cristiani in Europa) verrebbero da un manoscritto greco che risale al quinto o al sesto secolo, scritto ad Alessandria d’Egitto e arrivato all’epoca contemporanea solo con una traduzione di alcuni secoli dopo. Nel complesso monastico di Kellia, in Egitto, sono stati rinvenuti i nomi di Gaspar, Melechior e Bathesalsa.
Melchiorre sarebbe il più anziano e il suo nome stesso deriverebbe da Melech, che significa Re; Baldassarre deriverebbe da Balthazar, mitico re babilonese, quasi a suggerire la sua regione di provenienza; Gasparre, per i greci Galgalath, significa signore di Saba. In altre zone del mondo, le comunità cristiane non usano gli stessi nomi. In Armenia, ad esempio, si sono diffusi i nomi Kagpha, Badadakharida e Badadilma, mentre in Etiopia si parla di Hor, Karsudan e Basanater e in Siria di Larvandad, Gushnasaph e Hormisdas. Anche il fatto che fossero “Re” è stato aggiunto dopo. Fin dal terzo secolo si iniziò a parlare di Re, perché un passaggio del Vecchio testamento, nella Bibbia, parlava di Re che avrebbero reso onore al salvatore del popolo ebraico.
Infine nel Medioevo, uno dei salmi recitati nella festa dell’Epifania parla di alcuni “Re” che portano dei doni. Un accenno a questi mitici Re lo troviamo anche nelle parole di Marco Polo: «...in Persia è la città che è chiamata Saba da la quale partirono tre re che andaron ad adorare Dio quando nacque...». Secondo numerose leggende i tre Magi giunsero a Betlemme 13 giorni dopo la nascita del Cristo.
La simbologia dei doni dei Re Magi
I tre doni dei Magi (oro, incenso e mirra) sono tra i pochi dettagli che vengono citati direttamente nel vangelo di Matteo e fanno riferimento alla natura di Gesù, quella umana e quella divina.
Il loro significato è dunque questo: l’oro perché è il dono riservato ai Re e Gesù è il Re dei Re; l’incenso, come testimonianza di adorazione alla sua divinità, perché Gesù è Dio; la mirra (una resina che si ottiene lavorando la corteccia di alcune piante, diffuse soprattutto in alcune aree dell’Africa orientale e della penisola arabica), usata nel culto dei morti, perché Gesù è uomo e come uomo, mortale.
Dai doni dei Re Magi a Gesù, proviene la tradizione di portare dolci e giocattoli ai bambini: questa tradizione si incrocia con la leggenda della Befana che racconta come i Re Magi, durante il viaggio verso Betlemme, si fermarono alla casa della vecchietta e la invitarono ad unirsi a loro. La Befana declinò l’invito e lasciò partire i Magi da soli, ma poi ripensandoci, decise di seguirli. Non riuscendo a ritrovarli, nel buio della notte, da allora, lascia a tutti i bambini un dono, sperando che tra quei bambini ci sia Gesù.
Perché i Re Magi potrebbero essere quattro anziché tre
Il numero “tre” è emerso nei secoli di tradizione cristiana, dato che il vangelo di Matteo parla solo di “alcuni magi”. È un numero con una forte valenza simbolica e potrebbe essere nato sia per corrispondenza con dei passaggi della Bibbia, sia per sottolineare che tutto il mondo (il numero tre spesso indica la totalità, ed era anche il numero di continenti conosciuti all’epoca) onorava la nascita di Gesù. Più semplicemente, si parla di tre Magi, anche perché i doni erano tre. Tuttavia, uno dei racconti tradizionali legati alla storia dei Magi parla di un quarto Magio, chiamato in alcune versioni del racconto Artaban, partito con gli altri tre, che avrebbe portato in dono alcune perle. Nel corso del viaggio, però, avrebbe donato tutte le perle a persone bisognose e alla fine non se la sarebbe sentita di presentarsi davanti a Gesù senza un dono. Al racconto di Artaban ha dedicato un intero libro il pastore presbiteriano Henry van Dyke, nel 1896, intitolandolo “Artaban, il quarto re”.
La stella
La “stella cometa”, in termini astronomici, non esiste: stella e cometa, infatti, sono due corpi celesti completamente diversi. In particolare, mentre le stelle sono masse di gas che bruciano ed emettono luce, le comete sono solitamente fatte di ghiaccio e di roccia, si muovono nello spazio e in alcuni casi possono essere osservate. Nel vangelo, Matteo parla di una stella. Si deve forse al pittore Giotto l’idea che questa fosse una cometa: nel dipinto “L’adorazione dei Magi”, completato nel 1305, appare infatti la classica rappresentazione di una stella con una “coda” luminosa. Secondo il cosmologo e astrofisico americano Grant Mathews, invece, avrebbe potuto trattarsi di un allineamento tra il Sole, Giove, la Luna e Saturno. Questo evento astronomico, avvenuto attorno all’anno 6 a.C., avrebbe potuto indicare ai Magi la direzione di viaggio a Est, dato che in quella direzione era visibile l’allineamento.
