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Attualità | 10 novembre 2023, 07:27

Giorni di sole in pieno autunno? È l’estate di San Martino in cui "ogni mosto diventa vino"

Origine della leggenda, curiosità e tradizioni legate alle giornate intorno all’11 novembre

Giorni di sole in pieno autunno? È l’estate di San Martino in cui "ogni mosto diventa vino"

Se stamattina, aprendo le finestre, avete trovato un bel sole splendente, non dovete stupirvi, ma controllare il calendario e l’almanacco. Sentirete certamente parlare dell’estate di San Martino in cui "ogni mosto diventa vino" e che "dura tre giorni e un pochino".

Nel pieno dell’autunno sono attesi, infatti, alcuni giorni di bel tempo. Lo dicono le previsioni avvolte da miti e leggende di origine cristiana che sono entrati a far parte della credenza popolare.

Tradizione vuole infatti che il periodo intorno all’11 novembre, per l’appunto San Martino, le gelate autunnali lascino il passo ad una breve parentesi di clima mite e soleggiato, con temperature più alte rispetto alla media.

Anche se non sempre e con certezza si verifica che l’autunno si conceda una pausa da pioggia, nebbia e freddo, la tradizione resta legata ad una leggenda che risale a secoli fa.

Precisamente all’inverno del 335 d.C. quando Martino di Tours si trovava in Gallia, regione dove passò la maggior parte della sua vita da soldato. Mentre usciva a cavallo da una delle porte della città di Amiens, ad un certo punto scoppiò un violentissimo temporale che lo costrinse a cercare riparo. Sulla sua strada incontrò un mendicante completamente fradicio e, colto da pietà per quell’uomo in balia del freddo e del gelo, decise di tagliare in due il suo mantello e donarne una parte al mendicante affinché potesse ripararsi.

Ma appena ebbe consegnato il mantello all’uomo, smise di piovere e le temperature diventarono più miti. Non solo: in sonno, quella stessa notte, gli apparve Gesù che indossava il suo mantello e gli disse: «Ecco qui Martino, il soldato romano che non è battezzato, egli mi ha vestito».

Al mattino, notò che il suo mantello era tornato completamente integro. Decise allora di convertirsi al cristianesimo, fu battezzato e dopo vent’anni di carriera militare divenne monaco e poi Vescovo di Tours nel 371. Fu lui a fondare il monastero di Ligugé, il più antico d’Europa, e passò la vita a battersi contro il paganesimo.

Questo particolare periodo dell’anno viene chiamato l’Estate di San Martino, perché proprio l’11 novembre cade la ricorrenza della sepoltura di questo celebre Santo. Ogni anno, per quel suo gesto caritatevole, il suo ricordo arriva fino a noi sotto forma di una piacevole temperatura nel pieno della stagione autunnale, prima che faccia capolino l’inverno.

Durante l’estate di San Martino, secondo le tradizioni agricole, venivano rinnovati i contratti agricoli annuali: il detto “fare San Martino”, cioè traslocare, viene proprio da qui. L’estate di San Martino ha dunque anche forti legami con la terra e con i suoi frutti. Infatti tradizionalmente durante questi giorni si aprono le botti per il primo assaggio del vino nuovo.

In questi giorni, oltre a venerare il Santo, si fa onore al buon cibo e all’abbondanza della campagna. Carne alla brace e caldarroste ad Ascoli Piceno, pittule e vino nel Salento, pizza con le alici in Campania, spezzatino di carne in Abruzzo e biscotti tipici a Palermo.

La festa è particolarmente sentita anche a Venezia e dintorni, dove i bambini, armati di pentole, coperchi e mestoli, girano per le città entrando nei negozi e chiedendo caramelle e dolcetti e cantando una filastrocca. Oltre a varie messe religiose, in Veneto si preparano i dolcetti di San Martino, biscotti di pasta frolla con la forma del santo a cavallo e armato di spada.

Insomma, tutta l’Italia si mette a tavola per San Martino e fra i tantissimi piatti della tradizione, l’oca è una delle pietanze più gettonate. Questo grazie ad un altro episodio della vita del Santo. Si racconta, infatti, che quando Martino venne acclamato come nuovo vescovo, l’umile prete, che voleva rimanere un semplice monaco, si nascose in un tugurio di campagna. A smascherarlo però fu il gran rumore provocato dalle oche che scorrazzavano per l’aia e quindi fu scoperto dai paesani e dovette accettare l’incarico. Per questo, in molti Paesi, non solo in Italia, l’oca è la portata principale del pranzo di San Martino.

L’11 novembre è celebrato anche dalla letteratura. Ricordiamo la poesia di Giosuè Carducci intitolata “San Martino” e “Novembre” di Giovanni Pascoli, che parlano di una sorta di estate nel bel mezzo dell’autunno. Non è bella la leggenda di San Martino?

Silvia Gullino

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