Dove vanno i Re Magi dopo la visita a Gesù
Anche il viaggio di ritorno dei Magi, dopo la visita a Gesù bambino, viene raccontata nel vangelo di Matteo. Dopo aver elencato i doni consegnati, infatti, il testo riporta che i Magi vorrebbero tornare a Gerusalemme, per comunicare al re Erode l’esatta posizione della grotta dove si trova Gesù. Tuttavia, un angelo appare loro in sogno e li avvisa di non farlo, perché Erode aveva intenzione di uccidere il bambino. Perciò, “per un’altra strada”, i Magi ritornano “al proprio paese”, dice il vangelo. Da quel momento i Magi non vengono più citati e la storia prosegue con un altro angelo che avvisa Giuseppe, sposo di Maria, la madre di Gesù, di fuggire in Egitto, perché Erode non uccida Gesù.
La tomba dei Re Magi
Ancora oggi il culto del Magi non è dimenticato, la leggenda narra che i resti mortali dei Re Magi furono recuperati in India da Sant’Elena e poi portati a Costantinopoli. Una cronaca dell’epoca (IV secolo) riferisce che le sacre reliquie, risposte dentro una cassa di legno, avvolti in tessuti intrisi di profumi e di mirra, vennero portati a Milano dal vescovo Eustorgio da un suo viaggio a Costantinopoli. Partiamo dall’inizio.
La leggenda vuole che quando Eustorgio fu eletto vescovo, andò a Costantinopoli da Costante, che allora era a capo dell’Impero Romano d’Oriente, per rimettere nelle sue mani il mandato di governatore della città. Costante gli donò le reliquie dei Re Magi che erano conservate in un pesante sarcofago nella chiesa di Santa Sofia, perché Eustorgio le portasse indietro con sé a Milano. Una volta arrivato dove ora c’è la Basilica, il carro usato per trasportare il sarcofago affondò nel fango e non fu più possibile spostarlo. Per Eustorgio, quello era un segno divino: lì i Re Magi erano arrivati e lì sarebbero rimasti.
Ed è per questo che, quando venne costruito il campanile, in cima al posto della croce venne posta una stella a 8 punte, che simboleggia sia la stella polare, ma anche l’origine spirituale del mondo. E quella è anche la stessa stella che, quando nacque Gesù, guidò proprio i Re Magi alla grotta dove Giuseppe e Maria si erano fermati. I corpi dei Re Magi erano intatti, essendo stati trattati con balsami e spezie, e mostravano dal volto e dalla capigliatura età differenti: il primo sembrava avere 15 anni, il secondo 30 e il terzo 60 anni. L’antica chiesa dove la tradizione vuole che fosse battezzato San Barnaba, il primo vescovo della città, venne ampliata dal vescovo Eustorgio per ospitare la reliquia che venne riposta in un’arca romana di marmo sormontato dalla stella e dalle tre corone, con l’epigrafe “Sepulcrum trium Magorum”.
Le avventure delle reliquie dei Re Magi
La testimonianza della custodia nella Chiesa di Sant’Eustorgio a Milano si trova nella iscrizione di antichissima data, sul lato sinistro (guardando la facciata della chiesa), che dice: “Basilica Eustorgiana titulo Regibus Magis” che attesterebbe la presenza dei corpi dei Re Magi. Inoltre, la chiesa ambrosiana, nel calendario e nei libri liturgici, di prima del X secolo, viene chiamata Basilica dei Re. Tempo dopo, il suo successore, Sant’Ambrogio, decise di affidare alla sorella Marcellina le piccole reliquie, da custodire presso la sede del suo monastero che aveva sede proprio nel territorio che sarebbe diventato Brugherio.
Nel 1163 Federico Barbarossa rase al suolo Milano e, tolti i corpi dall’enorme sepolcro marmoreo, li regalò a Rainoldo arcivescovo di Colonia, dove furono trasferiti il 23 luglio 1164 e dove tuttora sono conservati. Grande fu lo sconforto dei cittadini alla notizia e Milano tentò più volte di riaverle, ci provò anche Ludovico il Moro nel 1434, ma inutilmente. Solo il cardinal Ferrari, agli inizi del secolo scorso, riuscì ad ottenere parte delle ossa ora collocate in un prezioso tabernacolo sopra l’altare dei Magi.
Ed i rimanenti tre ossicini? Rimasero a Brugherio nel monastero di Sant’Ambrogio, dimenticati fino al 1613, quando il cardinale Federico Borromeo ne dispose la ricollocazione nella chiesa parrocchiale. Fatto sta che oggi, la chiesa di San Bartolomeo a Brugherio, il duomo di Colonia in Germania e la basilica di Sant’Eustorgio a Milano sono le tre chiese che custodiscono reliquie dei Magi.
Le reliquie di Brugherio si trovano in una bella teca d’argento: «Consiste essa in parte delle dita mignole di que’ Santi Corpi, e si conservano in picciole teche incassate nel petto di tre statuine d’argento rappresentanti i Magi dalle coscie in su, e formate con tale esattezza, e finezza di lavoro, che sembrano doversi attribuire al secolo decimo sesto».